n. 28 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 marzo 2017 -

Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura Generale dello Stato presso cui e' domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

Contro Regione Veneto in persona del Presidente pro tempore per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dei seguenti articoli: art. 33, art. 34, commi 3 e 4, art. 63, comma 7, art. 68 comma 1, art. 79 comma 1, art. 95 commi 2, 4, 5, art. 83, art. 111 commi 2, 3, 4, 5, 7, 8, art. 6, comma 5, art. 20, art. 29 commi 3 e 4, art. 30 comma 1, art. 31, comma 1 della legge della Regione Veneto n. 30 del 30 dicembre 2016, pubblicata nel B.U.R n. 127 del 30 dicembre 2016 «Collegato alla Legge di stabilita' regionale 2017». La legge n. 30 del 30 dicembre 2016 della Regione Veneto reca le disposizioni del «Collegato alla legge di stabilita' regionale 2017». Le norme di seguito indicate presentano profili di illegittimita' costituzionale. L'art. 33 della legge regionale in esame dispone: «Le gestioni liquidatorie delle disciolte Unita' locali socio sanitarie di cui all'art. 45-bis della legge regionale 14 settembre 1994, n. 55 e all'art. 27 della legge regionale 14 settembre 1994, n. 56, sono definitivamente chiuse al 31 dicembre 2016, e le Aziende Sanitarie territorialmente competenti, a decorrere dalla data del 1° gennaio 2017, subentrano nella titolarita' di tutti i rapporti giuridici e processuali delle rispettive gestioni liquidatorie delle disciolte Unita' locali socio sanitarie.». La disposizione, nel prevedere il subentro delle Aziende sanitarie nella gestione liquidatoria delle disciolte Unita' locali socio sanitarie, appare costituzionalmente illegittima per il seguente Motivo Violazione dell'articolo 117, comma 3 della Costituzione. L'art. 33 della legge regionale in esame si pone in contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute, di cui all'art. 6, comma 1 della legge, n. 724/1994. L'art. 6, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, dispone che: «In nessun caso e' consentito alle Regioni di far gravare sulle aziende di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, (e successive modificazioni ed integrazioni) ne' direttamente ne' indirettamente, i debiti e i crediti facenti capo alle gestioni pregresse delle unite sanitarie locali. A tal fine le regioni dispongono apposite gestioni a stralcio, individuando l'ufficio responsabile delle medesime.». L'art. 2, comma 14, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, stabilisce che «(..., le regioni attribuiscono ai direttori generali delle istituite aziende unita' sanitarie locali le funzioni di commissari liquidatori delle soppresse unita' sanitarie locali ricomprese nell'ambito territoriale delle rispettive aziende. Le gestioni a stralcio di cui all'art. 6, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, sono trasformate in gestioni liquidatorie.». Quest'ultima norma esprime l'intento del legislatore che, nel disporre la trasformazione delle «gestioni stralcio» in «gestioni liquidatorie», attribuisce, altresi', ai direttori generali le funzioni di commissari liquidatori delle soppresse unita' sanitarie locali, di coordinare le gestioni liquidatorie con la gestione ordinaria delle aziende sanitarie. Cio' al fine di assicurare che l'esposizione debitoria delle soppresse unita' sanitarie locali sia sempre tenuta distinta dalla gestione ordinaria e non possa venire a gravare su questa, come appunto disposto in via di principio dall'art. 6, comma 1 cit. Al riguardo codesta ecc.ma Corte costituzionale nella sentenza n. 116/2007, ha stabilito che i precetti di cui all'art. 6, comma 1, ultima parte, della legge n. 724 del 1994 costituiscono principi fondamentali in materia di tutela della salute (sentenza n. 437 del 2005). Consegue che in nessun caso la legislazione regionale puo' confondere la liquidazione dei pregressi rapporti delle unita' sanitarie locali con l'ordinaria gestione delle ASL, al duplice fine di sottrarre le ASL al peso delle preesistenti passivita' a carico delle USL e di fornire ai creditori di queste ultime la necessaria certezza sulla titolarita' passiva del rapporti e sulla individuazione dei mezzi su cui soddisfarsi (sentenze n. 89/2000 e n. 437/2005, e sentenza n. 25/2007). Sul punto, si espressa, piu' volte, anche la Corte di cassazione (Corte di cassazione, sezione III, sentenza 15 maggio 2014, n. 10629), chiarendo che le gestioni stralcio (al pari di quelle liquidatorie) mantengono l'autonoma soggettivita' giuridica delle disciolte USL e specificando, ulteriormente, che le gestioni liquidatorie fruiscono della stessa soggettivita' dell'organo soppresso (Cass., SS.UU., sentenza n. 23022/2005). Inoltre, e' stato affermato il principio della continuita' soggettiva tra le gestioni stralcio e gli enti soppressi durante la fase liquidatoria (Cass., sentenza n. 10135/2012). E' stato, altresi', ribadito (Cons. Stato, sez VI, 22 gennaio 2001, n. 184), che «a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e delle leggi nn. 724/1994 e 549/1995, le nuove Aziende sanitarie locali (ASL) non sono subentrate nei rapporti obbligatori dei quali erano parti le Unita' sanitarie locali (USL), essendo stati trasferiti i debiti di queste ultime alle Regioni». La successione ex lege delle aziende sanitarie nei debiti delle soppresse USL, inequivocabilmente disposta dalla norma impugnata in una con la cessazione al 31 dicembre delle gestioni liquidatorie, contrasta frontalmente con questo assetto di principi non derogabili dalla legislazione concorrente della regione in materia di tutela della salute. L'art. 34 della legge regionale in esame modifica la legge regionale 16 agosto 2002, n. 22, recante «Autorizzazione e accreditamento della strutture sanitarie, socio sanitarie e sociali.». In particolare, l'art. 34 comma 3 dispone: «alla lettera b) del comma 1 dell'art. 7 della legge regionale 16 agosto 2002, n. 22, dopo le parole: «nei rimanenti casi» sono inserite le seguenti: «con esclusione degli ospedali di comunita', delle unita' riabilitative territoriali e degli hospice.». Il successivo comma 4, nell'aggiungere un ulteriore comma dopo il comma 2 dell'art. 7 della legge regionale 16 agosto 2002, n. 22, prevede quanto segue: «2-bis. L'autorizzazione alla costruzione, ampliamento, trasformazione, trasferimento in altra sede degli ospedali di comunita', delle unita' riabilitative territoriali e degli hospice richiesta da istituzioni ed organismi a scopo non lucrativo, nonche' da strutture private e' rilasciata dalla Giunta regionale, sentita la competente Commissione consiliare, fatto salvo quanto disposto dall'art. 2, comma 1, lettera g), n. 7, della legge regionale 25 ottobre 2016, n. 19.». L'effetto della novella normativa e' quello di escludere la competenza del comune in materia di autorizzazione alla realizzazione (permesso di costruire) di ospedali di comunita' (definibili come una strutture sanitarie distrettuali in grado di seguire in regime residenziale e semiresidenziale una quota di popolazione che in passato afferiva alla tradizionale degenza ospedaliera;

come tali dotate di caratteristiche intermedie tra il ricovero ospedaliero propriamente detto e le altre possibili risposte assistenziali domiciliari (ADI) o residenziali (RSA), e quindi classificabili come servizi sanitari extra ospedalieri), unita' riabilitative territoriali (definibili come strutture di residenzialita' extraospedaliera a carattere temporaneo per l'erogazione di prestazioni prevalentemente di riabilitazione neurologica e motoria per la riduzione della disabilita' residua dopo eventi acuti o riacutizzazioni di patologie croniche), e hospice (definibili come strutture che permettono un ricovero temporaneo o permanente per le persone malate che non possono essere piu' assistite in un programma di assistenza domiciliare specialistica, o per le quali il ricovero in un ospedale non e' piu' adeguato). La disposizione regionale nell'escludere la competenza del Comune, in materia di autorizzazione alla realizzazione degli ospedali di comunita', delle unita' territoriali e degli hospice, e demandando alla Giunta regionale tale competenza, appare costituzionalmente illegittima per il seguente Motivo Violazione dell'articolo 117, terzo comma, e 118 secondo comma, della Costituzione. L'art. 34, commi 3 e 4, della legge regionale in esame sono in contrasto con i principi fondamentali in materia di tutela della salute, di cui all'art. 8-ter del decreto legislativo n. 502/1992. L'art. 8-ter, comma 3 del decreto legislativo n. 502/1992 stabilisce che: «Per la realizzazione di strutture sanitarie e sociosanitarie il comune acquisisce, nell'esercizio delle proprie competenze in materia di autorizzazioni e concessioni di cui all'art. 4 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493 e successive modificazioni, la verifica di compatibilita' del progetto da parte della regione. Tale verifica e' effettuata in rapporto al fabbisogno complessivo e alla localizzazione territoriale delle strutture presenti in ambito regionale, anche al fine di meglio garantire l'accessibilita' ai servizi e valorizzare le aree di insediamento prioritario di nuove strutture.». La disposizione statale ora riportata intende coordinare le competenze istituzionali dei comuni in materia di rilascio dei permessi di costruire, previa verifica della compatibilita' delle opere con gli strumenti urbanistici, con la programmazione sanitaria regionale. La disposizione statale chiaramente comporta, con previsione di principio, che la finalita' sanitaria di una costruzione non puo' costituire circostanza atta a privare il comune del potere di verificarne la compatibilita' urbanistica e di rilasciare il permesso di costruire. Tale potere rimane intangibile, e il suo esercizio va coordinato con la programmazione sanitaria regionale attraverso la specifica valutazione di compatibilita' con la suddetta...

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