n. 262 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 luglio 2015 -

TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO Sezione giudici per le indagini preliminari Il Giudice, nel processo a carico di Schmidheiny Stephan Ernest, nato a Heerbrugg (Svizzera) il 29 ottobre 1947, difeso di fiducia dagli avv.ti Astolfo Di Amato del Foro di Roma e Alleva Guido Carlo del Foro di Milano, ha emesso la seguente ordinanza (art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87). Nel procedimento penale pendente avanti al giudice dell'udienza preliminare di Torino Schmidheiny Stephan Ernest e' ascritto di avere, con coscienza e volonta', nella qualita' di effettivo responsabile della gestione delle societa' del Gruppo Eternit Spa, esercenti gli stabilimenti di lavorazione dell'amianto disseminati in varie parti d'Italia, cagionato la morte di 258 persone, tra lavoratori, familiari degli stessi e cittadini residenti nelle zone limitrofe agli stabilimenti. Piu' precisamente, con la richiesta di rinvio a giudizio, depositata in data 24 febbraio 2015, a Schmidheiny sono mossi i seguenti addebiti: «nella qualita' di effettivo responsabile della gestione della societa' (Eternit Spa) esercente gli stabilimenti di lavorazione dell'amianto siti in Cavagnolo, Casale Monferrato, Napoli-Bagnoli, Rubiera, e di effettivo responsabile della gestione delle societa' (Industria Eternit Casale Monferrato Spa, Industria Eternit Napoli Spa, Icar Spa, Industria Eternit Reggio Emilia Spa) esercenti gli stabilimenti di lavorazione dell'amianto siti in Cavagnolo, Casale Monferrato, Bagnoli, Rubiera, nel periodo che inizia il giugno 1976 con riguardo ai siti di Casale Monferrato, Cavagnolo, Napoli-Bagnoli, e il 27 giugno 1980 con riguardo al sito di Rubiera e che termina il 4 giugno 1986 con riguardo ai siti di Casale Monferrato e di Cavagnolo, il 19 dicembre 1985 con riguardo al sito di Napoli-Bagnoli, il 6 dicembre 1984 con riguardo al sito di Rubiera: artt. 8 comma 2, 575, 577, comma 1, nn. 2 e 4 e 61 n. 1 c.p., perche', in esecuzione del medesimo disegno criminoso, agendo con coscienza e volonta', cagionava la morte di 258 tra lavoratori operanti presso i predetti stabilimenti, familiari degli stessi e cittadini residenti nelle zone limitrofe tali stabilimenti, alle date e nei luoghi indicati per ciascuno e, segnatamente di: [seguono le generalita' di n. 258 persone decedute, con l'indicazione di luogo, data e causa del decesso, nonche', in caso di esposizione professionale, stabilimento presso cui ciascuna prestava attivita' lavorativa, relative mansioni e durata;

in caso di esposizione ambientale, il periodo, il luogo e il tipo di esposizione] in quanto fu consapevole che: A) il mesotelioma pleurico o peritoneale (oltre che l'asbestosi e il carcinoma polmonare) sono patologie con prognosi infausta correlate sotto il profilo eziologico all'inalazione di fibre di asbesto;

B) gli stabilimenti di Cavagnolo, Casale Monferrato, Napoli-Bagnoli, Rubiera, presentavano condizioni di polverosita' da amianto enormemente nocive per la salute delle popolazioni formate dai lavoratori e dagli abitanti delle zone prossime a tali stabilimenti;

C) le risorse finanziarie effettivamente investite per ridurre la polverosita' all'interno dei luoghi di lavoro e nel territorio erano esigue;

e cio' malgrado, per mero fine di lucro, decise di: D) continuare le attivita' gia' svolte negli stabilimenti di Cavagnolo, Casale Monferrato, Napoli-Bagnoli, Rubiera, ancora per un decennio;

E) non modifricare negli stabilimenti di Cavagnolo, Casale Monferrato, Napoli-Bagnoli, Rubiera, le preesistenti ed enormemente nocive condizioni di polverosita' da amianto mediante conversioni e risanamenti realmente incisivi;

F) risparmiare sulle gravose spese indispensabili per una radicale revisione degli impianti e delle procedure di lavoro, con il consapevole e voluto risultato che le fibre di asbesto continuarono a disperdersi abbondantemente nelle fabbriche e negli ambienti di vita, e per inevitabile conseguenza, determinarono e determinano tra lavoratori e cittadini una epidemia dilatata nel tempo di patologie di cui conosceva la gravita' e la diffusivita';

G) adottare ed attuare una politica aziendale comportante un'immane esposizione ad amianto di lavoratori e cittadini, e, in particolare, diretta a: negli stabilimenti di Cavagnolo, Casale Monferrato, Napoli-Bagnoli, Rubiera: 1) omettere l'individuazione e la realizzazione dei provvedimenti tecnici, organizzativi, procedurali, igienici, necessari per contenere l'esposizione all'amianto (quali impianti di aspirazione localizzata, adeguata ventilazione dei locali, utilizzo di sistemi a ciclo chiuso, limitazione dei tempi di esposizione, procedure di lavoro atte ad evitare la manipolazione manuale, lo sviluppo e la diffusione dell'amianto, sistemi di pulizia degli indumenti di lavoro in ambito aziendale);

2) omettere la fornitura e l'effettivo impiego di idonei apparecchi personali di protezione;

3) omettere la sottoposizione dei lavoratori esposti ad amianto a controlli sanitari adeguati, e l'allontanamento dei lavoratori dall'esposizione a rischio per motivi sanitari inerenti la loro persona;

4) omettere l'informazione e la formazione dei lavoratori circa i rischi specifici derivanti dall'amianto e circa le misure per ovviare a tali rischi;

in aree private e pubbliche al di fuori dei predetti stabilimenti: 5) consentire e non impedire la fornitura a privati e a enti pubblici, e il mantenimento in uso, dei materiali di amianto per la pavimentazione di strade, cortili, aie, o per la coibentazione di sottotetti di civile abitazione, in tal guisa determinando un'esposizione incontrollata, continuativa e a tutt'oggi perdurante, senza rendere edotti gli esposti circa la pericolosita' dei predetti materiali e per giunta inducendo un'esposizione di fanciulli e adolescenti anche durante attivita' ludiche;

presso le abitazioni private dei lavoratori: 6) omettere l'organizzazione della pulizia degli indumenti di lavoro in ambito aziendale e determinare la conseguente indebita esposizione ad amianto dei familiari conviventi e delle persone addette alla predetta pulizia;

tanto che: H) promosse una sistematica e prolungata opera di disinformazione volta a: 1) tranquillizzare la collettivita', sia divulgando la falsa rassicurazione che erano state impegnate notevoli risorse per sanare la situazione, sia propalando notizie infondate circa l'efficacia delle bonifiche gia' compiute e lo stato delle conoscenze scientifiche in ordine alla cancerogenicita' dell'asbesto;

2) diffondere l'erronea convinzione che, per garantire la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro e nelle aree ad essi vicine, sarebbe stato sufficiente rispettare valori limite di soglia, peraltro individuati in modo inappropriato anche alla stregua delle conoscenze gia' allora disponibili e mai realmente osservati con adeguate azioni preventive;

I) confido' che l'opera di disinformazione da lui promossa avrebbe impedito alla collettivita' di acquisire esatta consapevolezza del fenomeno epidemico che egli si era gia' rappresentato e che, dunque, provoco' pur di perseguire vantaggi economici;

L) si avvalse sistematicamente di un esperto di pubbliche relazioni per allontanare dalla sua persona qualsiasi sospetto sulla parte avuta nella decisione di gestire gli stabilimenti italiani con modalita' tali da diffondere in notevole quantita' le fibre di asbesto negli ambienti di lavoro e nel territorio, e cosi' per occultare le proprie responsabilita' scaricandole sulle articolazioni periferiche della catena di governo del gruppo. Con le aggravanti di aver commesso il fatto per mero fine di lucro (v. punti D, E, F), e con mezzo insidioso, in quanto ometteva l'informazione a lavoratori, familiari, cittadini, circa i rischi specifici derivanti dall'amianto e circa le misure per ovviare a tali rischi, e promuoveva la sistematica e prolungata opera di disinformazione di cui ai punti H), I), L), in guisa da rendere piu' difficile per le vittime la difesa. Nel quale sono persone offese: [seguono generalita' dei familiari delle n. 258 persone decedute]. Nel corso dell'udienza preliminare, i difensori dell'imputato hanno invocato l'applicazione dell'art. 649 c.p.p. ai fini della pronuncia di una sentenza di proscioglimento ex art. 425 c.p.p. ed hanno altresi' chiesto che il giudice sottoponesse alla Corte di giustizia dell'Unione europea la questione interpretativa pregiudiziale dell'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che sancisce il principio c.d. del «ne bis in idem». In sostanza, i difensori hanno rilevato che Schmidheiny era gia' stato processato e giudicato, con sentenza divenuta definitiva in data 19 novembre 2014, nel procedimento penale RG NR 24265/04, di cui quello odierno costituisce «stralcio», conclusosi con il proscioglimento dell'imputato per intervenuta prescrizione dei reati in quella sede contestati, relativamente a fatti che le difese ritengono essere i «medesimi» oggetto dell'odierno processo, pur se in allora diversamente qualificati (omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, dichiarato estinto per prescrizione dalla Corte d'Appello di Torino con sentenza del 3 giugno 2013, e disastro doloso, dichiarato estinto per prescrizione dalla Corte di cassazione con sentenza n. 7941/15 del 19 novembre 2014). Anche nel primo processo, come in quello oggi pendende, veniva in rilievo la qualita' di Schmidheiny di «effettivo responsabile» della gestione delle societa' del «Gruppo Eternit», esercenti gli stabilimenti di lavorazione dell'amianto siti in Cavagnolo, Casale Monferrato, Bagnoli, Rubiera;

pertanto, i fatti risultano commessi negli stessi luoghi e nei medesimi periodi;

il contenuto della condotta omissiva in quella sede ascritta all'imputato ex articoli 437 c.p. e 434 c.p. e' confluita nell'attuale contestazione sub lettera G);

entrambe le condotte omissive in quella sede contestante erano aggravate dalla malattia e dal decesso di circa 2.000 persone, in conseguenza dell'esposizione ad amianto, e 186 di esse sono indicate...

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