Morte del condomino e pagamento delle quote condominiali

AutoreGiovanni La Rocca
Pagine419-422

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@1. L'apertura della successione

Al momento della morte di un condomino si apre la successione (art. 456 c.c.) con il conseguente trasferimento all'erede del diritto di proprietà della quota dell'edificio condominiale e, in relazione alle norme che la disciplinano, diverse sono le ipotesi che si possono realizzare.

In ordine alla successione, la legge prevede due diverse ipotesi e cioè la successione testamentaria per il caso in cui il defunto ha designato il suo successore, che risulta disciplinata dagli articoli da 587 a 625 del codice civile e quella legittima per il caso in cui il defunto non ha fatto la designazione di cui sopra, disciplinata dagli articoli 565 a 585.

La successione testamentaria, come è noto, può avere per oggetto tutti i beni del defunto e si definisce universale o soltanto alcuni dei beni, e si definisce particolare, mentre quella legittima ha per oggetto tutti i beni del defunto.

Un caso particolare di successione è quella dello Stato, al quale l'eredità è devoluta quando manchino sia eredi testamentari che eredi legittimi della persona defunta, ed è disciplinato dall'art. 586.

In relazione alle varie ipotesi si presentano, in pratica, diverse situazioni con diversità naturalmente, dei soggetti a cui viene trasferita l'obbligazione del pagamento delle quote condominiali a seguito della morte del condomino.

Occorre, in proposito, precisare che la presente trattazione riguarda le quote relative al periodo antecedente alla morte del condomino e che rientrano tra i debiti ereditari, mentre ne restano escluse quelle successive in quanto a carico dell'erede o di colui che risulta titolare del diritto di godimento dell'immobile.

Alla trattazione dell'argomento è necessario, però, far precedere l'accertamento della natura dell'obbligazione per il pagamento delle quote delle spese e il momento in cui l'obbligazione stessa sorge.

L'obbligo, per ciascun condomino, di contribuire alle spese necessarie per la conservazione e il godimento della cosa comune, previsto dall'art. 1123 del codice civile, costituisce obbligazione propter rem, al cui adempimento è obbligato chiunque divenga partecipante alla comunione per successione al precedente proprietario (Cass. 9 luglio 1964, n. 1814). Infatti, la persona del debitore è individuata non già in relazione al suoi connotati fisici, ma in quanto titolare del diritto di proprietà della quota dell'edificio condominiale.

Il debito di che trattasi rientra tra i debiti ereditari, e allo stesso è applicabile la disposizione dell'art. 753 c.c., secondo la quale il debito stesso, in mancanza di specifiche clausole derogative, deve essere ripartito tra tutti gli eredi del condomino deceduto (Trib. Sanremo, 8 maggio 1992).

In ordine al momento in cui sorge l'obbligazione, è stato ritenuto che l'obbligo del condomino di pagare al condominio i contributi per spese ordinarie e di manutenzione delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni, deriva dalla gestione stessa dell'amministrazione e, quindi, preesiste all'approvazione, da parte dell'assemblea dello stato di ripartizione, il quale non ha valore costitutivo, bensì soltanto dichiarativo del relativo credito del condominio, in rapporto alla quota di contribuzione dovuta dal singolo partecipante alla comunione (Cass. 26 aprile 1956, n. 170) le successive 4 dicembre 1963, n. 3081, e 18 gennaio 1973, n. 184).

Le più comuni difficoltà che si incontrano nella pratica attuazione del principio come sopra enunciato riguardano:

  1. la individuazione della persona che è divenuta titolare del diritto di proprietà del bene già appartenuto al defunto;

b)l'accertamento degli adempimenti che sono a carico dell'amministratore per l'azione di recupero delle spese in esame.

@2. L'individuazione del nuovo condomino

In ordine alla individuazione del nuovo condomino, i soggetti interessati sono la persona che succede al condomino defunto e l'amministratore, nell'ambito dei rispettivi diritti e doveri.

Il primo, infatti, ha interesse a portare a conoscenza dell'amministratore la circostanza da cui deriva il trasferimento della proprietà sulla quota dell'edificio condominiale, per poterne esercitare i corrispondenti diritti (tra cui quello di partecipare alle assemblee) mentre il secondo è ugualmente interessato a conoscere l'identità del nuovo condomino in riferimento all'esercizio delle sue funzioni.

Ma quale dei due è chiamato in pratica a svolgere l'attività necessaria al fine di cui sopra?

Nel complesso di norme che disciplinano la materia condominiale non risulta alcuna specifica disposizione che disciplini il caso in esame.

La Corte di cassazione, con sentenza 4 luglio 1964, n. 1750, dato atto della carenza legislativa, ha affermato che comunque sembra che come minima esigenza occorra una qualche iniziativa di colui che subentra al condomino deceduto per rendere noto all'amministratore del condominio il mutamento della titolarità del diritto in esame.

Il principio è stato affermato in ordine a fattispecie relativa a vendita con atto tra vivi, ma non vi è dubbio che può essere applicato anche alla ipotesi di successione per la morte del condomino.

L'orientamento della Corte è stato, poi, confermato con la decisione n. 2484 del 20 luglio 1972.

Più specificamente, anche se sempre relativamente al caso di trasferimento del diritto di proprietà per atto tra...

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