Ordinamento multilivello, diritto amministrativo, ruolo del Giudice amministrativo

AutoreEugenio Picozza
Pagine67-83

@1. Ordinamento multilivello

La nozione di ordinamento giuridico multilivello sembra allo stato attuale dell’ esperienza giuridica mondiale dimostrarsi molto più valida ed effettiva di quella di ordinamento giuridico globale: sia dal punto di vista della teoria generale del diritto che da quello della sociologia giuridica.

Si è tentato soprattutto nella dottrina italiana, a partire dagli anni ’90 dello scorso secolo, di dare appunto una risposta dogmatica con la provvisoria costruzione proprio di un ordinamento giuridico globale.1

Tale locuzione mi ricorda la sagace definizione di m.S. Giannini a proposito dello Stato sociale (“una nozione inutile“)2, in quanto anche se è di grande interesse per la sociologia del diritto, non sembra utilizzabile da un punto di vista strettamente teorico e dogmatico perché pone termini di comparazione non omogenei (infatti l’ordinamento giuridico classico non aveva tra i soggetti istituzionali figure soggettive quali gli operatori economici privati e le organizzazioni non governative).3

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Come è noto, il razionalismo cartesiano pose le basi per la costruzione del concetto di sistema giuridico la cui evoluzione moderna è splendidamente ricostruita nei tre volumi di mario G. Losano4.

Il positivismo giuridico sull’orma dei presupposti sociologici di Comte e filosofici di Dilthey tentò quindi di sviluppare il diritto come un sistema chiuso e perfettamente autosufficiente. Come è noto tale indirizzo di pensiero influenzò notevolmente la produzione scientifica di Vittorio Emanuele orlando e il famoso saggio sul metodo nello studio del diritto pubblico.

Contemporaneamente si diffusero gli studi sul concetto di “ordinamento” influenzati dalla c.d. teologia politica come dimostrato in modo direi definitivo, dai saggi di Carl Schmitt.5Tale indirizzo ha largamente influenzato il settore della c.d. dogmatica giuridica, i cui concetti almeno dal punto di vista metodologico sono largamente influenzati dal metodo “teologico”6: non altrettanto si può dire per gli studi di ordine sistematico, in cui è maggiore l’influenza del pensiero scientifico evoluzionista.7

Quindi per uno dei paradossi frequenti nella storia del pensiero giuridico occidentale, proprio mentre l’occidente si dibatteva tra gli orrori della prima e seconda guerra mondiale, la dottrina dello Stato costruiva il suo tempio, destinato a diventare, a tutti gli effetti, appena dopo qualche decennio, il suo mausoleo funebre. Quasi tutti i tentativi contemporanei di mutare di direzione (il realismo, il decostruzionismo, l’analisi economica del diritto) hanno spinto la filosofia del diritto verso il c.d. nichilismo giuridico (Vattimo, irti)8soluzione assolutamente non idonea a risolvere i problemi della trasformazione dello Stato, ed invece idonei a ridurre il diritto a mero mezzo di comunicazione ed imputazione delle scelte economiche (come già intuito più di un secolo fa da Benedetto Croce).9

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Tuttavia il concetto di ordinamento giuridico è entrato in crisi prima del concetto di sistema (giuridico): esso, sulla scorta dei postulati della dottrina dello Stato, presupponeva l’esistenza di un ordinamento giuridico generale che nella maggioranza dei pensatori (Hauriou, Santi romano e lo stesso Schmitt)10era comunque riferito all’immagine dello Stato.

Vi è invero la felice eccezione di Hans Kelsen che soprattutto nella Teoria genera-le del diritto e dello Stato aveva posto come ordinamento originario quello internazionale (anticipando di più di mezzo secolo le conquiste della giurisprudenza costituzionale e amministrativa anche italiana): ma come hanno osservato gli studiosi del totalitarismo (Franz Neumann, Hanna Arendt, Simona Forti e più recentemente Traverso)11anche la dottrina pura del diritto non era esente da tale vizio di origine, soprattutto in quanto portatrice di un concetto di sovranità e di autorità pubblica destinato a dissolversi.

Le scoperte della teoria dei sistemi (Von Bertalanffy12e soprattutto Herbert Simon13e Niklas Luhmann14) hanno privato il sistema giuridico di un principio eliocentrico, mettendo in gioco il problema della complessità, e le relazioni energetiche tra ordinamenti (Gianfranco miglio)15e quindi postulando l’esistenza di sistemi complessi destinati ad una obbligatoria interazione, pena la loro progressiva estinzione.

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Il nesso di interdipendenza tra sistema politico, economico, sociale e giuridico ha portato ad una svalutazione del ruolo e del potere effettivo dello Stato Nazionale.

Come sapientemente descritto in un recente libro di Chevallier16i soggetti e le regole che hanno influito su tale processo di trasformazione sono costituiti soprattutto, anche se non esclusivamente, dal mercato e dalla concorrenza, e quindi dal ruolo degli operatori economici soprattutto multinazionali (ruolo intuito e sviluppato in italia sul versante giuspublicistico soprattutto da Giuseppe Guarino17); dalle oNG (organizzazioni Non Governative intese in senso lato, soprattutto le associazioni di tutela degli interessi collettivi e diffusi), dal circuito di reti transnazionali18.

A livello istituzionale poi lo Stato-nazionale è stato “inglobato” (formula forse inconsapevolmente ironica dell’Autore rispetto al c.d. ordinamento giuridico o Stato globale) dai fenomeni della integrazione regionale o addirittura del federalismo da un lato; e dalla integrazione sovranazionale dall’altro.

Allo stato attuale, in conclusione, il concetto di ordinamento giuridico regge secondo il parametro kelseniano della effettività o “efficacia” e, fino ad un certo punto, al massimo se adoperato nella corrente formula di ordinamento giuridico “multilivello” come appare codificato nelle recenti sentenze della Corte Costituzionale ita-liana 348 e 349 del 2007. infatti la grande differenza esistente tra le concezioni classiche dell’ordinamento giuridico e l’attuale concezione multilivello, risiede proprio nella trasformazione del concetto di “rapporto”. Esso sulla scorta della scuola storica del diritto era stato prevalentemente pensato e analizzato in termini antropomorfici, come relazione interindividuale, sia di sopraordinazione che di equiordinazione. invece, anche a causa dello sviluppo del parallelo concetto di “sistema giuridico”, attualmente alla base dell’ordinamento giuridico, è subentrata la nozione di “rete di rapporti” sia in senso verticale che orizzontale. Questo è il tributo che bisogna pagare alla complessità giuridica19. Altrimenti bisogna quantomeno rifarsi alle concezioni di ordinamento giuridico degli studiosi dell’età intermedia20. ma le com-Page 71 parazioni di largo periodo appartengono alla scienza della storia del diritto, non agli studiosi del diritto attuale e vivente.21

L’esistenza di un ordinamento giuridico multilivello è stata dimostrata dalla migliore dottrina costituzionalistica22 e del diritto pubblico generale23.

Come ha illustrato la giurisprudenza anche recente della Corte Costituzionale, vi sono infatti relazioni sia di tipo verticale (con il diritto internazionale e soprattutto con quello comunitario) sia di tipo orizzontale (con gli ordinamenti sportivi, professionali, imprenditoriali, con il diritto delle organizzazioni Non Governative).

Questa evoluzione del diritto sembra avere definitivamente messo in crisi la allora illuminante tesi di S. romano sull’ordinamento giuridico e sulla esistenza di una pluralità di ordinamenti giuridici. Essa infatti, sulla scorta degli esiti definiti della dottrina dello Stato, riteneva quale unico ordinamento originario a fini generali lo Stato nazionale: tutti gli altri ordinamenti erano studiati nelle relazioni di rilevanza o di vera e propria efficacia con lo Stato. Posta in crisi e comunque svalutata la dottrina della Sovranità Statale, che era progressivamente emersa fin dal Trattato di Westfalia del 1648, è indubbiamente rimasta in essere la tesi della pluralità degli ordinamenti giuridici (di cui è espressione incontestata il pluralismo qualitativo e quantitativo delle fonti del diritto), ma non la centralità dell’ordinamento giuridico dello Stato nazionale, almeno a livello della Unione Europea di cui l’italia fa parte quale paese fondatore delle comunità.

Più contestata è stata l’adesione alla dottrina del c.d. costituzionalismo multilivello24. in particolare da parte di una autorevole dottrina sono svolte numerose osservazioni.

Detta critica svolge accurate riflessioni25, ma a mio avviso è a sua volta criticabile dal punto di vista metodologico, in quanto non distingue tra le analisi di micro periodo e di macro periodo.

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La storia delle scienze naturali e umane dimostra infatti che le scoperte determinanti per il cambiamento dell’apparato concettuale, tengono conto fino ad un certo punto delle convenzioni e delle regole dell’epoca in cui vivono.

Ad esempio, continuare ad utilizzare l’argomento del deficit di legittimazione democratica, quando, non solo in italia, la democrazia è soprattutto “mediatica”, significa rifugiarsi nel formalismo insito in ogni forma di conservatorismo.

Sotto questo profilo, con qualche orgoglio, posso affermare che la dottrina amministrativistica ha colto l’emergere delle novità molto di più e prima di quella costituzionalistica.

Ciò è dovuto (soprattutto per chi, come il sottoscritto, ha sempre svolto anche l’attività di avvocato) allo spirito laico e a volte addirittura partigiano con il quale sono stati affrontati i problemi quotidiani posti dalla clientela, e quindi dall’assenza di eidola anche se costituiti dalla stessa Costituzione statale.

In conclusione, su questo punto l’ordinamento giuridico multilivello è ormai una realtà con cui, soprattutto i giudici, debbono misurarsi: ne ho avuto recente e creativa esperienza proprio in alcune ordinanze del Tar Puglia di rimessione alla Corte Costituzionale, le quali nel contempo hanno rifiutato di disapplicare la normativa regionale in materia di fonti rinnovabili di energia, per preteso contrasto con il diritto comunitario26.

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