n. 142 SENTENZA 5 aprile - 21 giugno 2017 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 12, commi 3 e 3-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Ragusa, nel procedimento penale a carico di J. J. e M.L. J., con ordinanza del 21 aprile 2016, iscritta al n. 136 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell'anno 2016. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 5 aprile 2017 il Giudice relatore Marta Cartabia. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza del 21 aprile 2016 (r.o. n. 136 del 2016), il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Ragusa ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 12, commi 3 e 3-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero). In particolare, il giudice a quo ritiene che la disposizione censurata, nella parte in cui prevede sanzioni pecuniarie fisse per il delitto di procurato ingresso illegale di cittadini stranieri nel territorio dello Stato (segnatamente nella misura di una somma per ogni persona trasportata pari a euro 15.000 di multa, nell'ipotesi base, e a euro 25.000 di multa, nell'ipotesi aggravata), stabilisca pene edittali irragionevoli e contrarie alla finalita' rieducativa della pena, come tali in violazione dei citati art. 3 e 27 Cost., in quanto non ne consente l'individualizzazione in maniera proporzionata. 1.1.- In punto di rilevanza, il rimettente precisa di essere investito della richiesta di applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale, concordata dalle parti nella misura di anni due di reclusione ed euro 1.000.000 di multa per l'imputato J. J. e anni due di reclusione ed euro 700.000 di multa per l'imputato M.L. J., in entrambi i casi subordinata alla sospensione condizionale. Osserva il giudice che le circostanze desumibili dal verbale di fermo e dalle parziali ammissioni dell'imputato J. J. consentono di ritenere corretta la qualificazione giuridica del fatto e l'applicazione e comparazione delle circostanze, senza quindi che si debba pronunciare sentenza di proscioglimento. La ritenuta incongruita' della pena concordata, ad avviso del rimettente, non deriva pero' dalla volonta' delle parti, bensi' dalla comminatoria in misura fissa delle sanzioni pecuniarie in esame, quale prevista dalle citate disposizioni: da qui la rilevanza del dubbio di legittimita' costituzionale nel procedimento a quo. 1.2.- In punto di non manifesta infondatezza il giudice osserva che deve ritenersi in primo luogo violato il fondamentale canone di ragionevolezza della pena, inteso come «declinazione naturale del principio di uguaglianza» ai sensi dell'art. 3 Cost. Secondo il rimettente, dalla giurisprudenza costituzionale al riguardo (vengono citate la sentenza n. 50 del 1980 e la ordinanza n. 547 del 2002, recte n. 475 del 2002) dovrebbero trarsi due principi: le pene fisse, per la loro intrinseca e connaturata inidoneita' a essere adeguate a tutte le fattispecie concrete, sarebbero incompatibili con il sistema della pena quale delineato dalla Costituzione;

per decidere la natura, fissa o variabile, della pena dovrebbe aversi riguardo all'intero trattamento sanzionatorio previsto dal legislatore per ciascuna fattispecie incriminatrice. L'applicazione dei suddetti principi alla pena prevista dalla disposizione censurata ne evidenzierebbe la radicale illegittimita', in quanto sarebbe previsto un automatismo sanzionatorio che non permette di adeguare la pena alla personalita' dell'autore del fatto e al caso concreto, attesa anche l'estrema diversificazione delle fattispecie sussumibili nel delitto contestato di cui all'art. 12, comma 3, del d.lgs. n. 286 del 1998, quale gia' evidenziata dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 331 del 2011, allorche' ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 4-bis, dello stesso decreto relativamente alla presunzione di adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere in riferimento ai medesimi reati di cui oggi si contesta la legittimita' costituzionale della pena. In particolare, ad avviso del rimettente, sarebbe enorme la diversita' di ruoli e di disvalore delle condotte di chi organizza il traffico di esseri umani, da un lato, e di chi si presta a condurre un'imbarcazione improvvisata, mettendo a rischio la propria e l'altrui incolumita', dall'altro;

sicche' trattare allo stesso modo condotte dissimili apparirebbe irragionevole e contrastante con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. Un ulteriore profilo di irragionevolezza viene poi desunto dalla norma generale espressa dall'art. 24 del codice penale, secondo cui la pena della multa deve essere individuata all'interno di un intervallo edittale che varia da un minimo di euro 50 a...

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