n. 146 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 marzo 2015 -

LA CORTE DEI CONTI Sezione giurisdizionale per la regione Calabria Il Giudice unico delle pensioni Consigliere Anna Bombino ha pronunciato la seguente ordinanza n. 61/2015. Sul ricorso iscritto al n. 20266 del registro di segreteria, e contestuale istanza di sospensiva, promosso dalla dott.ssa Cristiano Maria Teresa, nata il 1° settembre 1943 a Catanzaro e ivi residente alla via Bambinello Gesu' n. 21, rappresentata e difesa dall'avv. Eleonora Natale ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Catanzaro via degli Angioini n. 89;

Avverso la nota-provvedimento n. 1357 del 7 gennaio 2014 dell'INPS (ex gestione INPDAP), contro l'INPS (ex gestione INPDAP), rappresentato dagli avv.ti Giacinto Greco e Francesco Muscari Tomaioli;

Uditi alla pubblica udienza del 6 marzo 2015 il relatore dott. Anna Bombino, l'avv. Eleonora Natale e l'avv. Francesco Muscari Tomaioli;

Ritenuto in fatto La ricorrente ha denunciato l'illegittimita' del provvedimento di riliquidazione della pensione (CZ 0120013775028 del 12 dicembre 2013) con cui l'INPS - gestione INPDAP aveva determinato in peius il trattamento pensionistico e disposto il recupero di €

230.510,25 corrispondente a quanto asseritamente percepito indebitamente, sul trattamento pensionistico gia' liquidato in via definitiva, a decorrere dal 1° luglio 2006, con determinazione CZ 0120007000083 del 23 gennaio 2007, sostenendo la conformita' a legge di quello modificato con il quale, ai fini della determinazione della retribuzione pensionabile era stato applicato il criterio della media ponderata nell'ultimo quinquennio, con conseguente rimborso delle somme trattenute con interessi e rivalutazione e rifusione delle spese. Invero, con precedente provvedimento (determinazione CZ 012006000551 del 4 luglio 2006), l'INPDAP aveva liquidato la pensione sulla base della retribuzione percepita nell'ultimo mese di servizio, prima del collocamento a riposo (€

39.811,03), senza aver tenuto conto dell'incarico dirigenziale svolto dalla dipendente dal 9 febbraio 2004 al 31 maggio 2006. Il provvedimento e' stato quindi «annullato» e sostituito sulla base del modello P04 inviato dall'Amministrazione provinciale di Catanzaro con determinazione CZ 0120007000083 del 23 gennaio 2007, con decorrenza dal 1° luglio 2006, con applicazione del criterio della media ponderata sul trattamento economico di dirigente, parametrato sulla retribuzione di dirigente (€

69.502,25). Il predetto livello retributivo e' stato confermato, in occasione del riconoscimento dei benefici contrattuali per il biennio 2004/2006 previsti dal contratto CCNL regioni e autonomie locali - Dirigenti - Area dirigenza (CZ 012009192118), con applicazione del criterio della media ponderata. In sede di successiva riliquidazione del trattamento pensionistico con applicazione dei benefici contrattuali per il biennio 2006/2007, l'INPS (succeduto all'INPDAP) ha adottato la determinazione CZ 012013775028 del 12 dicembre 2013 rideterminando il trattamento di pensione sulla base dello stipendio di funzionario ed escludendo il criterio della media ponderata (modello PA04 n. 102529 del 24 novembre 2010). La ricorrente ha denunciato l'illegittimita' di quest'ultimo provvedimento di riliquidazione, di cui ha chiesto la disapplicazione sostenendo la conformita' a legge di quello definitivo, con il quale ai fini della retribuzione pensionabile, era stato applicato il criterio della media ponderata, chiedendo il ripristino del trattamento fruito. Ha sostenuto che l'illegittimita' del suddetto provvedimento e' palese in quanto la riduzione della pensione l'accertamento di debito traggono origine da errori imputabili esclusivamente all'Ente previdenziale per cui ha denunciato altresi' la violazione del principio di irrevocabilita' ed immodificabilita' del provvedimento definitivo di pensione oltre il termine triennale ex art. 203 testo unico 29 dicembre 1973, n. 1092, essendo stato adottato il primo provvedimento nell'anno 2007. Ha invocato altresi' l'applicazione dei principi di affidamento e di buona fede (SS.RR. n. 2/QM/12), sul presupposto della loro piena estensibilita' alla fattispecie de qua. Con memoria del 9 aprile 2014 l'INPS - ex gestione INPDAP si e' costituito in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso. Nel merito, ha motivato il ricalcolo in peius della pensione (da €

39.811,03 a €

69.366,82) con la circostanza che in sede di riliquidazione per l'applicazione dei benefici contrattuali derivanti dal rinnovo del CCNL Dirigenti, si e' evidenziato che l'incarico dirigenziale era cessato prima del collocamento a riposo della dipendente e che la stessa era rientrata nel ruolo di funzionario, percependone il correlato trattamento retributivo. Di qui la legittimita' del provvedimento di revoca ex art. 26 della legge 3 maggio 1967, n. 315, secondo cui la sua adozione e' ammissibile entro il termine di dieci anni «quando siano acquisiti ad iniziativa delle parti o d'ufficio documenti che non abbiano formato oggetto di esame in sede di adozione del provvedimento ed abbiano rilevanza sulla determinazione del riscatto o del trattamento di quiescenza». Con ordinanza n. 187/2014 del 23 maggio 2014 e' stata accolta l'istanza cautelare di sospensione del recupero dei ratei pensionistici indebiti. Con ordinanza n. 311/14 e' stata acquisita ulteriore documentazione e chiesto chiarimenti all'INPS. Con sentenza non definitiva n. 36 del 6 marzo 2015 questo giudice ha rigettato il ricorso in ordine alla domanda di declaratoria della correttezza dell'applicazione del criterio della media ponderata e della conseguente quantificazione del trattamento pensionistico effettuata con il provvedimento modificato, ha confermato la sospensione del recupero disposta in via cautelare ed ha riservato all'esito della definizione del giudizio costituzionale la decisione definitiva sul ripristino del trattamento precedentemente goduto nonche' sull'irripetibilita'. Considerato in diritto 1. La questione dedotta in giudizio attiene alla legittimita' del provvedimento di riliquidazione della pensione modificativo in peius del trattamento definitivo di pensione, con conseguente emersione di un indebito corrispondente ai maggiori ratei percepiti. L'illegittimita' e' stata dedotta sotto tre aspetti: a) correttezza del ricalcolo del trattamento pensionistico con l'applicazione del criterio della media ponderata;

  1. insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto che legittimano l'esercizio del potere di modifica;

  2. sussistenza dei presupposti per irripetibilita' dell'indebito. Con sentenza non definitiva n. 36 del 6 marzo 2015 questo G.U. ha rigettato la domanda di declaratoria circa la correttezza della quantificazione operata con il provvedimento modificato (CZ 012007000083;

    CZ 012013775028) e ha riservato la definitiva pronuncia, in ordine al ripristino, previa disapplicazione del provvedimento di modifica, del trattamento precedentemente goduto all'esito del giudizio di legittimita' costituzionale, rilevante anche per stabilire il titolo della irripetibilita' dell'indebito de quo. 2. Come evidenziato dalla ricorrente, la modifica del trattamento di quiescenza fruito dalla medesima e' avvenuta oltre i casi consentiti dalla normativa vigente per le pensioni degli iscritti alle gestioni previdenziali delle amministrazioni pubbliche, che prevede, sia sotto il profilo temporale che dei vizi emendabili, il potere di modifica, cosi' determinando una significativa differenziazione con la disciplina del settore delle pensioni degli iscritti all'A.G.O. o a gestioni sostitutive, di cui viene rimessa al vaglio costituzionale la valutazione circa la ragionevolezza e razionalita' della medesima disciplina. 2.1. La disposizione normativa in questione recita testualmente: i provvedimenti concernenti le domande di riscatto di servizi o periodi ai fini del trattamento di quiescenza e quelle di liquidazione del trattamento stesso, adottati dai competenti organi deliberanti degli istituti di previdenza e resi esecutivi con decreto del direttore generale degli istituti medesimi, possono d'ufficio o a domanda degli interessati revocati o modificati dagli organi deliberanti entro il termine di novanta giorni decorrente dalla data di comunicazione del decreto agli interessati. La revoca o la modifica e' ammessa, entro il termine di tre anni dalla data predetta, quando: a) vi sia stato errore di fatto o sia stato omesso di tener conto di elementi risultanti dalla documentazione acquisita;

  3. vi sia stato errore materiale nel computo del servizio ovvero determinazione del contributo di riscatto o dell'importo del trattamento di quiescenza oppure entro il termine di dieci anni dalla data della stessa, quando: c) siano acquisiti, ad iniziativa delle parti o d'ufficio, documenti che non abbiano formato oggetto di esame in sede di adozione del provvedimento e abbiano rilevanza sulla determinazione del riscatto o del trattamento di quiescenza;

  4. il provvedimento sia stato adottato sopra documenti falsi». 2.2. Tale disciplina e' sovrapponibile a quella sancita dall'art. 204 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, secondo cui «La revoca o la modifica di cui all'articolo precedente puo' avere luogo quando: a) vi sia stato errore di fatto o sia stato omesso di tener conto di elementi risultanti dagli atti;

  5. vi sia stato errore nel computo dei servizi o nel calcolo del contributo di riscatto, nel calcolo della pensione, assegno o...

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