n. 243 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 agosto 2016 -

IL TRIBUNALE DI GENOVA Sezione Lavoro Il Giudice dott. Marcello Basilico, letti gli atti della causa introdotta con ricorso da Agostino Campanella e Mariliana Muratore - avv. M. Iacoviello e S. Santilli;

Nei confronti dell'Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale - INPS avv. C. Lo Scalzo, ha pronunciato la seguente ordinanza con ricorso depositato il 16 marzo 2016 Agostino Campanella e Mariliana Muratore hanno agito nei confronti dell'INPS per fare accertare il loro diritto alla perequazione automatica del rispettivo trattamento pensionistico per gli anni 2012 e 2013, per effetto della sentenza della Corte costituzionale 70/2015 e comunque in applicazione della norma di cui all'art. 69, primo comma, legge n. 388/2000, con conseguente condanna dell'Istituto alla corresponsione degli importi cosi' maturati anche sui ratei arretrati oltre accessori. In presenza del divieto d'integrale perequazione posto dall'art. 1 decreto-legge n. 65/2015 (convertito in legge n. 109/2015) hanno chiesto che sia preliminarmente dichiarata l'illegittimita' costituzionale di tale norma nonche' dell'art. 24, comma 25, decreto-legge n. 201/2011 (convertito in legge n. 214/2011) anche nel testo sostituito dallo stesso art. 1 decreto-legge n. 65/2015, previa sospensione del presente giudizio e rimessione della questione alla Corte costituzionale. Si e' costituito ritualmente l'INPS contestando le ragioni giuridiche dell'azione avversaria e chiedendone la reiezione. Cosi' com'e' pacifico tra le parti, entrambi i ricorrenti sono titolari di pensione (categoria VO) con decorrenza anteriore al 2011 (Campanella 2001, Muratore 2006) ed importo lordo mensile di valore superiore, al 31 dicembre 2011, ad €

1.405,05. Avevano percio' subito il blocco del meccanismo di perequazione automatica (ex art. 34, comma 1, legge n. 448/98) introdotto dall'art. 24, comma 25, decreto-legge n. 201/2011 (convertito in legge n. 214/2011). Dopo che la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' di questa disposizione, il legislatore e' intervenuto nella materia con l'art. 1 decreto-legge n. 65/2015 (convertito nella legge n. 109/2015), rimodulando la perequazione per il biennio 2012/2013. I ricorrenti dubitano anche della legittimita' di tale nuovo disposto normativo. Sulla rilevanza della questione d'incostituzionalita'. L'art. 1, primo comma, decreto-legge n. 65/2015 (convertito nella legge n. 109/2015) ha stabilito quanto segue: «1. Al fine di dare attuazione ai principi enunciati nella sentenza della Corte Costituzionale n. 70 del 2015, nel rispetto del principio dell'equilibrio di bilancio e degli obiettivi di finanza pubblica, assicurando la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche in funzione della salvaguardia della solidarieta' intergenerazionale, all'art. 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono apportate le seguenti modificazioni»: 1) il comma 25 e' sostituito dal seguente: «25, La rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'art. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, relativa agli anni 2012 e 2013, e' riconosciuta: [..]. d) nella misura del 10 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori e cinque volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS con riferimento all'importo complessivo dei trattamenti medesimi. Per le pensioni di importo superiore a sei volte il predetto trattamento minimo e inferiore a tale limite incrementato della quota di rivalutazione automatica spettante sulla base di quanto previsto dalla presente lettera, l'aumento di rivalutazione e' comunque attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato;

e) non e' riconosciuta per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS con riferimento complessivo dei trattamenti medesimi». Al 31 dicembre 2011 il valore lordo mensile della pensione della ricorrente Muratore era di €

2.448,28, oltre cinque volte superiore al trattamento minimo;

si collocava dunque nella fascia sub d) della norma. L'importo della pensione di Campanella era maggiore (€

3.024,9 lordi), collocandosi nella fascia immediatamente superiore [all. 3 al ricorso e all. 1 alle memoria di costituzione]. Conseguentemente - anche tale elemento e' documentato dall'INPS - nell'agosto 2015 ciascuno di loro ha percepito, a titolo di arretrati dovuti per effetto della citata pronuncia n. 70/2015 della Corte costituzionale, un importo ridotto nella proporzione stabilita dalla norma anziche' l'ammontare integrale della rivalutazione maturata nel biennio 2012/2013: per la precisione, Muratore €

287,38 complessivi, corrispondenti quindi a €

6,21 al mese invece di €

112,23 spettanti per effetto della sentenza n. 70/2015;

Campanella non ha percepito alcunche', mentre prima dell'intervento col decreto-legge n. 65/2015 gli sarebbero spettati €

159,56 in piu' al mese. Dai conteggi analitici depositati dalle parti ricorrenti (e non contestato dell'Istituto emerge che Muratore, per effetto della sentenza n. 70/2015, avrebbe dovuto percepire €

4.891,64 maturati complessivamente tra il 2012 ed il 2016 (in dettaglio, €

817,18 per il 2012, €

1.748,63 per il 2012, €

1.670,63 per il 2014 ed €

1.656,33 per il 2015) ed ha invece ricevuto €

299,99;

a sua volta Campanella avrebbe invece avuto diritto a percepire €

7.187,83 (€

968,89 per il 2012, €

2.072,33 per il 2013, €

2,072,33 per il 2014 ed €

2.074,26 per il 2015) [all. 3 ric.]. La disciplina tacciata d'incostituzionalita' ha dunque inciso sul valore del trattamento pensionistico goduto dai ricorrenti. Tale incidenza e' stata protratta ulteriormente nel tempo, dal legislatore, adottando percentuali riduttive diverse, per il triennio 2014/2016 in forza del comma 25-bis, lett. a) e b), che e' stato inserito nell'art. 24, decreto-legge n. 201/2011 dall'art. 1, secondo comma, decreto-legge n. 65/2015. Recita infatti tale ulteriore disposizione: «La rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'art. 34. comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, relativa agli anni 2012 e 2013 come determinata dal comma 25, con riguardo ai trattamenti pensionistici di importo complessivo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS e' riconosciuta: a) negli anni 2014 e 2015 nella misura del 20 per cento;

b) a decorrere dall'anno 2016 nella misura del 50 per cento». La valutazione di legittimita' delle norme citate ha dunque rilevanza per la decisione della causa e l'accertamento del diritto dei ricorrenti all'integrale perequazione rivendicata. Sul meccanismo di blocco della rivalutazione delle pensioni L'art. 24, comma 25, decreto-legge n. 201/2011 (convertito con modifiche nella legge n. 214/2011) aveva stabilito, «in considerazione della contingente situazione finanziaria», che la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall'art. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998;

n. 448, fosse riconosciuta, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici d'importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per cento. Le pensioni di valore superiore a tre volte il trattamento minimo INPS non godevano pertanto di alcuna rivalutazione. Il blocco operava quindi per le pensioni d'importo superiore ad €

1.217,00 netti. Con sentenza n. 70 del 30 aprile 2015 a Corte costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalita' dell'art. 24, comma 25, decreto-legge n....

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT