n. 141 SENTENZA 21 marzo - 5 luglio 2018 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 517 del codice di procedura penale, promosso dal Tribunale ordinario di Salerno, nel procedimento a carico di M. A., con ordinanza del 24 marzo 2016, iscritta al n. 40 del registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 2017. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 21 marzo 2018 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi. Ritenuto in fatto 1.- Il Tribunale ordinario di Salerno, in composizione monocratica, con ordinanza del 24 marzo 2016 (r.o. n. 40 del 2017), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 517 del codice di procedura penale, «nella parte in cui non prevede che, contestata nel corso del giudizio dibattimentale una circostanza aggravante fondata su elementi gia' risultanti dagli atti di indagine, l'imputato abbia facolta' di richiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova [ai] sensi degli artt. 168 bis c.p. e 464 bis e ss. c.p.p. relativamente al reato oggetto della nuova contestazione». Il Tribunale rimettente riferisce che il Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale aveva emesso nei confronti dell'imputato un decreto penale di condanna «in data 12/13.2.2014» per il «reato p. e p. dall'art. 186 comma 2 lettera b) e comma 2-sexies del Codice della Strada, perche' guidava alle ore 03.30 circa del giorno 01.05.2013 l'autovettura [...] in stato di ebbrezza alcolica», e che contro tale decreto, il 18 marzo 2014, era stata proposta opposizione con la richiesta dell'applicazione della pena, ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., nella misura di quattordici giorni di arresto e 600,00 euro di ammenda, da sostituirsi con quella del lavoro di pubblica utilita', ai sensi dell'art. 186, comma 9-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada). Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Salerno aveva rigettato la richiesta di applicazione della pena perche' dall'esame degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero era emerso che l'imputato aveva provocato un incidente stradale con feriti, con la conseguente configurabilita' dell'aggravante dell'art. 186, comma 2-bis, d.lgs. n. 285 del 1992, ostativa all'applicazione della sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilita'. Nell'udienza camerale del 20 novembre 2014, fissata «per la delibazione dell'istanza di patteggiamento», il difensore dell'imputato, munito di procura speciale, aveva presentato una richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova, ai sensi dell'art. 168-bis del codice penale, ma il Giudice per le indagini preliminari, dopo la pronuncia di rigetto della richiesta di patteggiamento, aveva rimesso ogni ulteriore determinazione sulla nuova richiesta al «primo giudice (quello che aveva emesso il decreto penale)», il quale, a sua volta, aveva dichiarato «non luogo a provvedere» e rimesso la decisione al giudice del dibattimento, emettendo il decreto di giudizio immediato. Nell'udienza dibattimentale del 28 ottobre 2015, dopo la costituzione delle parti, il difensore dell'imputato, assente ai sensi dell'art. 420-bis cod. proc. pen., aveva nuovamente chiesto la sospensione del procedimento con messa alla prova e il giudice a quo, preso atto del parere favorevole del pubblico ministero, si era riservato di decidere, disponendo, nell'udienza del 19 novembre 2015, l'acquisizione di ulteriore documentazione per «completare il quadro informativo necessario alla delibazione della questione». Nell'udienza del 25 novembre 2015, il pubblico ministero aveva contestato all'imputato assente l'aggravante prevista dall'art. 186, comma 2-bis, d.lgs. n. 285 del 1992 e il difensore aveva reiterato la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova. In un'udienza successiva, fissata per la decisione su tale richiesta, il Tribunale ha sollevato le questioni di legittimita' costituzionale sopra indicate. Il giudice a quo ha ricordato che, a norma dell'art. 464-bis, comma 2, cod. proc. pen., nel procedimento per decreto la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova deve essere presentata con l'atto di opposizione e che nella specie cio' non era avvenuto perche' l'opposizione era stata anteriore all'emanazione della legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili), che aveva introdotto il nuovo istituto. Poi nel dibattimento, tardivamente, perche' gia' risultava dagli atti delle indagini, era stata contestata all'imputato, a norma dell'art. 517 cod. proc. pen., la circostanza aggravante prevista dall'art. 186, comma 2-bis, d.lgs. n. 285 del 1992, e, secondo il giudice a quo, la nuova contestazione avrebbe dovuto consentire all'imputato di chiedere la messa alla prova, cosi' come gli consentiva di chiedere il patteggiamento e il giudizio abbreviato. Ad avviso del Tribunale rimettente, l'art. 517 cod. proc. pen., prevedendo «la contestazione della circostanza aggravante c.d. tardiva», senza dare all'imputato la possibilita' di chiedere la messa alla prova, contrasterebbe con gli artt. 3 e 24 Cost., e le relative questioni di legittimita' costituzionale sarebbero rilevanti, dato che non sussisterebbero ragioni per negare la messa alla prova. La stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 240 del 2015, avrebbe rilevato che il nuovo istituto ha effetti sostanziali ma e' connotato da un'intrinseca dimensione processuale, in quanto consiste in un nuovo procedimento speciale, alternativo al giudizio e destinato ad avere un rilevante effetto deflattivo. In considerazione dei suoi effetti premiali, la possibilita' di accedere a tale procedimento costituirebbe un'estrinsecazione del diritto di difesa garantito dall'art. 24, secondo comma, Cost. Il Tribunale rimettente ricorda che, con la sentenza n. 184 del 2014, la Corte costituzionale ha gia' riconosciuto all'imputato il diritto di chiedere il procedimento speciale previsto dagli artt. 444 e seguenti cod. proc. pen. nel caso in cui il pubblico ministero opera una modificazione dell'imputazione contestando una circostanza aggravante gia' risultante dagli atti di indagine, e ha ritenuto che l'opzione per un rito di carattere premiale costituisce una declinazione del diritto di difesa. Dopo aver richiamato altre pronunce di questa Corte relative agli artt. 516 e 517 cod. proc. pen., il giudice a quo ha osservato che con...

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