Merito

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Arch. giur. circ. e sin. strad. 4/2013
Merito
CORTE DI APPELLO PENALE DI ANCONA
4 FEBBRAIO 2013, N. 435
PRES. FANULI – EST. CAMPLI – IMP. POPA
Guida in stato di ebbrezza y Tasso alcolemico
superiore a 0,8 y Interpretazione giuridico matema-
tica y Irrilevanza dei centesimi y Superamento della
soglia della illicietà penale solo nel caso di tasso
alcolemico pari a 0,9 g/l.
. Il fatto che il legislatore, nella quantif‌icazione del tasso
alcolemico ai f‌ini del discrimine tra le ipotesi di illecito
amministrativo (art. 186, comma 2, lett. a, c.s.) e quelle
di illecito penale (lett. b e c della medesima disposizio-
ne) non utilizzi il secondo decimale sta a signif‌icare, in
termini matematici, che lo stesso ha impiegato un’unità
decimale di primo ordine (ovvero: “primo decimale”).
In tal caso la successione numerica prosegue da decimo
a decimo ed il primo numero rilevante della sequenza
successiva a 0,8 è 0,9. Ne consegue che il tenore lette-
rale della disposizione incriminatrice e la possibilità
di interpretazioni in malam partem inducono alla con-
clusione che un tasso alcolemico di 0,89 g/l - non avendo
il legislatore impiegato un’unità decimale di secondo or-
dine - non possa ritenersi superiore a 0,8 g/l e, pertanto,
non integri l’illecito penale di cui alla ricordata lett. b),
ma il mero illecito amministrativo di cui alla lett. a) del
medesimo art. 186. (nuovo c.s., art. 186) (1)
(1) Sentenza che si pone in contrasto con l’indirizzo espresso da
Cass. pen., sez. IV, 18 agosto 2010, F.A., in questa Rivista 2010, 766,
secondo cui, ai f‌ini del superamento delle soglie di punibilità stabilite
dall’art. 186, comma 2, lett. a), b) e c) c.s., assumono rilievo anche i
valori centesimali. Si veda, inoltre, Cass. pen., sez. IV, 4 gennaio 2011,
P.M. in proc. D’Odorico, ivi 2011, 281, che sostiene, ma in relazione
all’ipotesi di cui all’186, comma 2, lett. c), c.s., la misurabilità in
centesimi di grammo del tasso alcolemico.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Va, preliminarmente, osservato che la norma incrimi-
natrice di cui all’imputazione (art. 186, comma secondo,
c.d.s.) non impiega il secondo decimale; ciò vuol signif‌ica-
re, in termini matematici, che l’unità è stata divisa unica-
mente in dieci punti impiegando quella che è def‌inita uni-
tà decimale di primo ordine (ovvero “primo decimale”).
In tal caso la successione numerica prosegue da decimo
e decimo ed il primo numero rilevante della sequenza
successiva a “0,8” è “0,9”. Solo ove il legislatore avesse
inteso impiegare una unità decimale di secondo ordine
(centesimo ovvero “secondo decimale”), sarebbe stato
lecito ritenere il primo numero da considerare successivo
a “0,8” (da scriversi, però, “0,80”) come “0,81”.
Ma, a parte la necessità dell’interprete di considerare
la norma incriminatrice innanzitutto secondo il suo teno-
re letterale, è anche certo, in matematica, come non sia
attribuito, di regola, alcun valore allo “zero” interposto al
numero intero (salvo in alcuni sistemi di misura come in
quello delle ore “digitali”) e come siano ininf‌luenti ovvero
non signif‌icativi e possano essere, quindi, tralasciati gli
“zero” che seguono l’ultima cifra decimale, sempreché sia-
si stabilito a monte di non impiegare unità decimali di or-
dine ulteriore, poiché, in tal caso, lo “zero”, che nei sistemi
decimali originari (abaco) aveva il ruolo di “segnaposto”,
assume un ruolo rilevante nei sistemi cc.dd. posizionali,
quale l’attuale sistema decimale utilizzato in Italia, per-
ché occupa le posizioni prive di unità di un certo ordine.
Ancora una volta, però, dovendo dare stretta applicazio-
ne alla lettera della legge penale, non può che rilevarsi
come il mancato utilizzo dello “zero” (nella posizione del
secondo decimale) deve necessariamente interpretarsi
- per non incorrere in violazioni del principio di legalità
per interpretazione in malam partem - come irrilevanza
del secondo decimale nel senso che rilevano penalmente
solo le misurazioni superiori a “0,8” ed oltre, vale a dire
da “0,9” in su. Questa si ritiene, a giudizio della Corte, la
migliore, appunto perché più garantista, interpretazione
da dare alla norma in esame, dissentendo, per quanto que-
sta soluzione possa apparire con quella contrastante, da
quanto riconosciuto da Cassazione, Sez. IV n. 32055/2010
- e da alcune altre successive conformi che la motivazione
della prima richiamano - invero errando laddove (esami-
nando un caso di guida in stato di ebbrezza rubricato come
lett. c) dell’art. 186, secondo comma c.d.s.) si ritengono
equivalenti i termini “superiore a 1,5 g/l” e “superiore a
1,6 g/l” (ragionando all’inf‌inito in detti termini, la soglia
di punibilità non verrebbe mai superata ovvero risultereb-
be indeterminata); inoltre improprio appare il richiamo
alla precisione raggiunta dagli strumenti di misurazione
dell’alcolemia che, in quanto nota al legislatore (come si
legge nella sent. n. 32055/10), avrebbe dovuto condurre
alla interpretazione nel senso di escludere per espressa
opzione normativa ogni valenza del secondo decimale e
non già a ritenere superf‌lua la specif‌icazione (come si so-
stiene nella sentenza citata), apparendo davvero illogico
che, nel momento in cui si prende atto della disponibilità
di più precisi mezzi di misurazione, se ne renda di fatto
superf‌luo l’utilizzo, non dando rilevanza alla più precisa
scala di misura che lo strumento tecnico consente.

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