n. 19 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 23 febbraio 2017 -

Ricorso proposto dalla Regione Veneto (c.f. 80007580279 - P. IVA 02392630279), in persona del presidente della giunta regionale dott. Luca Zaia (c.f. ZAILCU68C27C957O), autorizzato con delibera della giunta regionale n. 131 del 7 febbraio 2017 (all. 1), rappresentato e difeso, per mandato a margine del presente atto, tanto unitamente quanto disgiuntamente, dagli avv.ti Ezio Zanon (c.f. ZNNZEI57L07B563K) coordinatore dell'Avvocatura regionale, prof. Luca Antonini (c.f. NTNLCU63E27D869I) del Foro di Milano e Luigi Manzi (c.f. MNZLGU34E15H501V) del Foro di Roma, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo in Roma, Via Confalonieri, n. 5 (per eventuali comunicazioni: fax 06/3211370, posta elettronica certificata luigimanzi@ordineavvocatiroma.org);

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle seguenti disposizioni della legge n. 232 dell'11 dicembre 2016, recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019» pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 297 del 21 dicembre 2016 - Suppl. Ordinario n. 57: 1) art. 1, comma 42, lettera a);

2) art. 1, comma 85;

3) art. 1, comma 140;

4) art. 1, comma 269, 270 e 272;

5) art. 1, comma 271;

6) art. 1, comma 275;

7) art. 1, comma 390;

8) art. 1, comma 392;

9) art. 1, comma 395 e 396;

10) art. 1, comma 527;

11) art. 1, comma 528;

12) art. 1, comma 615;

13) art. 1, comma 627. Motivi 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 42, lettera a), per violazione degli articoli 3, 97 e 119 della Costituzione. L'art. 1, comma 42, lettera a), proroga al 2017 la sospensione - gia' disposta per il 2016 dal comma 26 dell'art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 - dell'efficacia delle leggi regionali e delle deliberazioni comunali, per la parte in cui aumentano i tributi e le addizionali attribuite ai medesimi enti rispetto ai livelli di aliquote o tariffe applicabili per l'anno 2015. Si precisa che con il ricorso iscritto al reg. ric. n. 17 del 2016, pubbl. nella Gazzetta Ufficiale del 20 aprile 2016 n. 16, la regione Veneto ha gia' impugnato l'art. 1, comma 26, della legge di bilancio 2016. In relazione alla proroga ora disposta con l'art. 1, comma 42, lettera a) si aggravano le medesime censure, poiche' il contesto di riferimento che aveva indotto all'impugnativa non si e' sostanzialmente modificato. La disposizione ora impugnata, infatti, blocca, per quanto qui interessa, il potere delle Regioni di aumentare le aliquote dei tributi e delle addizionali rispetto a quelle deliberate, entro la data del 30 luglio 2015, per l'esercizio 2015. Al contempo, pero', i) l'art. 1, al comma 392, riduce il livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre lo Stato per il 2016 (si veda, il punto sub 8 del presente ricorso), ii) diverse altre disposizioni, inoltre, determinano una riduzione del gettito dei tributi propri regionali derivati, vuoi perche' modificano direttamente le discipline delle basi imponibili di tributi come l'Irap (art. 1, comma 21), vuoi perche' modificano la disciplina di tributi statali come l'Irpef che pero' incidono sul gettito dell'addizionale Irpef, come nel caso dalla introduzione dell'Iri (art. 1, comma 547), l'imposta sul reddito dell'imprenditore, che si applica a imprenditori individuali soggetti all'Irpef e di conseguenza incide al ribasso sull'addizionale regionale. Da una parte, dunque, il legislatore statale impedisce alle Regioni di aumentare le aliquote relative a tutti i tributi propri, dall'altra riduce il finanziamento del Fondo sanitario e rimodula al ribasso le basi imponibili dei tributi propri derivati regionali. E' evidente che in questo contesto normativo le Regioni si trovano a dover garantire il servizio sanitario regionale, anche con prestazioni aggiuntive (i nuovi LEA che appaiono sottostimati nell'impatto finanziario), con risorse statali ridotte e insufficienti, venendo nel contempo private, in violazione dell'art. 119 della Costituzione, della possibilita' di esercitare un autonomo sforzo fiscale. Ma vi e' di piu'. A tale situazione gia' critica, si aggiunge la previsione, da parte dell'art. 1, comma 475, di pesanti sanzioni per il caso di mancato conseguimento di un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali da parte dell'ente ai sensi dell'art. 1, comma 466. Tra queste: il divieto di «impegnare spese correnti», di «ricorrere all'indebitamento per gli investimenti», di «procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione», ecc. E' questo dunque il contesto complessivo all'interno del quale deve essere considerata la norma impugnata. Lo scrivente patrocinio evidentemente non ignora che il blocco provvisorio dell'aumento delle addizionali e dei tributi propri derivati, in recedenti occasioni, non e' stato ritenuto illegittimo dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte (sentenze nn. 381/2004, 284/2009 e 298/2009). E' dirimente pero' evidenziare che tale valutazione, relativa peraltro a un blocco giustificato dall'imminenza di riforme fondamentali (patto di stabilita' e federalismo fiscale), non riguardava, come invece nel caso di specie, la proroga di un blocco (che tende quindi ad assumere un carattere permanente) gia' disposto senza un particolare motivo se non quello, meramente politico (con cio' violando l'autonomia della politica impositiva regionale), di «contenere il livello complessivo della pressione tributaria» (cosi' recita l'art. 26 della legge di stabilita' 2016, prorogato con la disposizione qui impugnata). Inoltre, quella valutazione si inseriva in contesti normativi radicalmente diversi da quello attuale, in cui non solo non si prefigurava i) un definanziamento del Fondo sanitario e ii) un obbligo di garanzia di nuovi LEA con un finanziamento evidentemente sottostimato, ma dove, soprattutto, iii) nell'ambito del Patto di stabilita' interno alle Regioni veniva solo imposto un mero tetto di spesa, che, sebbene sanzionato in termini analoghi a quello attuale, rimaneva del tutto indifferente (riguardando solo il versante della spesa e non quello dell'entrata) rispetto alla possibilita' di un autonomo sforzo fiscale regionale. Ora, invece, con il superamento del Patto di stabilita' interno alle Regioni e' imposto un pareggio contabile di bilancio, il cui mancato conseguimento - che comporta sanzioni come il divieto dell'indebitamento per la spesa di investimento - potrebbe trovare direttamente causa nell'irragionevole blocco dell'autonomia fiscale regionale, che appunto preclude alle Regioni la possibilita' di pareggiare il bilancio attraverso un proprio sforzo fiscale. Si configura, in conclusione, con tutta evidenza una situazione normativa profondamente diversa da quella in altre occasioni giudicata non illegittima dalla giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte. Nella attuale situazione normativa, la disposizione impugnata, che impedisce un autonomo sforzo fiscale, consentendo alla Regione solo la possibilita' di ridurre la spesa, in cio' incidendo sui servizi erogati ai cittadini, risulta quindi irragionevole e mancante di proporzionalita' con una conseguente violazione dell'art. 3 Cost. e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all'art. 97 Cost. che ridonda chiaramente, per quanto e' - sopra detto, sull'autonomia finanziaria regionale di cui all'art. 119 Cost., anche direttamente violata dalla norma impugnata. A tale ultimo riguardo si fa riserva fornire dimostrazione contabile dell'irragionevole e rilevante incidenza della disposizione in parola. 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 85, per violazione dell'articoli 117, terzo comma, della Costituzione, nonche' degli articoli 5 e 120 della Costituzione per violazione del principio di leale collaborazione. L'art. 1, comma 85 dispone, nell'ambito del piano di investimenti immobiliari di cui all'art. 65, legge n. 153/1969 (piano triennale degli investimenti per il triennio 2016-2018), che l'INAIL destini 100 milioni di euro per la realizzazione di nuove strutture scolastiche. La norma prevede che le Regioni dichiarino la propria disponibilita' ad aderire all'operazione per la costruzione di nuove strutture scolastiche, facendosi carico del canone di locazione, comunicandola formalmente alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Struttura di missione per il coordinamento e impulso nell'attuazione di interventi di riqualificazione dell'edilizia scolastica (SMES), entro il termine perentorio del 20 gennaio 2017, secondo modalita' individuate e pubblicate nel sito internet istituzionale della medesima Struttura. Successivamente alla ricezione delle dichiarazioni di disponibilita' delle Regioni, la medesima disposizione prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca e con il Ministro dell'economia e delle finanze, siano: i) individuate le Regioni ammesse alla ripartizione, ii) assegnate le risorse disponibili e iii) stabiliti i criteri di selezione dei progetti. La disposizione che qui si impugna e' riconducibile alla materia «edilizia scolastica», la quale, per esplicito riconoscimento di codesta ecc.ma Corte, si trova all'incrocio di piu' ambiti competenziali, quali il «governo del territorio», «l'energia» e la «protezione civile», tutti rientranti nella potesta' legislativa concorrente di cui al terzo comma dell'art. 117 Cost. (sent. n. 62 del 2013). Il comma censurato, quindi, se, da un lato, destina risorse in un ambito materiale riconducibile alla competenza regionale concorrente, dall'altro, non...

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