n. 246 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 giugno 2015 -

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA (Sezione Prima) Ha pronunciato la presente sentenza non definitiva sul ricorso numero di registro generale 1143 del 2014, proposto da: M.D. rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco Zambelli e Giovanni Marco Bertarini, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Milano, Via Cerva, 1;

Contro Ministero della difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui Uffici e' domiciliato in Milano, Via Freguglia, 1;

Per l'annullamento: del decreto del Direttore della 3ª Divisione della Direzione Generale per il personale militare, n. D.M. 621/I-3/2013 in data 16 dicembre 2013, notificato in data 22 gennaio 2014, con il quale e' stata disposta nei confronti del ricorrente la «perdita del grado» ai sensi degli articoli 866, comma 1 e 867, comma 3 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, a decorrere dal 24 settembre 2010 e, per effetto del quale, lo stesso ricorrente e' stato iscritto d'ufficio nel ruolo militari di truppa dell'Esercito Italiano, senza alcun grado, a norma dell'art. 861, comma 4 del richiamato decreto legislativo n. 66/2010;

di ogni altro atto e provvedimento, anche tacito, precedente o conseguente, comunque presupposto o condizionato, in esso compreso il provvedimento tacito di cessazione del rapporto d'impiego e collocamento in congedo, in quanto desumibile dalla condotta successiva dell'Amministrazione d'appartenenza. Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 aprile 2015 il dott. Roberto Lombardi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Visto l'art. 36, comma 2, cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. Fatto Con ricorso depositato in data 8 aprile 2014 il sig. D. gia' Maresciallo capo dell'Arma dei Carabinieri, impugnava il provvedimento con il quale era stata disposta nei suoi confronti la «perdita del grado» ai sensi degli articoli 866, comma 1 e 867, comma 3 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, con conseguente e contestuale cessazione del rapporto d'impiego. Nello specifico, l'amministrazione di appartenenza del Maresciallo D. avendo preso atto della condanna penale definitiva emessa a carico di costui - con irrogazione della pena di 2 anni, sei mesi e venti giorni di reclusione e contestuale interdizione temporanea dai pubblici uffici per una durata pari a quella della pena principale inflitta -, aveva dichiarato, quale effetto automatico dell'applicazione in sede penale della predetta pena accessoria, la perdita del grado. Il ricorrente deduceva l'illegittimita' dell'atto impugnato per i seguenti motivi: 1. violazione delle norme di cui agli articoli 6 e 13 della CEDU, in quanto l'atto lesivo sarebbe la diretta conseguenza di una sentenza emessa a seguito di un processo penale celebrato con violazione del diritto fondamentale della persona a non essere sottratta al suo giudice naturale;

  1. incompetenza dell'autorita' amministrativa emanante il provvedimento, in quanto nell'organizzazione gerarchica del Ministero della difesa il decreto di perdita del grado per motivi diversi da quelli disciplinari sarebbe attribuito alla competenza di divisioni diverse dalla terza;

  2. illegittima applicazione retroattiva di norma sanzionatoria, risultando i fatti per i quali e' stato emesso il provvedimento impugnato commessi in data anteriore all'introduzione del nuovo codice dell'ordinamento militare;

  3. illegittimita' costituzionale delle disposizioni sulla cui base e' stata comminata la perdita del grado, in quanto facenti derivare dalla sentenza penale di condanna una sanzione espulsiva automatica dal rapporto di impiego, non preceduta da apposito procedimento disciplinare;

  4. violazione dell'art. 923, comma 3 del decreto legislativo n. 66/2010, per avere l'amministrazione dato corso alla cessazione del rapporto di impiego, in difetto di apposito decreto ministeriale. Si costituiva l'amministrazione convenuta, che resisteva al ricorso. La Sezione accoglieva la proposta domanda cautelare, sotto il profilo della violazione del principio di irretroattivita' delle sanzioni penali accessorie, mentre il Consiglio di Stato, IV Sezione, in sede di appello cautelare, riteneva di respingerla, «in forza di un orientamento giurisprudenziale da cui la Sezione non ritiene di doversi discostare anche alla luce di esiti su analoghe questioni recentemente ribaditi (C.d.S. Sez. IV, 2489/2014)». Dopo l'adempimento dell'amministrazione ad una richiesta istruttoria, la causa veniva trattenuta in decisione all'udienza pubblica del 29 aprile 2015. Diritto 1. Preliminarmente, occorre esaminare le censure di carattere formale e procedurale articolate dal ricorrente con il secondo e con l'ultimo motivo di ricorso. 1.1. Con la nota di deposito di documenti acquisita agli atti in data 9 marzo 2015, il Ministero convenuto ha dimostrato che la competenza anche interna per l'emissione del provvedimento impugnato sia del Direttore della 3ª Divisione, in quanto si tratta senz'altro di «attivita' connessa con i procedimenti penali e disciplinari a carico del personale militare» (cfr., sul punto, il decreto ministeriale del 16 gennaio 2013, in atti). D'altra parte, nel corpo del decreto che ha disposto la perdita del grado, e' espressamente menzionata la norma in base alla quale il Direttore generale per il Personale militare ha delegato il direttore della terza divisione «all'adozione di atti di gestione...

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