n. 240 SENTENZA 7 ottobre - 26 novembre 2015 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 464-bis, comma 2, del codice di procedura penale, aggiunto dall'art. 4, comma 1, lettera a), della legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili), promosso dal Tribunale ordinario di Torino nel procedimento penale a carico di V.G., con ordinanza del 28 ottobre 2014, iscritta al n. 260 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell'anno 2015. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 7 ottobre 2015 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi. Ritenuto in fatto 1.- Il Tribunale ordinario di Torino, in composizione monocratica, con ordinanza del 28 ottobre 2014 (r.o. n. 260 del 2014), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 111 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848 (d'ora in avanti «CEDU»), questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 464-bis, comma 2, del codice di procedura penale, «nella parte in cui, in assenza di una disciplina transitoria, analoga a quella di cui all'art. 15-bis co. 1 della legge 11 agosto 2014, n. 118, preclude l'ammissione all'istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova degli imputati di processi pendenti in primo grado, nei quali la dichiarazione di apertura del dibattimento sia stata effettuata prima dell'entrata in vigore della legge 67/2014». Il giudice a quo premette che l'imputato e' stato «rinviato a giudizio» dinanzi al suo ufficio per rispondere del reato di cui all'art. 483 del codice penale, perche' aveva dichiarato falsamente, quale amministratore di una societa' a responsabilita' limitata, innanzi al notaio, nel corso di un'assemblea straordinaria, che era «presente o validamente rappresentato l'intero capitale sociale, mentre al contrario il socio di maggioranza [...] ne' era presente all'assemblea ne' aveva rilasciato mandato ad essere rappresentato». Riferisce il Tribunale rimettente che nella prima udienza, tenutasi il 16 maggio 2014, era stato aperto il dibattimento ed erano state ammesse le prove richieste dalle parti, mentre nella successiva udienza del 26 maggio 2014 l'imputato aveva richiesto la «sospensione del procedimento con messa alla prova». Nell'udienza del 18 settembre 2014 la difesa aveva insistito per l'accoglimento della richiesta di sospensione con messa alla prova, prospettando, in via subordinata, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili), nella parte in cui non prevede l'applicabilita' della messa alla prova anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della nuova legge nei quali era stato gia' aperto il dibattimento. In punto di rilevanza, il Tribunale ordinario di Torino osserva che ricorrono nel caso di specie tutti i presupposti oggettivi e soggettivi per «l'ammissione dell'imputato alla messa alla prova». Il reato contestato sarebbe infatti punito con pena massima inferiore ai limiti di cui all'art. 168-bis, primo comma, cod. pen. e non sussisterebbero le condizioni ostative previste dall'art. 168-bis, quarto e quinto comma, cod. pen., non avendo mai l'imputato fruito in precedenza della sospensione del procedimento con messa alla prova e non ricorrendo alcuna delle ipotesi previste dagli artt. 102, 103, 104, 105 e 108 cod. pen. Il «caso concreto» sarebbe di modesta gravita', in quanto relativo ad una dichiarazione resa in occasione di un'assemblea straordinaria della societa' nella quale l'imputato era amministratore ed esclusivo proprietario delle quote sociali fiduciariamente intestate alla persona offesa. Inoltre l'imputato ha formulato un'offerta risarcitoria e ha presentato «richiesta di elaborazione all'UEPE del programma con dichiarazione di disponibilita' a sottoporsi alle prescrizioni imposte e svolgere un lavoro di pubblica utilita'». Il giudice a quo ritiene che, tenuto conto dell'epoca del fatto e dei non gravi precedenti penali, l'imputato si sarebbe attenuto al programma, astenendosi in futuro dal commettere ulteriori reati. Non ricorrerebbero, inoltre, le condizioni per la pronuncia di una sentenza ex art. 129 cod. proc...

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