Massimario di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine79-89

    I testi dei documenti qui riprodotti sono desunti dagli Archivi del Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione. I titoli sono stati elaborati dalla redazione.


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@Appello penale - Cognizione del giudice d'appello - Benefici - Applicazione d'ufficio

In tema di sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi, il giudice di appello, non investito con i motivi di impugnazione della censura relativa alla mancata applicazione della pena sostitutiva, non può concedere d'ufficio la pena sostitutiva stessa, pur se richiesta dalla parte all'udienza dibattimentale di secondo grado. L'espressa previsione delle facoltà attribuite ex officio al giudice di appello sono tassativamente indicate dall'art. 597, quinto comma, c.p.p., per cui deve ritenersi preclusa un'applicazione estensiva od analogica della norma in questione ed un amplimento per via interpretativa dei poteri discrezionali del giudice di secondo grado. A favore dell'affermazione di tale principio depone la natura eccezionale della norma in esame, costituente deroga al principio generale dell'effetto devolutivo dell'appello stabilito dall'art. 597, primo comma, c.p.p., con conseguente sua inapplicabilità, ai sensi dell'art. 14 delle preleggi, al di fuori dei casi espressamente consentiti.

    Cass. pen., sez. V, 13 agosto 1998, n. 9391 (ud. 4 giugno 1998), P.G. in proc. Margiotta. (C.p.p., art. 597). [RV211446]


@Appello penale - Cognizione del giudice d'appello - Benefici - Non menzione della condanna

Il giudice di appello, nel condannare a seguito di impugnazione del pubblico ministero un imputato già assolto in primo grado, non è tenuto a motivare in ordine alla mancata concessione del beneficio della non menzione della condanna qualora, manchi una specifica istanza dell'interessato: invero un suddetto obbligo, a fronte di omesso esercizio di un potere discrezionale, sussiste solo in relazione a quanto dedotto e richiesto in sede di discussione.

    Cass. pen., sez. V, 13 agosto 1998, n. 9474 (ud. 1 luglio 1998), Romaniello. (C.p., art. 175; c.p.p., art. 597). [RV211450]


@Appello penale - Cognizione del giudice d'appello - Reformatio in peius - Applicazione della continuazione

Allorché l'imputato, al quale in primo grado sono state inflitte distinte condanne a pena sospesa, chieda l'applicazione della continuazione, il giudice di appello acquista il potere di rivalutare la personalità del medesimo sulla base del contestuale e globale esame dei distinti reati e può pertanto, pur riconoscendo la continuazione, revocare il beneficio già concesso, senza violare il divieto di reformatio in peius; ciò vale a maggior ragione quando la richiesta della continuazione riguarda reati per i quali il giudice di primo grado ha negato la sospensione condizionale della pena ed altri reati oggetto di condanna irrevocabile a pena sospesa.

    Cass. pen., sez. V, 7 luglio 1998, n. 8043 (ud. 3 giugno 1998), Nencioni M. (C.p.p., art. 597; c.p.p., art. 81). [RV211489]


@Appello penale - Cognizione del giudice d'appello - Reformatio in peius - Estensione del divieto alle statuizioni civili della sentenza

Non viola il divieto di reformatio in peius la sentenza di secondo grado che, in assenza di appello della parte civile in ordine alla mancata liquidazione da parte del primo giudice di una somma a titolo di provvisionale, riconosca il diritto della predetta parte, negato nella precedente fase. Ciò in quanto il divieto di cui all'art. 597 c.p.p. concerne esclusivamente le disposizioni a natura penale, ma non si estende alle statuizioni civili della sentenza.

    Cass. pen., sez. V, 7 luglio 1998, n. 7967 (ud. 8 maggio 1998), Calamita U. (C.p.p., art. 539; c.p.p., art. 597). [RV211540]


@Appello penale - Decisioni in camera di consiglio - Procedimento - Impedimento del difensore

Nel giudizio camerale di appello, una volta espletate le rituali comunicazioni e notifiche, per ragioni di speditezza e di concentrazione, connaturali alla natura del procedimento, non è prevista la partecipazione necessaria del pubblico ministero, del difensore e dell'imputato, con la conseguenza che l'eventuale impedimento del difensore non costituisce motivo di rinvio necessario sempre che non debba procedersi a rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale.

    Cass. pen., sez. V, 27 ottobre 1998, n. 11269 (ud. 17 febbraio 1998), Gulinello. (C.p.p., art. 127; c.p.p., art. 599). [RV211515]


@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Pena - Sospensione condizionale - Applicabilità in mancanza di accordo

Il presupposto pattizio della sentenza emessa a richiesta delle parti esime il giudice dal motivare le statuizioni, positive o negative, non concordate. La sospensione condizionale della pena può essere concessa, infatti, soltanto se faccia parte integrante dell'accordo o se la questione relativa sia devoluta, esplicitamente e specificamente, da entrambe le parti al potere discrezionale del giudice. Al di fuori di queste ipotesi, la mancata richiesta e la mancata devoluzione hanno significazione escludente, nel senso che, nel rispetto del principio dispositivo, la pronuncia del giudice non può travalicare i termini del patto.

    Cass. pen., sez. V, 5 ottobre 1998, n. 4121 (c.c. 23 giugno 1998), Pellino. (C.p.p., art. 444; c.p., art. 163). [RV211506]


@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Pena - Sospensione condizionale - Applicabilità in mancanza di accordo

La sospensione condizionale della pena può essere concessa, in forza del rapporto negoziale che legittima la sentenza di patteggiamento, soltanto se faccia parte integrante dell'accordo o se la questione relativa sia devoluta, esplicitamente e specificamente, da entrambe le parti al potere discrezionale del giudice. Al di fuori di queste ipotesi, la mancata richiesta e la mancata devoluzione hanno significazione escludente, nel senso che, nel rispetto del principio dispositivo, la pronuncia del giudice non può travalicare i termini del patto. Le questioni non dedotte dalle parti non possono essere affrontate ex officio, in quanto trovano una preliminare soluzione negativa e la necessaria sintesi nell'accordo che non le contempla.

    Cass. pen., sez. V, 5 ottobre 1998, n. 4124 (c.c. 23 giugno 1998), Foti. (C.p., art. 163; c.p.p., art. 444). [RV211508]


@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Sentenza - Conformità alla richiesta formulata dalla parte - Impugnazione

Nell'ipotesi di impugnazione di una decisione assunta in conformità alla richiesta formulata dalla parte, secondo lo schema procedimentale previsto dagli artt. 444 e seguenti c.p.p., l'esigenza di specificità del discorso giustificativo della ragione di impugnazione deve ritenersi più pregnante rispetto ad ipotesi di diversa conclusione del giudizio, dato che la censura sul provvedimento che abbia accolto la richiesta dell'impugnante deve impegnarsi a demolire, prima di tutto, proprio quanto richiesto dalla stessa parte; e ciò anche a scongiurare il pericolo di scarsa serietà e correttezza nella gestione del processo. (In motivazione, la S.C. ha affermato che ad essa non spetta il potere di ricostruire i possibili significati del motivo di ricorso non sufficientemente chiaro, sicché questo, per assolvere utilmente alla sua funzione limitativa dell'ambito dell'impugnazione, deve essere specifico).

    Cass. pen., sez. un., 3 novembre 1998, n. 11493 (ud. 24 giugno 1998), Verga. (C.p.p., art. 444). [RV211468]


@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Sentenza - Contumacia - Omessa dichiarazione

Il patteggiamento, in quanto negozio giuridico processuale, fondato su atti dispositivi personalissimi, postula la rinuncia delle parti a far valere eventuali nullità del procedimento, diverse da quelle assolute e insanabili e da quelle che inficiano il consenso prestato al rito alternativo. Ne consegue, che l'omessa dichiarazione formale della contumacia non è nullità assoluta e insanabile, ma a regime intermedio, che l'imputato non ha interesse a far valere, avendo aderito al patteggiamento.

    Cass. pen., sez. V, 5 ottobre 1998, n. 4129 (c.c. 23 giugno 1998), Cieri. (C.p.p., art. 444). [RV211510]


@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Sentenza - Errore materiale nell'indicazione della pena - Rettificabilità in cassazione

In tema di patteggiamento, allorché nell'accordo tra le parti sia contenuto un errore materiale nella deterinazione della pena concordata, non è consentito procedere, in sede di giudizio di legittimità, a rettificazione della sentenza ex art. 619, comma secondo, c.p.p., in quanto l'errore stesso, non essendo contenuto nella sentenza, incide solo sull'atto negoziale da questa recepito per la congruità delle sue conclusioni, e non per le valutazioni e i calcoli che ne stanno alla base. (Fattispecie, nella quale il ricorrente lamentava che, avendo egli raggiunto con il P.M. un accordo che prevedeva la penabase di un anno di reclusione, con riduzione di un terzo per attenuanti generiche e di un ulteriore terzo per il rito, la pena era stata determinata in mesiPage 80 cinque e giorni venti di reclusione, e non in mesi cinque e giorni dieci di reclusione).

    Cass. pen., sez. I, 16 settembre 1998, n. 3655 (c.c. 19 giugno 1998), Spalvieri. (C.p.p., art. 619). [RV211424]


@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Sentenza - Falsità di documenti - Dichiarazione

La specialità del rito previsto dall'art. 444 c.p.p. non impedisce la dichiarazione di falsità di atti e documenti, in quanto la decisione pronunciata a richiesta delle parti è equiparata, a tali effetti, ad una sentenza di condanna. Di conseguenza, indipendentemente dal riconoscimento della penale responsabilità e a prescindere dalla richiesta delle parti, il giudice deve, a norma dell'art. 537 c.p.p., dichiarare la falsità degli atti da lui accertata, stante l'esigenza di eliminare dalla circolazione documenti lesivi della fede pubblica. Unico obbligo del giudice, in tale ipotesi, è...

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