Merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine1017-1030

Page 1017

@TRIBUNALE PENALE DI PISA 26 ottobre 2010. Est. D’Auria – Imp. Papeschi

Responsabilità da sinistri stradaliNesso di causalitàAccertata violazione di norme sulla cir-colazione stradaleViolazione degli artt. 140 e 145 c.s.Presunzione dell’esistenza del nesso causale tra condotta ed eventoEsclusioneFattispecie in tema di morte di motociclista.

In tema di morte di motociclista in seguito a sinistro stradale, l’accertata violazione, da parte di uno dei conducenti dei veicoli coinvolti, di una specifica norma di legge dettata per la disciplina della circolazione stradale non può di per sé far presumere l’esistenza del nesso causale tra il comportamento del trasgressore e l’evento dannoso, che occorre sempre provare e che si deve escludere quando la violazione della regola cautelare (nella fattispecie in tema di precedenza) è stata semplicemente l’occasione del sinistro che va addebitato esclusivamente alla condotta del conducente danneggiato. (Nella fattispecie il conducente che aveva omesso di dare la precedenza è stato assolto dall’imputazione di omicidio colposo) (nuovo c.s., art. 140; nuovo c.s., art. 145; c.p., art. 589) (1)

(1) Nello stesso senso per quanto riguarda la prima parte della massima de qua, v. Cass. pen., sez. IV, 31 ottobre 2008, P.G. in proc. Spoldi, in questa Rivista 2009, 306; Cass. pen., sez. IV, 30 settembre 2008, Penasa, ivi 2009, 221 e Cass. pen., sez. IV, 26 giugno 2007, Venticinque ed altri, ivi 2008, 39. Per quanto concerne, invece, la seconda parte, v. Cass. pen., sez. IV, 11 marzo 1998, Bruzzo, ivi 1998, 560 affermativa del principio secondo cui quando una situazione di pericolo sia di tale evidenza da poter essere superata agevolmente con l’uso di una diligenza normale, dell’evento dannoso che, ciò nonostante, ne sia derivato, non può ritenersi responsabile chi abbia posto in essere lo stato di pericolo, poiché questo costituisce solo l’occasione dell’incidente che, in effetti, va addebitato a chi non usi la normale diligenza.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con decreto del 10 maggio 2008 Papeschi Samuele veniva citato a giudizio innanzi a questo Giudice monocratico per rispondere del reato indicato in epigrafe.

All’udienza del 21 maggio 2010 è stata celebrata l’istruttoria dibattimentale con l’escussione dei testi Ciocoiu Mirala Violeta, Martini Francesco, Pieroni Antonio e Tuci Massimiliano, con l’esame dei consulenti tecnici Del Cesta Andrea e Mammini Roberto e con l’acquisizione della documentazione prodotta dalle parti; all’odierna udienza, all’esito della discussione, sono state rassegnate le conclusioni di cui al verbale.

Ritiene il Giudice che il Papeschi debba essere mandato assolto dall’imputazione ascrittagli (omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale) perché il fatto non sussiste. In particolare, gli si imputa di essersi immesso a bordo di un ciclomotore da una corte interna sulla via Tosco-Romagnola, occupandone la corsia di marcia con direzione da Cascina verso Pisa, così ostacolando la traiettoria a Simi Cristiano, che a bordo di un motociclo procedeva lungo la stessa strada e nella stessa direzione e che in conseguenza dell’ostacolo perdeva il controllo del mezzo, invadeva l’opposta corsia di marcia ed andava a collidere con un’autovettura che proveniva dalla direzione opposta, rimanendo ucciso in seguito all’urto.

Ed invero, dall’espletata istruttoria dibattimentale è emersa una diversa dinamica del sinistro, che porta ad affermare con tranquillizzante certezza l’insussistenza del nesso causale tra la condotta tenuta dall’imputato e l’evento morte verificatosi.

Prima di passare all’esame del caso concreto, ritiene il Tribunale sia necessario porre alcune fondamentali premesse in diritto, al fine di evitare il rischio di possibili sovrapposizioni, o meglio di commistioni, tra causalità e colpa, in quanto il profilo della colpa può venire in rilievo solo dopo l’accertamento del nesso condizionalistico tra condotta ed evento, essendo qualcosa di ulteriore rispetto al rapporto causale, nel senso che vi si giunge solo dopo aver verificato che l’evento è conseguenza della condotta posta in essere dall’agente.

In estrema sintesi, può dirsi che la differenza tra i parametri su cui si fonda l’accertamento del nesso di causalità e quelli su cui poggia l’accertamento della colpa debba essere individuata in ragione della prospettiva da cui ci si pone: il nesso di causalità va accertato con giudizio ex post rispetto alla verificazione dell’evento e ha una dimensione rigorosamente oggettiva, in quanto si fonda sul criterio della miglior scienza ed esperienza disponibili; la colpa, invece, va verificata sulla base di un giudizio ex ante e si fonda sul parametro del cosiddetto agente modello, che costituisce la misura (necessariamente “relativa”) della prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso.

In altri termini, l’accertata violazione, da parte di uno dei conducenti dei veicoli coinvolti, di una specifica norma di legge dettata per la disciplina della circolazione stradale non può di per sé far presumere l’esistenza del nesso causale tra il suo comportamento e l’evento dannoso, che occorre sempre provare e che si deve escluderePage 1018 quando sia dimostrato che l’incidente si sarebbe ugualmente verificato anche qualora la condotta antigiuridica non fosse stata posta in essere (cfr., ex plurimis, Cass., IV sez. pen., 18 settembre 2008, n. 40802, P.G. in proc. Spoldi; Cass., IV sez. pen., 7 luglio 2008, n. 37094, Penasa; Cass., IV sez. pen., 24 maggio 2007, n. 24898, Venticinque e altri); tale onere probatorio spetta alla pubblica accusa, con la conseguenza che non si può presumere la sua esistenza sulla base della semplice violazione della regola cautelare e, dunque, addossare sull’agente l’onere di provare l’insussistenza del legame tra la sua condotta e la realizzazione dell’evento dannoso.

Va, altresì, evidenziato che deve escludersi la sussistenza del nesso di causalità quando anche una condotta appropriata non avrebbe comunque evitato il verificarsi dell’evento, atteso che sarebbe del tutto irrazionale pretendere un comportamento comunque inidoneo ad evitare l’evento (c.d. prevenibilità in concreto dell’evento: affermare in tali casi la responsabilità per colpa significherebbe attribuire l’evento all’agente per il semplice versari in re illicita).

Peraltro, nell’ambito degli incidenti stradali, quando una situazione di pericolo sia di tale evidenza da poter essere superata agevolmente con uso di diligenza normale, del determinatosi evento dannoso non può ritenersi responsabile chi ponga in essere lo stato di pericolo, perché questo costituisce solo l’occasione dell’incidente che in effetti va addebitato a chi non usi la normale diligenza (cfr. Cass., IV sez. pen., 21 gennaio 1998, n. 3094, Bruzzo; Cass., IV sez. pen., 13 febbraio 1989, n. 5684, Melato).

Orbene, venendo al caso portato all’esame del Tribunale, l’istruttoria dibattimentale ha permesso di accertare che la violazione della regola cautelare in tema di precedenza da parte dell’odierno imputato è stata semplicemente l’occasione del sinistro da cui è conseguita la morte del Simi. Ed invero, la teste Ciocoiu ha riferito che, mentre si trovava alla guida della sua autovettura, percorrendo la Tosco-Romagnola in direzione da Pisa verso Cascina, vedeva il Papeschi che a bordo di un ciclomotore, uscendo da una corte, si portava al centro della carreggiata, all’altezza della linea di mezzeria, in direzione opposta alla sua; che dalla direzione opposta alla sua vedeva giungere a velocità sostenuta un motociclo; che il conducente di quest’ultimo - che ben avrebbe potuto proseguire la propria marcia senza alcuna deviazione della traiettoria, avendo tutta la propria corsia di marcia, dell’ampiezza di circa quattro metri e mezzo, libera (il Papeschi - si ribadisce - si trovava in prossimità della linea di mezzeria) - affiancava il ciclomotore a sinistra e lo colpiva con un calcio (cfr. verbale stenotipico dell’udienza del 21 maggio 2010, fol. 21); che, dunque, il Simi si veniva a trovare tra il ciclomotore e l’autovettura condotta dalla teste; che, perso l’equilibrio, impattava violentemente il veicolo della Ciocoiu, trovando la morte; che anche il Papeschi, in seguito all’impatto, rovinava al suolo.

La ricostruzione della dinamica del sinistro, come effettuata dalla teste oculare, trova conferma nelle risultanze della consulenza tecnica dello stesso P.M., acquisita al fascicolo del dibattimento, che da atto della compatibilità dello stato di quiete dei mezzi implicati nel sinistro, dei danni dagli stessi riportati e delle ricostruite traiettorie con quanto affermato dalla Ciocoiu. In particolare, va evidenziato che il ciclomotore dell’imputato non ha riportato alcun danno sul lato sinistro, dato questo che prova che non ci fu alcun impatto tra i due mezzi (circostanza confermata anche dal teste Tuci - cfr. verbale stenotipico dell’udienza del 21 maggio 2010, fol. 34); che graffiature sono presenti sul lato destro del ciclomotore e che le stesse sono compatibili con lo scivolamento sull’asfalto (circostanza confermata anche dal teste Tuci - cfr. verbale stenotipico dell’udienza del 21 maggio 2010, fol. 36); che il bauletto posteriore è danneggiato sulla parte superiore, dunque, è stato danneggiato quando il mezzo era già in terra (dichiarazioni del consulente del P. M. Del Cesta -cfr. verbale stenotipico dell’udienza del 21 maggio 2010, fol. 41).

Dalla consulenza tecnica emerge altresì che la sede stradale ha una larghezza di 9 m. e che dunque ogni corsia di marcia è di circa 4,5 m.; che la velocità tenuta dal Simi era di circa 55 km/h, quella dell’autovettura contro la quale impattò di circa 25 km/h, quella tenuta dal Papeschi di circa 16 km/h (dato quest’ultimo ricostruito tenuto conto che dal punto d’impatto a quello di quiete del ciclomotore intercorre una distanza di 7.2 m.); che il Simi si...

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