n. 152 SENTENZA 1 - 23 giugno 2016 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 96, comma 3, del codice di procedura civile, promosso dal Tribunale ordinario di Firenze nel procedimento vertente tra G.A.L.A. di Massimo Lari sas e la Banca Sai spa Capogruppo bancario Banca Sai, con ordinanza del 16 dicembre 2014, iscritta al n. 331 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima serie speciale, dell'anno 2016. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 1° giugno 2016 il Giudice relatore Mario Rosario Morelli. Ritenuto in fatto 1.- Nel corso di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l'adito Tribunale ordinario di Firenze - premesso che, in ragione della manifesta infondatezza e dello scopo puramente dilatorio di quella opposizione, ricorrevano i presupposti per la condanna dell'opponente al pagamento, oltre che delle spese di lite, della ulteriore «somma equitativamente determinata» di cui all'art. 96, terzo comma, del codice di procedura civile - ha ritenuto, di conseguenza, rilevante, ed ha per cio' sollevato, con l'ordinanza in epigrafe, questione di legittimita' costituzionale della predetta disposizione, «per contrasto con gli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione nella parte in cui dispone: "In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell'articolo 91, il giudice, anche d'ufficio, puo' altresi' condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata", anziche' a favore dell'Erario». Secondo il rimettente, il censurato art. 96, terzo comma, cod. proc. civ. avrebbe, infatti, introdotto nel processo civile una fattispecie a carattere sanzionatorio, che si discosterebbe dalla struttura tipica dell'illecito civile, propria della responsabilita' aggravata di cui ai primi due commi del medesimo art. 96 e confluirebbe, invece, in quella, del tutto diversa, delle cosiddette "condanne afflittive", avendo come scopo quello di scoraggiare l'abuso del processo, a tutela dell'interesse pubblico al buon andamento della giurisdizione civile e al giusto processo di cui all'art. 111 Cost. Per cui, ne inferisce lo stesso Tribunale, sarebbe ragionevole - ed in tal senso auspica che questa Corte emendi la disposizione impugnata - «che della condanna derivante dalla lesione dell'interesse dello Stato al giusto processo, che danneggia tutti, si avvantaggi lo stesso Stato e la comunita' nazionale che Esso rappresenta e garantisce con la giurisdizione», invece che la parte privata che ha gia' altri strumenti a sua disposizione per reagire all'abuso della controparte che diriga l'offesa anche nei suoi confronti. 2.- E' intervenuto, in questo giudizio, il Presidente del Consiglio dei ministri, per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, che, in via preliminare, ha eccepito l'inammissibilita' della questione, per carente specificazione dei profili di contrasto della disposizione censurata con i parametri evocati;

e, in subordine, ne ha contestato la fondatezza. Secondo la difesa dello Stato, l'art. 96, terzo comma, cod. proc. civ. sanzionerebbe, infatti, un comportamento che «lede sia l'interesse all'efficienza della giustizia civile...

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