n. 250 SENTENZA 18 ottobre - 25 novembre 2016 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 241, comma 5, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), nel testo modificato dall'art. 5, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 20 marzo 2010, n. 53 (Attuazione della direttiva 2007/66/CE che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE per quanto riguarda il miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia d'aggiudicazione degli appalti pubblici), promosso dal Collegio arbitrale di Roma nel procedimento vertente tra l'Impresa Pizzarotti &

  1. spa (gia' Garboli spa) e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con ordinanza del 24 gennaio 2014, iscritta al n. 67 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 2014. Visto l'atto di costituzione della Impresa Pizzarotti &

  2. spa (gia' Garboli spa) nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

    udito nell'udienza pubblica del 18 ottobre 2016 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera;

    uditi gli avvocati Angelo Clarizia per l'Impresa Pizzarotti &

  3. spa (gia' Garboli spa) e l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri. Ritenuto in fatto 1.- Il Collegio arbitrale di Roma, con ordinanza del 24 gennaio 2014, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 11, 24, 33, quinto comma, 35, 41, 76, 77, 102, 108, 111 e 117 (recte: primo comma) della Costituzione ed in relazione agli artt. 26, 45, 46, 49, 50, 56 e 57 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), questione di legittimita' costituzionale dell'art. 241, comma 5, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) (d'ora in avanti, anche codice dei contratti pubblici), nel testo modificato dall'art. 5, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 20 marzo 2010, n. 53 (Attuazione della direttiva 2007/66/CE che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE per quanto riguarda il miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia d'aggiudicazione degli appalti pubblici), nella parte in cui prevede che il presidente del collegio arbitrale deve essere scelto tra coloro che nell'ultimo triennio non hanno esercitato le funzioni di arbitro di parte o di difensore in giudizi arbitrali disciplinati da detta norma e che la nomina effettuata in violazione di tale previsione determina la nullita' del lodo. 2.- L'ordinanza di rimessione premette che, nel corso dell'esecuzione di un contratto di appalto stipulato in data 18 gennaio 1996 dal Ministero dei Trasporti e della Navigazione con la Garboli spa, sono sorte contestazioni in ordine alla ripartizione tra i contraenti dei contributi versati a titolo di oneri di urbanizzazione. La Garboli spa, in virtu' della clausola compromissoria dell'art. 19 del contratto, ha notificato, in data 17 settembre 2007, domanda di arbitrato (designando il proprio arbitro), chiedendo che sia accertato e dichiarato «che il Ministero dei Trasporti si e' reso inadempiente rispetto alle obbligazioni assunte», con condanna dello stesso a pagare la somma di euro 34.183,14, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria. Tale clausola compromissoria stabilisce, infatti, che «ogni eventuale controversia in ordine al presente contratto d'appalto» sara' devoluta ad un collegio arbitrale, a norma degli artt. 43 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 16 luglio 1962, n. 1063 (Approvazione del capitolato generale d'appalto per le opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici), e tuttavia, come precisato nella domanda, dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 163 del 2006 il procedimento arbitrale e' disciplinato dalle disposizioni di quest'ultimo atto normativo. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con atto notificato il 19 novembre 2007, ha nominato il proprio arbitro, il quale ha rassegnato le dimissioni dall'incarico;

    a seguito dell'inerzia del Ministero nel sostituirlo, il Presidente del Tribunale Ordinario di Roma, su istanza ai sensi dell'art. 810 del codice di procedura civile dell'Impresa Pizzarotti &

  4. spa (succeduta alla Garboli spa), con provvedimento del 20 giugno 2012, ha nominato un nuovo arbitro per il convenuto. Il Collegio arbitrale, riunitosi in Roma il 21 dicembre 2012, ha designato il terzo arbitro, con funzioni di Presidente, il quale, all'udienza dell'8 luglio 2013, ha informato le parti della sussistenza di un'eventuale irregolarita' nella costituzione del Collegio. Egli, infatti, ha espletato nel triennio precedente incarichi di arbitro di parte e di difensore in giudizi arbitrali disciplinati dall'art. 241 del d.lgs. n. 163 del 2006 e, quindi, versa nella situazione di incompatibilita' prevista dal comma 5 di detta norma. La parte attrice ha insistito per la prosecuzione del procedimento, eccependo, sotto molteplici profili, l'illegittimita' costituzionale del citato art. 241, comma 5, eccezione giudicata dal rimettente non manifestamente infondata. 2.1.- L'ordinanza di rimessione ritiene anzitutto rilevante la sollevata questione. Sussiste infatti, in riferimento al Presidente del Collegio arbitrale, la situazione prevista dal censurato art. 241, comma 5, in virtu' della quale la nomina del presidente effettuata in violazione dello stesso «determina la nullita' del lodo ai sensi dell'articolo 829, primo comma, n. 3, del codice di procedura civile», con la conseguenza che soltanto l'accoglimento della questione permetterebbe l'utile prosecuzione del giudizio principale. 2.2.- Nel merito, il rimettente deduce anzitutto che il citato art. 241, comma 5, violerebbe gli artt. 76 e 77 Cost., «per eccesso di delega e/o difetto di delega». Tale norma, nel testo censurato, e' stata introdotta dall'art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 53 del 2010, emanato in forza della legge-delega 7 luglio 2009, n. 88 (Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee - Legge comunitaria 2008), che ha attribuito al Governo il potere di stabilire «disposizioni razionalizzatrici dell'arbitrato», nell'osservanza dei criteri espressamente enunciati, nessuno dei quali autorizzava il legislatore delegato a disciplinare la composizione dei collegi arbitrali ed a prevedere cause «di incompatibilita' speciali a carico del Presidente del collegio arbitrale, non contemplate» dagli artt. 51 e 815 cod. proc. civ. I principi ed i criteri direttivi della legge-delega, secondo la giurisprudenza costituzionale, vanno interpretati alla luce delle finalita' ispiratrici della delega e la norma censurata sarebbe in contrasto con la ratio della legge-delega (indicata nella finalita' di realizzare una razionalizzazione «del sistema dell'arbitrato nel settore dell'esecuzione dei contratti pubblici»), poiche' non ragionevolmente ostacola «l'utile ricorso a questi strumenti di deflazione del contenzioso ordinario». Peraltro, neppure la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2007, n. 2007/66/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia d'aggiudicazione degli appalti pubblici), la cui attuazione costituiva oggetto della legge-delega, contemplava la composizione dei collegi arbitrali e, comunque, e' priva di indicazioni in ordine a questo profilo. Secondo il rimettente, i lavori preparatori (analiticamente approfonditi nell'ordinanza di rimessione) conforterebbero tale considerazione, tenuto conto, in particolare, del parere reso sullo schema di decreto delegato dalla XIV Commissione permanente della Camera dei deputati, nonche' dei dubbi di legittimita' costituzionale sollevati in ordine al profilo in esame nel corso del dibattito in seno alle Commissioni riunite II (Giustizia) e VIII (Ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera dei deputati. 2.3.- Il citato art. 241, comma 5, prosegue l'ordinanza di rimessione, si porrebbe in contrasto anche con l'art. 3 Cost. La norma realizzerebbe, infatti, una ingiustificata disparita' di trattamento rispetto alla disciplina stabilita dal codice di rito civile, in quanto prevede che la richiamata situazione di incompatibilita' e' causa di nullita' del lodo. Inoltre, sarebbe priva di ragionevole giustificazione e...

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