n. 13 SENTENZA 13 - 29 gennaio 2016 -

ha pronunciato la seguente SENTENZA nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 607, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilita' 2014) e dell'art. 106-bis del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia - Testo A), come introdotto dall'art. 1, comma 606, lettera b), della legge n. 147 del 2013, promossi dal Tribunale ordinario di Lecce con due ordinanze del 28 maggio 2014, rispettivamente iscritte al n. 258 del registro ordinanze 2014 e al n. 57 del registro ordinanze 2015 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4 e n. 16, prima serie speciale, dell'anno 2015. Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 13 gennaio 2016 il Giudice relatore Nicolo' Zanon. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza del 28 maggio 2014 (r.o. n. 258 del 2014) il Tribunale ordinario di Lecce, in composizione monocratica, ha sollevato - in riferimento agli artt. 3, 35 e 36 della Costituzione - questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 106-bis del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia - Testo A), introdotto con l'art. 1, comma 606, lettera b), della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilita' 2014), nonche' dell'art. 1, comma 607, della stessa legge n. 147 del 2013, quest'ultimo nella parte in cui dispone che la riduzione di un terzo degli importi dovuti al difensore, prescritta dalla prima delle norme censurate, si applichi anche nella liquidazione di onorari per prestazioni gia' interamente compiute prima della sua entrata in vigore. 1.1.- Il rimettente e' chiamato a valutare una domanda di liquidazione degli onorari professionali depositata dal difensore d'ufficio di un imputato, relativamente alla fase dibattimentale del giudizio di primo grado, con riguardo a prestazioni professionali risalenti al 2010. Il professionista ha documentato d'avere inutilmente esperito procedure esecutive nei confronti dell'assistito, di talche' il suo compenso dovrebbe essere liquidato a spese dell'Erario a norma dell'art. 116 del d.P.R. n. 115 del 2002. Il Tribunale, dopo aver ricostruito la successione di norme in materia di compensi professionali per gli avvocati, ritiene che nel caso di specie debbano essere applicate le tariffe regolate dal decreto del Ministro della giustizia 8 aprile 2004, n. 127 (Regolamento recante determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennita' spettanti agli avvocati per le prestazioni giudiziali, in materia civile, amministrativa, tributaria, penale e stragiudiziali), nonostante l'abrogazione disposta dall'art. 9, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivita'), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 24 marzo 2012, n. 27. E' vero - osserva il rimettente - che successive disposizioni regolamentari hanno stabilito l'applicabilita' dei relativi criteri di quantificazione a tutte le liquidazioni da effettuarsi dopo la rispettiva entrata in vigore: art. 41 del decreto del Ministro della giustizia 20 luglio 2012, n. 140 (Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolarmente vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27), e art. 28 del decreto del Ministro della giustizia 10 marzo 2014, n. 55 (Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi dell'articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247). Tali disposizioni tuttavia - sempre a parere del rimettente - confliggerebbero con l'art. 82 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove e' disposta l'applicazione delle tariffe professionali vigenti al momento della prestazione, e non potrebbero comunque trovare applicazione riguardo a prestazioni completamente esaurite, come nella specie, prima del mutamento della disciplina tariffaria. Cio' premesso, e previa diffusa considerazione dell'attivita' professionale da remunerare nel caso concreto, il Tribunale conclude che dovrebbe essere corrisposto al richiedente un onorario pari ad euro 381,00, al netto delle somme dovute in base a disposizioni tributarie e previdenziali, e di una ulteriore somma erogata a titolo di liquidazione forfettaria delle spese. 1.2.- Il giudice a quo afferma, a questo punto, che l'importo indicato dovrebbe essere ridotto di un terzo in applicazione dell'art. 106-bis del citato d.P.R. n. 115 del 2002. A differenza di quanto non sia per le norme regolamentari gia' citate, che potrebbero essere disapplicate o, piu' facilmente, interpretate in senso costituzionalmente orientato, il comma 607 dell'art. 1 della legge n. 147 del 2013 vincola l'interprete, secondo il rimettente, ad applicare la riduzione di un terzo per ogni liquidazione sopravvenuta, anche se relativa a prestazioni completamente esaurite in precedenza. Una disciplina siffatta violerebbe il principio di uguaglianza, discriminando senza ragione tra i soggetti che abbiano effettuato identiche prestazioni, ed abbiano presentato in pari data la relativa richiesta di compenso, a seconda che il loro onorario venga liquidato prima o dopo l'entrata in vigore della norma censurata. Secondo il Tribunale, la giurisprudenza costituzionale avrebbe ammesso la legittimita' di norme con effetti retroattivi sfavorevoli su diritti sostanziali, ma a condizione della loro ragionevolezza (sono citate le sentenze n. 92 del 2013, n. 166 del 2012 e n. 271 del 2011). Una qualita' che mancherebbe, sempre secondo il Tribunale, nella violazione dell'affidamento riposto dalla parte d'un rapporto a natura sostanzialmente negoziale (o comunque fondato su prestazioni corrispettive), che abbia completamente esaurito il compito demandatole, nella piena e corretta esecuzione della prestazione dovuta dall'altra parte. Cio' varrebbe anche per incarichi di natura officiosa, che del resto trovano un presupposto imprescindibile nella libera determinazione del professionista incaricato, espressa almeno con la volontaria iscrizione negli elenchi dei difensori di ufficio o di quelli disponibili per il patrocinio a spese dell'Erario. Andrebbe considerato, nel contempo, che la modifica dei termini "negoziali" (cioe' del vantaggio valutato dal professionista nel momento della propria prestazione) e' stata deliberata proprio dalla parte non ancora adempiente. Il rimettente non nega che singole prestazioni possano essere richieste ai cittadini in adempimento dei doveri di solidarieta' sociale evocati dall'art. 2 Cost., e secondo la riserva di legge evocata dall'art. 23 Cost. Esisterebbero tuttavia limiti di ragionevolezza nell'individuazione delle prestazioni esigibili in nome dell'interesse comune: cio' che sarebbe dimostrato dallo stesso art. 2 Cost. (dignita' umana e liberta' dallo sfruttamento), dall'art. 36 Cost. (cui si connette anche il riconoscimento del diritto al tempo libero), dall'art. 42 Cost. (la proprieta' espropriata impone un equo indennizzo), dall'art. 53 Cost. (la prestazione tributaria deve essere proporzionale). Dunque, il dovere di prestare l'ufficio non potrebbe diventare fonte di irragionevole lesione del diritto all'uguaglianza e di altri diritti fondamentali. Sempre esaminando l'evoluzione dei parametri normativi pertinenti alla retribuzione dei difensori nel processo penale, il giudice a quo afferma che il sistema - considerate anche le esigenze della finanza pubblica e la natura pubblicistica dell'incarico assolto con la difesa d'ufficio od a favore del non abbiente - avrebbe mantenuto un equilibrio accettabile anche dopo l'introduzione dell'art. 106-bis del d.P.R. n. 115 del 2002, posto che il d.m. n. 55 del 2014 ha sensibilmente elevato il livello degli emolumenti previsti per gli avvocati. Lo stesso equilibrio sarebbe rotto, pero', quando la diminuzione prescritta nel 2013 venga ad essere applicata su compensi liquidati secondo disposizioni tariffarie antecedenti al citato decreto ministeriale, cosi' da violare l'affidamento riposto in un serio ristoro per l'impegno prestato. 1.3.- Secondo il Tribunale ordinario di Lecce, la disciplina censurata, creando una «classe di operatori economici» assoggettati ad un sistematico sfruttamento - posto in essere per di piu' da quello Stato che dovrebbe assicurare invece una generalizzata tutela dei diritti del lavoro - implicherebbe altresi' una violazione dell'art. 35 Cost. A parere del rimettente, se i...

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