n. 130 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 maggio 2016 -

IL TRIBUNALE DI GENOVA Prima Sezione Composto dai magistrati: dott. Luigi Costanzo, Presidente;

dott. Lorenza Calcagno, giudice;

dott. Ada Lucca, giudice relatore, ha pronunciato la presente Ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale nella causa sopra indicata, promossa con ricorso depositato da Manetti Massimo nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri per la responsabilita' civile di alcuni magistrati del Tribunale di Firenze e della Corte di Appello di Firenze. Con ricorso depositato in data 2 aprile 2015, Massimo Manetti si doleva del fatto che, con la sentenza del 7 gennaio 2010, il Tribunale di Firenze avesse dichiarato fallita la FLAM SAS e contestualmente esteso il fallimento anche a lui, quale socio illimitatamente responsabile. Riguardo a tale declaratoria, riteneva il ricorrente che non gli fosse stato dato valido avviso dell'udienza a seguito della quale la stessa era stata pronunciata: in particolare, i giudici di primo grado avrebbero errato in fatto, affermando che dal 30 gennaio 2009 (data di spedizione della notifica ex art. 140 c.p.c.) al 7 gennaio 2010 fossero decorsi sette giorni liberi. Inoltre, una volta proposto reclamo, i giudici di secondo grado presso la Corte di appello di Firenze avrebbero errato a loro volta, in quanto - essendo intervenuta dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 140 c.p.c. - avrebbero dovuto ritenere la notifica perfezionata solo il 9 gennaio 2010 e quindi soltanto dopo che si era svolta l'udienza di primo grado (il giorno 7). Invece, la Corte di appello di Firenze aveva respinto il reclamo, facendo erronea applicazione della normativa fallimentare previgente ed affermando che fosse facoltativa la notifica dell'avviso. Il ricorso in cassazione di Manetti era stato accolto con sentenza del maggio 2013, che annullava la sentenza di fallimento e rimetteva al giudice di primo grado. Nel frattempo, nei 2011 era stata dichiarata la chiusura del fallimento per mancanza di attivo. Il ricorrente chiedeva allo Stato i danni derivati dall'estensione del fallimento, evidenziando la riduzione del proprio reddito e del proprio credito commerciale. L'Avvocatura dello Stato contestava le pretese del ricorrente sulla base di diverse considerazioni. Eccepiva la decadenza per tardivita', in quanto, trattandosi di fallimento chiuso nel 2011, sarebbe decorso il termine di decadenza previsto dalla legge n. 1988/117. Rilevava l'inammissibilita' per il mancato esperimento di tutti i mezzi di impugnazione, in quanto, dopo la cassazione con rinvio del provvedimento della Corte di appello di Firenze, il ricorrente non avrebbe riassunto il giudizio. Nel merito, quanto alle doglianze espresse nei confronti del Tribunale (che si era pronunciato prima della pronuncia della Corte costituzionale 10 gennaio 2010 che aveva dichiarato incostituzionale l'art. 140 c.p.c.), evidenziava che i sette giorni liberi previsti dal decreto fossero in realta' decorsi, poiche' si sarebbero dovuti conteggiare quali giorni intermedi anche quelli festivi;

inoltre, la pronuncia di secondo grado non avrebbe fatto erronea applicazione di una disciplina abrogata (come riteneva il ricorrente), ma aveva ritenuto, sulla base di presunzioni, che Manetti si fosse consapevolmente sottratto alla conoscenza della convocazione. Evidenziava, comunque, che le uniche doglianze del reclamo attenevano alla mancanza di insolvenza e quindi alla dichiarazione di fallimento della societa' (che non era stata annullata), mentre nel giudizio di responsabilita' civile dei magistrati il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare per quali motivi di merito gli stessi non avrebbero dovuto pronunciare l'estensione del fallimento al socio illimitatamente responsabile, essendo sul merito mancata una pronuncia definitiva. Alla prima udienza del 21 luglio 2015, su richiesta della parte ricorrente, veniva autorizzata la rinnovazione della notifica del ricorso. Alla successiva udienza del 13 ottobre 2015, l'attrice chiedeva un termine per esame delle difese dell'avvocatura;

il giudice istruttore rilevava la questione della mancanza della disciplina transitoria per quanto concerneva l'abrogazione del «filtro» e, su richiesta delle parti, concedeva un termine per memorie. Con ordinanza del 23 novembre 2015 (resa a seguito della successiva udienza del 16 novembre 2015), il G.I., ritenuta la non applicabilita' della abrogazione del cd. filtro di ammissibilita', rimetteva le parti dinanzi al collegio fissando l'udienza del 17 dicembre 2015. A questa udienza il Collegio sottoponeva all'attenzione dei difensori la sentenza della Suprema corte del 15 dicembre 2015, n. 25216, che si era pronunciata nel senso della immediata applicabilita' dell'abrogazione anche in relazione agli illeciti pregressi (in caso di domanda proposta dopo l'entrata in vigore della legge n. 18/2015), invitando le parti a prendere posizione in relazione alla questione di costituzionalita'. Alla successiva udienza del 3 marzo 2016 le parti si rimettevano circa la stessa questione e il collegio si riservava la presente decisione. Norma oggetto Trova applicazione in questo giudizio l'art. 3 comma 2 della legge 27 febbraio 2015, n. 18 che ha disposto l'abrogazione del filtro di costituzionalita' previsto dall'art. 5 della legge n. 117/1988. Esso prevedeva: Ammissibilita' della domanda 1. Il tribunale, sentite le parti, delibera in Camera di consiglio sull'ammissibilita' della domanda di cui all'art. 2. 2. A tale fine il giudice istruttore, alla prima udienza, rimette le parti dinanzi al collegio che e' tenuto a provvedere entro quaranta giorni dal provvedimento di rimessione del giudice istruttore. 3. La domanda e' inammissibile quando non sono rispettati i termini o i presupposti di cui agli articoli 2, 3 e 4 ovvero quando e' manifestamente infondata. 4. L'inammissibilita' e' dichiarata con decreto motivato, impugnabile con i modi e le forme di cui all'art. 739 del Codice di procedura civile, innanzi alla Corte d'appello che pronuncia anch'essa in Camera di consiglio con decreto motivato entro quaranta giorni dalla proposizione del reclamo. Contro il decreto di inammissibilita' della Corte d'appello puo' essere proposto ricorso per cassazione, che deve essere notificato all'altra parte entro trenta giorni dalla notificazione del decreto da effettuarsi senza indugio a cura della Cancelleria e comunque non oltre dieci giorni. Il ricorso e' depositato nella Cancelleria della stessa Corte d'appello nei successivi dieci giorni e l'altra parte deve costituirsi nei dieci giorni successivi depositando memoria e fascicolo presso la Cancelleria. La corte, dopo la costituzione delle parti o dopo la scadenza dei termini per il deposito, trasmette gli atti senza indugio e comunque non oltre dieci giorni alla Corte di cassazione che decide entro sessanta giorni dal ricevimento degli atti stessi. La Corte di cassazione, ove annulli il provvedimento di inammissibilita' della Corte d'appello, dichiara ammissibile la domanda. Scaduto il quarantesimo giorno la parte puo' presentare, rispettivamente al tribunale o alla Corte d'appello o, scaduto il sessantesimo giorno, alla Corte di cassazione, secondo le rispettive competenze, l'istanza di cui all'art. 3. 5. Il tribunale che dichiara ammissibile la domanda dispone la prosecuzione del processo. La Corte d'appello o la Corte di cassazione che in sede di impugnazione dichiarano ammissibile la domanda rimettono per la prosecuzione del processo gli atti ad altra sezione del tribunale e, ove questa non sia costituita, al tribunale che decide in composizione interamente diversa. Nell'eventuale giudizio di appello non possono far parte della corte i magistrati che abbiano fatto parte del collegio che ha pronunziato l'inammissibilita'. Se la domanda e' dichiarata ammissibile, il tribunale ordina la trasmissione di copia degli atti ai titolari dell'azione disciplinare;

per gli estranei che partecipano all'esercizio di funzioni giudiziarie la copia degli atti e' trasmessa agli organi ai quali compete l'eventuale sospensione o revoca della loro nomina. Rilevanza Premesso che (Sentenza Corte costituzionale 9 aprile 2014, n. 94) neppure le norme abrogatrici di precedenti disposizioni processuali sono sottratte al vaglio del giudice delle leggi, la norma che dispone l'abrogazione e' applicabile al caso di specie, atteso che il ricorso e' stato depositato in data 2 aprile 2015 e quindi dopo l'entrata in vigore della riforma di cui alla legge n. 18/2015. Questo collegio, infatti, ritiene di dover superare il proprio precedente orientamento interpretativo in tema di diritto transitorio secondo il quale l'abrogazione del filtro, oltre agli evidenti effetti processuali, avrebbe anche valenza di sostanziale modifica dello statuto delle guarentigie costituzionali del magistrato. Sulla base di tale interpretazione, in altri procedimenti nel corso del 2015 questo tribunale si e' pronunciato per la perdurante applicabilita' del filtro di ammissibilita' per tutti i casi in cui la domanda lamentasse un illecito commesso prima dell'entrata in vigore della riforma. In ossequio a questo orientamento, il Giudice istruttore con ordinanza del 23 novembre 2015 ha rimesso al collegio questa causa per la fase del filtro in quanto relativa ad illeciti del Tribunale fallimentare e della Corte d'appello di Firenze asseritamente commessi da giudici prima dell'entrata in vigore della riforma. La pronuncia della...

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