n. 16 SENTENZA 27 gennaio - 26 febbraio 2015 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 1, della legge della Regione Marche 18 marzo 2014, n. 3 (Modifiche alla legge regionale 23 febbraio 2005, n. 6 - Legge forestale regionale) e dell'art. 2 della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 28 marzo 2014, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di OGM e modifiche alla legge regionale 23 aprile 2007, n. 9 - Norme in materia di risorse forestali), promossi dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorsi notificati il 23-27 maggio 2014 e il 28 maggio-4 giugno 2014, depositati in cancelleria il 29 maggio e il 3 giugno 2014 ed iscritti rispettivamente ai nn. 35 e 36 del registro ricorsi 2014. Visto l'atto di costituzione della Regione Marche;

udito nell'udienza pubblica del 27 gennaio 2015 il Giudice relatore Marta Cartabia;

uditi l'avvocato dello Stato Massimo Salvatorelli per il Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Stefano Grassi per la Regione Marche. Ritenuto in fatto 1.- Con ricorso spedito per la notifica il 23 maggio 2014, ricevuto dalla resistente il 27 maggio 2014 e depositato nella cancelleria di questa Corte il 29 maggio 2014 (reg. ric. n. 35 del 2014), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato l'art. 9 della legge della Regione Marche 18 marzo 2014, n. 3 (Modifiche alla legge regionale 23 febbraio 2005, n. 6 - Legge forestale regionale), in riferimento all'art. 117, primo comma e secondo comma, lettera s), della Costituzione. 1.1.- Il ricorrente ha ricordato che l'impugnato art. 9, introducendo il comma 6-bis nell'art. 19 della legge della Regione Marche 23 febbraio 2005, n. 6 (Legge forestale regionale), ha stabilito che «Fermo restando il rispetto delle distanze indicate ai commi 2 e 6, costituisce utilizzo in agricoltura l'abbruciamento del materiale di cui al medesimo comma 6, ovvero di altro materiale agricolo e forestale naturale non pericoloso, in quanto inteso come pratica ordinaria finalizzata alla prevenzione degli incendi o metodo di controllo agronomico di fitopatie, di fitofagi o di infestanti vegetali». Ad avviso del ricorrente tale disposizione, che consente l'utilizzo in agricoltura della combustione di materiale agricolo e forestale non pericoloso (paglia, stoppie e materiale vegetale derivante da colture erbacee ed arboree e dalla distruzione di erbe infestanti, rovi e simili), intesa come pratica ordinaria finalizzata alla prevenzione di incendi e infestazioni, afferirebbe alla materia dei rifiuti. Poiche' quest'ultima rientrerebbe nella materia della tutela dell'ambiente, attribuita alla potesta' legislativa esclusiva statale, la disposizione violerebbe l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. Nel ricorso e' stato poi richiamato il contenuto dell'art. 185, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), il quale, recependo la previsione di cui all'art. 2 della direttiva 19 novembre 2008, n. 2008/98/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive), ha escluso dall'applicazione della normativa sui rifiuti «[...] paglia, sfalci e potature, nonche' altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente ne' mettono in pericolo la salute umana». Ad avviso del ricorrente, tale disposizione conterrebbe una disciplina eccezionale rispetto alla normativa quadro sui rifiuti e, pertanto, dovrebbe essere oggetto di un'interpretazione restrittiva, ai sensi dell'art. 14 delle «preleggi»: da cio' discenderebbe la non applicabilita' di questa esclusione ai casi di combustione di tali materiali effettuata direttamente sui terreni agricoli. Secondo la prospettazione dell'Avvocatura generale dello Stato, i materiali vegetali in questione, pertanto, per poter essere esclusi dalla disciplina sui rifiuti, dovrebbero essere riutilizzati in attivita' agricole o impiegati in impianti aziendali per produrre energia, calore e biogas, mediante processi che non danneggino l'ambiente o la salute umana;

e dovrebbero, altresi', soddisfare i requisiti posti dall'art. 184-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, introdotto dall'art. 12, comma 1, del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 (Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive) ai fini della classificazione come «sottoprodotti», anziche' come «rifiuti». Tale classificazione, inoltre, ad avviso del ricorrente, dovrebbe avvenire sulla base di una valutazione effettuata caso per caso, e non operabile in astratto dal legislatore. Sulla base di questi elementi, l'Avvocatura generale dello Stato ha sostenuto che l'impugnato art. 9 della legge reg. Marche n. 3 del 2014, operando una esclusione a priori e, in via generale, dei residui vegetali sottoposti ad abbruciamento dall'ambito di applicazione della disciplina sui rifiuti, contrasterebbe con la disciplina contenuta nel d.lgs. n. 152 del 2006 e con quella di cui alla direttiva 2008/98/CE, ponendosi, pertanto in violazione dell'art. 117, primo comma e secondo comma, lettera s), Cost. 1.2.- Con memoria del 30 giugno 2014, depositata il 3 luglio 2014, si e' costituita in giudizio la Regione Marche, chiedendo che la questione promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri sia dichiarata non fondata. In particolare, la Regione Marche ha sottolineato come nel ricorso non si neghi che l'abbruciamento di materiale agricolo o forestale non pericoloso costituisca una normale pratica agricola;

tuttavia, si sostiene che essa non potrebbe rientrare nel campo di applicazione dell'art. 185, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 152 del 2006, data la natura eccezionale di questa norma. Ad avviso della Regione Marche, al contrario, la combustione di paglia, sfalci e potature rispetterebbe tutte le condizioni poste dall'art. 185, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 152 del 2006 e dall'art. 2, paragrafo 1, lettera f), della direttiva n. 2008/98/CE: ossia che, da un lato, si tratti di materiali agricoli o forestali naturali non pericolosi utilizzati nell'attivita' agricola e che, dall'altro, questi ultimi siano sottoposti a processi o metodi che non danneggino l'ambiente, ne' mettano in pericolo la salute umana. Tale attivita', in effetti, risulterebbe tutelare sia l'ambiente, sia la salute, dal momento che, tra l'altro, previene gli incendi e consente il controllo di fitopatie, fitofagi, infestanti vegetali, nonche' la mineralizzazione degli elementi contenuti nei residui organici e la riduzione delle avversita' biotiche sui terreni interessati. Sempre secondo la Regione Marche non si potrebbe neppure sostenere la asserita natura...

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