n. 255 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 luglio 2015 -

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO (Sezione Terza Ter) Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 16167 del 2014, proposto da: Apulia Renewable Energy s.r.l, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Maria Alessandra Sandulli, prof. Massimo Luciani, Fabio Giuseppe Angelini e Lorenzo Parola, elettivamente domiciliata presso lo studio della prima in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, n. 349;

contro Ministero dello sviluppo economico e Autorita' per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, sono domiciliati;

GSE - Gestore dei servizi energetici s.p.a., n. c. per l'annullamento - del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 16 ottobre 2014, recante "Approvazione delle modalita' operative per l'erogazione delle tariffe incentivanti per l'energia elettrica prodotta da impianti solari fotovoltaici, in attuazione dell'articolo 26, comma 2, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116";

- del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 17 ottobre 2014, recante "Modalita' per la rimodulazione delle tariffe incentivanti per l'energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici, in attuazione dell'articolo 26, comma 3, lett. b), del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116";

- di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale e, in particolare, per quanto occorrer possa: i) del parere dell'Autorita' per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico n. 504/2014/I/efr del 16 ottobre 2014;

il) delle "Tabelle dei fattori moltiplicativi per la rimodulazione delle tariffe incentivanti ai sensi del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 17 ottobre 2014", adottate dal GSE e pubblicate sul relativo sito il 27.10.2014;

iii) delle "Istruzioni operative per gli interventi sulle tariffe incentivanti relative agli impianti, fotovoltaici, ai sensi dell'art. 26 della legge n. 116/2014", adottate dal GSE e pubblicate sul relativo sito il 3.11 2014;

nonche' per l'accertamento del diritto della ricorrente alla corresponsione degli incentivi come originariamente riconosciuti e/ o comunque dovuti e per la condanna del GSE alla relativa liquidazione e delle amministrazioni intimate al risarcimento dei danni. Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;

Relatore nell'udienza pubblica del 19 marzo 2015 il cons. M.A. di Nezza e uditi i difensori delle parti come da verbale;

1) Rilevato in FATTO Con ricorso passato per le notificazioni il 16.12/17.12.014 (dep. il 30.12), la societa' in epigrafe, deducendo di essere proprietaria di sei impianti fotovoltaici con potenza nominale superiore a 200kW, che fruiscono delle tariffe incentivanti riconosciute in base agli artt. 7 d.lgs. n. 387/2003 e 25, co. 10, d.lgs. n. 28/2011, con i termini e le modalita' stabilite in apposite convenzioni di diritto privato stipulate con il GSE, per un periodo di venti anni dall'entrata in esercizio degli impianti (e di essere altresi' titolare di un impianto non ancora "contrattualizzato"), ha chiesto: a) l'annullamento dei provvedimenti con cui e' stata data attuazione all'art. 26, commi 2 e 3, d.l. n. 91 /2014;

b) l'accertamento del proprio diritto alla percezione degli incentivi secondo le condizioni convenzionalmente pattuite. Illustrati gli scopi generali del regime di sostegno per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, costituente parte qualificante delle politiche energetiche e ambientali internazionali, europee e nazionali, essa ha esposto gli effetti pregiudizievoli "rimodulazione" degli incentivi prevista dall'art. 26, commi 2 e 3, cit. e dai menzionati atti applicativi - venutisi ad aggiungere ad altre misure penalizzanti (quali: l'eliminazione dal 2014 del "prezzo minimo garantito";

l'assoggettamento, a partire dal 2011, alla c.d. Robin Tax;

la qualificazione, operata a far tempo dal 2013 dall'amministrazione finanziaria, degli impianti fotovoltaici come beni immobili, con applicazione anche di IMU e TASI;

l'introduzione dell'obbligo di pagare i cc.dd. "oneri di sbilanciamento", di cui alla delib. Aeeg n. 281/2012, modificata con delib. 522/2014 del 23.10.2014) - e ha prospettato i seguenti motivi di illegittimita' in via autonoma e in via derivata: i) Illegittimita' in via autonoma di tutti gli atti impugnati per violazione del diritto UE (sub B ric): violazione del Trattato sulla Carta dell'energia (artt. 10 e 13), delle dirr. 2001/ 77/CE (art. 3) e 2009 / 28 (conss. 14 e 61 e artt. 13 e 16), dei principi eurounitari di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento;

degli artt. 16, 17 e 37 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (Carta di Nizza), dell'art. 11 Cost.: le misure della "rimodulazione" e della revisione delle "modalita' di erogazione" degli incentivi gia' riconosciuti e convenzionalmente definiti, oltre a denotare l'"inaffidabilita'" dello Stato italiano sui mercati internazionali, contrasterebbero con i principi di certezza del tv diritto e di tutela del legittimo affidamento, massimamente garantiti riferimento ai diritti di impresa e di proprieta' (artt. 16 e 17 Carta di Nizza) e alla tutela dell'ambiente (art 37 Carta di Nizza);

esse sarebbero altresi' in conflitto con gli artt. 10 e 13 del Trattato sulla Carta dell'energia (sottoscritto anche dall'UE), impositivi dell'obbligo di assicurare agli investitori delle Parti contraenti "condizioni stabili, eque, favorevoli e trasparenti" (vietando al contempo di sottoporre gli investimenti a nazionalizzazione, espropriazione o "misure di effetto equivalente"), e con l'esigenza di "creare certezza per gli investitori" ai fini del rispetto degli obiettivi del Protocollo di Kyoto, secondo quanto indicato dalle direttive comunitarie di settore;

ne sortirebbe l'illegittimita' e la conseguente necessita' di annullare gli atti impugnati, previa disapplicazione dell'art. 26 o, in subordine, previo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia della questione della compatibilita' di detta disposizione con i principi innanzi richiamati;

ii) in subordine, illegittimita' di udil gli atti impugnati in via derivata in ragione dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 26 d.l. n. 91/2014 (sub lett. C ric.) 1. violazione degli artt. 3 e 97 Cost.: le leggi di incentivazione, costituenti manifestazione del c.d. diritto premiale, avrebbero natura sostanzialmente contrattuale (stante il "sinallagma" tra previsione del beneficio e attivita' del privato);

a presidio del principio del "rispetto dell'impegno incentivante" starebbero gli artt. 3, impeditivo dell'introduzione di leggi irragionevoli, e 97, sul buon andamento dell'amministrazione, della Costituzione;

in questa prospettiva, l'art. 26 integrerebbe anzitutto una lesione del pubblico interesse (al rispetto del patto con i cittadini e con gli investitori stranieri);

  1. violazione degli artt. 3 e 117, 1° co., Cost., in relazione agli artt. 6 e 13 Convenzione europea dei diritti dell'Uomo: l'art. 26 avrebbe leso il qualificato affidamento della ricorrente, nel cui patrimonio giuridico sarebbe ormai definitivamente presente il diritto alla percezione degli incentivi (specie alla luce delle convenzioni col GSE, in corso di esecuzione);

  2. violazione del legittimo affidamento della ricorrente, comportante illegittimita' dell'art. 26 per violazione dell'art. 3 e dell'art. 117, 1° co., Cost., in riferimento agli artt. 6 e 13 della CEDU: dagli artt, 6 e 13 CEDU, sul diritto a un equo processo e a un ricorso effettivo, la Corte europea dei diritti dell'uomo avrebbe ricavato i limiti all'introduzione di norme retroattive, giustificate solo in presenza di "motivi imperativi di interesse generale";

    in questa prospettiva, il mero ottenimento di un beneficio per la pubblica amministrazione, che costituirebbe lo scopo dell'art. 26 cit., non integrerebbe il presupposto richiesto dalla stessa Corte per legittimare l'intervento, peraltro non connesso a impellenti esigenze di riequilibrio della finanza pubblica (come desumibile dalla relazione tecnica al d.d.l. di conversione del d.l. n. 91/2014 in merito all'art. 26);

  3. violazione dell'art. 117,1° co., Cost., in riferimento ai "principi fondamentali dell'ordinamento eurounitario": l'irragionevole portata retroattiva dell'art. 26 comporterebbe anche la violazione del principio dell'affidamento, costituente canone fondamentale dell'ordinamento giuridico europeo;

  4. violazione degli artt. 42 e 117, 1° co., Cost., in riferimento all'art. 1 del Primo Protocollo della CEDU: l'art. 26 sortirebbe l'effetto pratico di espropriare la ricorrente di parte del proprio patrimonio d'impresa, cio' contrastando con l'art. 42 Cost. e con l'art. 1, Prot. n. 1, CEDU (la lesione del diritto di credito non sarebbe sorretta da una "causa normativa adeguata");

  5. violazione dell'art. 77 Cost.: sarebbero assenti i presupposti per il ricorso alla decretazione d'urgenza, tenuto conto della "trasformazione radicale dell'intero sistema", dell'assenza di misure di immediata applicazione e di effetti rilevanti e immediati in termini di risparmio di spesa (quando questo sia l'obiettivo perseguito) nonche' dell'evidente estraneita'" dell'art. 26 rispetto al contenuto del d.l. n. 91/2014;

  6. violazione degli artt. 9, 32 e 117 Cost. anche in relazione al Protocollo di Kyoto, alle direttive 2001/77/CE e 2009/28/CE e all'art. 37 Carta di Nizza: l'art. 26 si porrebbe in immediata antitesi con il principio di tutela dell'ambiente sancito dall'art. 9 Cost., declinato, in riferimento allo sviluppo delle c.d. fonti rinnovabili di energia, da plurimi e convergenti dati...

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