n. 2 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 agosto 2016 -

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Terza Sezione penale Composta da: Elisabetta Rosi - Presidente;

Enrico Manzon;

Angelo Matteo Socci;

Gastone Andreazza;

Alessandro M. Andronio - relatore;

ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi proposti da: Adami Francesco, nato a Parma il 15 aprile 1977;

Adami Norberto, nato a Noceto il 4 giugno 1960;

Bortoletto Igor, nato a Giussano il 25 giugno 1978;

Giovannelli Iuri, nato a Milano il 20 dicembre 1982;

Magnone Filippo, nato a Milano il 5 maggio 1984;

Magnone Matteo Camillo, nato a Milano il 3 aprile 1983;

Magnone Paolo, nato a Milano il 27 agosto 1956;

Monza Rinaldo Paolo, nato a Busto Arsizio il 25 maggio 1955;

Nobili Michael, nato a Sorengo il 16 novembre 1979;

Pavanati Leonardo, nato a Pontedera il 2 ottobre 1962;

Zanardelli Guido, nato a Brescia il 1° dicembre 1968;

Zanardelli Oliviero, nato a Brescia il 3 gennaio 1964;

Avverso la sentenza della Corte d'appello di Milano del 16 ottobre 2013;

Visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;

Udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;

Udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Stefano Tocci, che ha concluso: per l'inammissibilita' dei ricorsi proposti nell'interesse di Giovannelli, Monza, Nobili, Pavanati;

per il rigetto dei ricorsi Adami Francesco, Adami Norberto, Magnone Filippo, Magnone Matteo Camillo, Magnone Paolo, Zanardelli Guido, Zanardelli Oliviero;

per la trasmissione degli atti al Tribunale, ai fini della notificazione dell'estratto contumaciale, per Bortoletto;

Uditi i difensori: avv. Ivan Frioni, in sostituzione dell'avv. Salvatore Pino, per Adami Francesco e Adami Norberto;

avv. Guido Angelo Guella, anche in sostituzione dell'avv. Roberto Fanari, per Magnone Paolo, in sostituzione dell'avv. Luigi La Marca, per Bortoletto, dell'avv. Massimo Bissi, per Pavanati;

l'avv. Pietro Salinari, per Giovannelli e Nobili;

l'avv. Angelo Colucci, per Magnone Filippo e, anche in sostituzione dell'avv. Renato Vitetta, per Magnone Matteo Camillo;

l'avv. Massimo Bonvicini, per Zanardelli Oliviero e Zanardelli Guido. Ritenuto in fatto 1. - Con sentenza del 22 dicembre 2011, il Tribunale di Milano ha - per quanto qui rileva - condannato gli imputati per una serie di reati tributari ex articoli 5 e 8 del decreto legislativo n. 74 del 2000, commessi nell'ambito di un'associazione a delinquere, diretta - secondo l'ipotesi accusatoria - da Magnone Paolo, e nella quale gli altri imputati ricoprivano diversi ruoli. Le indagini erano state svolte a partire dal 2007 dalla Guardia di Finanza di Bassano del Grappa, nei confronti della societa' Sintesi s.n.c., esercente l'attivita' di fabbricazione di materie plastiche, con il riscontro dell'emissione di fatture di acquisto, nei confronti di tale societa', da parte di due societa' «cartiere», la Blancplast S.r.l. e la Nobil Plast S.r.l. Le ulteriori indagini avevano confermato l'esistenza di altre societa' «cartiere» operanti nel settore delle materie plastiche. Molte di tali societa' avevano intrattenuto relazioni commerciali con la Axel Chemical, societa' Sammarinese riconducibile a Magnone Paolo. Era cosi' emersa l'esistenza di un circuito criminale finalizzato alla realizzazione di frodi fiscali, consistenti in cessioni in nero, sovrafatturazioni ed acquisti intracomunitari in regime di esenzione Iva, consumate attraverso societa' riferibili ad una serie di prestanome, tutti facenti capo alla persona di Magnone Paolo. La Corte d'appello, con sentenza del 16 ottobre 2013, ha confermato le valutazioni effettuate dal Tribunale quanto alla responsabilita' penale, dichiarando non doversi procedere per intervenuta prescrizione in ordine ad alcuni dei reati-scopo contestati e ha, conseguentemente, rideterminato in diminuzione il trattamento sanzionatorio per alcuni degli imputati. 2. - Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore e con unico atto, Adami Francesco e Adami Norberto, chiedendone l'annullamento. 2.1. - Con un primo motivo di doglianza, si deduce la nullita' della sentenza, per incapacita' del giudice estensore, sul rilievo che la stessa, pronunciata il 16 ottobre 2013, sarebbe stata depositata il 30 aprile 2015 e sottoscritta, anche quale estensore, dal presidente del collegio, che era uscito dall'ordine giudiziario il 17 ottobre 2014. La difesa contesta l'orientamento di legittimita' secondo cui le condizioni di capacita' del giudice, necessarie, ai sensi dell'art. 178 codice procedura penale, per aversi un atto valido e, quindi, anche una sentenza validamente resa, attengono al momento della decisione e non al momento dell'eventuale deposito della motivazione successivo alla pronuncia. Si sostiene, in particolare, che, poiche' l'art. 546 codice procedura penale prevede la motivazione quale essenziale requisito della sentenza, la deliberazione della motivazione dovrebbe essere adottata dal collegio giudicante e dovrebbe essere considerata, percio', piena espressione dell'esercizio della giurisdizione. Ne consegue che, trattandosi di una funzione giurisdizionale, la stessa non potrebbe essere amministrata da soggetti che non fanno piu' parte dell'ordine giudiziario. 2.2. - In secondo luogo, si deduce la mancanza di motivazione della sentenza impugnata, perche' la stessa sarebbe inesistente, in quanto redatta da un magistrato gia' cessato dalle sue funzioni. 2.3. - Con un terzo motivo di doglianza, si deduce la violazione dell'art. 546, comma 3, codice procedura penale, sul rilievo che la sentenza sarebbe priva della sottoscrizione del giudice, essendo stata sottoscritta da un magistrato ormai uscito dall'ordine giudiziario, sia quale presidente del collegio sia quale estensore. 2.4. - Una quarta censura e' riferita alla violazione degli articoli 523, 602, 548 codice procedura penale, i quali esprimono la necessita' dell'immediatezza della decisione, sul rilievo che tra il deposito della motivazione e la discussione orale delle difese sarebbe decorso un ampio lasso di tempo;

lasso di tempo incompatibile con un'adeguata considerazione delle deduzioni svolte dalle difese nel corso della discussione davanti al collegio. 2.5. - Con un quinto motivo di doglianza, si ribadisce l'eccezione di incompetenza territoriale gia' proposta in primo e secondo grado. Si contesta, in particolare, l'affermazione del Tribunale secondo cui la competenza doveva essere ritenuta radicata in Milano perche' in tale luogo aveva sede il maggior numero delle societa' ritenute funzionali all'operativita' dell'associazione criminale diretta da Magnone Paolo;

cosicche' doveva apparire ragionevole che le strategie del gruppo fossero state pianificate in Milano e che in Milano si fosse concretizzata la parte piu' significativa dell'attivita' delittuosa dell'associazione. Si lamenta, sul punto, che la Guardia di Finanza aveva affermato che il fenomeno fraudolento coinvolgeva numerose societa' ubicate in diverse regioni del Nord Italia, e in particolare a Milano, e che da tale accertamento discendeva la sostanziale incertezza sul luogo del commesso reato;

incertezza che non avrebbe potuto essere risolta sulla base di un inesistente principio di prevalenza, non risultando dagli atti alcun elemento specifico dal quale desumere l'individuazione del luogo di programmazione e ideazione dell'attivita' riferibile all'associazione criminale. E non si sarebbe considerato che i primi fatti erano stati accertati in Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza, e che a tali fatti era stata attribuita una valenza sintomatica dell'esistenza e dell'operativita' dell'associazione criminale. Si sarebbe dovuto, dunque, applicare criterio del luogo di commissione del reato-scopo piu' grave, che avrebbe dovuto essere identificato in quello di cui al capo M, di pari gravita' rispetto ad altre condotte, ma piu' risalente nei tempo, relativo all'emissione di fatture per operazioni inesistenti, posta in essere a Schio nell'anno 2001;

con la conseguenza che avrebbe dovuto essere ritenuto competente il Tribunale di Vicenza. In via subordinata, avrebbe dovuto essere applicato criterio residuale di cui all'art. 9, comma 3, codice procedura penale, per cui avrebbe dovuto essere ritenuto competente il Tribunale di Bassano del Grappa, avendo la procura di quella circoscrizione per prima iscritto la notizia di reato, il 7 marzo 2007. Del tutto destituita di fondamento sarebbe l'affermazione di segno contrario della Corte d'appello secondo cui l'associazione operava in Milano perche' li' venivano intessuti i rapporti, si decidevano gli acquisti e le vendite, si costituivano e scioglievano le societa' cartiere. Si rileva, inoltre, che il Tribunale, con ordinanza del 7 ottobre 2011, aveva risolto la questione di competenza territoriale relativa ai reati fiscali contestati ai due Adami (capi di imputazione D e D1), disponendo la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Parma, ove aveva sede la societa' Centroplast, che aveva operato l'emissione e l'annotazione delle fatture contestate;

e cio', in virtu' della maggiore gravita' di tali reati rispetto al reato di partecipazione all'associazione per delinquere. Quanto a tale ultimo reato, ricondotto alla fattispecie di cui al secondo comma dell'art. 416 codice penale, il Tribunale aveva affermato che la sua natura permanente imponeva una trattazione unitaria delle posizioni di tutti gli aderenti all'associazione, cosicche' la competenza non poteva essere ritenuta radicata in Parma. La difesa critica tale conclusione, sostenendo che: o il reato di cui all'art. 416 codice penale deve essere considerato unitariamente e, dunque, la fattispecie di cui al primo comma dello stesso art. 416, contestata ad alcuni dei coimputati, e' comunque piu' grave dei reati scopo, ivi compresi quelli di cui ai capi D e D1, oppure tali ultimi reati, piu' gravi e contestati come commessi in Parma, attraggono anche la meno grave fattispecie associativa di cui al secondo comma...

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