Massimario di legittimità

Autore01/01/2000
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I testi dei documenti qui riprodotti sono desunti dagli Archivi del Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione. I titoli sono stati elaborati dalla redazione.

@Appello civile - Poteri del collegio - Rimessione della causa al giudice di primo grado - Presupposti

Nel vigente sistema giusprocessualistico, ai sensi degli artt. 353 e 354 c.p.c., la regressione del giudizio dal secondo al primo grado è prevista e consentita solo eccezionalmente, in ipotesi tassativamente determinate. Pertanto, nel caso in cui la sentenza di primo grado abbia pronunciato su di una domanda, accogliendola sulla base di una determinata soluzione di una questione pregiudiziale o preliminare, di cui all'art. 279, comma secondo, n. 2, c.p.c., il giudice di appello, il quale, in riforma della decisione impugnata, risolva la questione cennata in senso opposto a quello da tale decisione risultante, non può rimettere le parti innanzi al primo giudice perché questo delibi la domanda sotto altri, sottordinati, profili, ma, a mente dell'art. 354, comma primo, c.p.c., deve trattenere la causa e deciderla senz'altro nel merito, con ciò intendendosi pienamente realizzata la garanzia del doppio grado di giudizio, essendo, per il relativo soddisfacimento, sufficiente che il primo giudice, benché in grado di esaminare le domande e le eccezioni in tutta la loro estensione, si sia astenuto sul merito delle stesse in conseguenza della soluzione data alla questione pregiudiziale o preliminare.

    Cass. civ., sez. II, 15 febbraio 1999, n. 1267, Corriga c. Murru. (C.p.c., art. 279; c.p.c., art. 353; c.p.c., art. 354). [RV523256]

@Appello penale - Cognizione del giudice d'appello - Capi della sentenza e punti della decisione - Esame e motivazione

In tema di giudizio di appello, il giudice non è tenuto a prendere in considerazione ogni argomentazione proposta dalle parti, essendo sufficiente che egli indichi le ragioni che sorreggono la decisione adottata, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; né la ipotizzabilità di una diversa valutazione delle medesime risultanze processuali costituisce vizio di motivazione, valutabile in sede di legittimità. (Nella fattispecie, la Corte ha rigettato il ricorso dell'imputato che aveva denunziato vizio di motivazione della sentenza di secondo grado, assumendo che il giudice di appello aveva recepito acriticamente le conclusioni di quello di primo grado, trascurando le ragioni della difesa e non esaminando specificamente le dichiarazioni degli imputati e quelle dei testi a discarico).

    Cass. pen., sez. V, 11 giugno 1999, n. 7588 (ud. 6 maggio 1999), Duri F. ed altri. (C.p.p., art. 597). [RV213630]

@Appello penale - Decisioni in camera di consiglio - Accordo delle parti sul motivo relativo alla pena con rinuncia agli altri motivi - Inammissibilità del ricorso per cassazione su alcuni dei motivi rinunciati

Nell'ipotesi in cui nel giudizio di appello le parti abbiano dichiarato, ai sensi dell'art. 599, quarto comma, c.p.p., di concordare sull'accoglimento del solo motivo relativo alla misura della pena, che concordemente propongono al giudice di irrogare nella entità c.d. patteggiata, con rinuncia agli altri motivi, nel ricorso per cassazione contro la stessa sentenza di appello non può essere riproposta una questione che aveva formato oggetto di uno dei motivi di appello ai quali si sia rinunciato. La intervenuta rinuncia, infatti, comporta la preclusione del punto già investito con il motivo di appello rinunciato, il quale, perciò, deve considerarsi come giammai avanzato, con la conseguenza che, in ipotesi di riproposizione con ricorso per cassazione di una di dette questioni, l'impugnazione deve essere dichiarata inammissibile a norma dell'art. 606, comma terzo, ultima parte, c.p.p.

    Cass. pen., sez. VI, 21 aprile 1999, n. 4125 (ud. 2 marzo 1999), Martino A. e altri. (C.p.p., art. 599; c.p.p., art. 606). [RV213675]

@Appello penale - Decisioni in camera di consiglio - Richiesta concordemente formulata dalle parti - Accoglimento

In tema di patteggiamento in appello, la richiesta concordata tra difesa e pubblico ministero in ordine alla misura finale della pena vincola il giudice nella sua integrità, in quanto la richiesta accolta deve essere basata, oltre che sulla esatta quantificazione del fatto, anche sulla condivisione di ogni altra circostanza influente sul calcolo della pena medesima, senza che il giudice possa prendere in considerazione elementi diversi da quelli prospettati.

    Cass. pen., sez. VI, 21 aprile 1999, n. 4125 (ud. 2 marzo 1999), Martino A. e altri. (C.p.p., art. 599). [RV213676]

@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Richiesta - Regime transitorio di cui alla L. n. 14/99 - Ricorso per cassazione

In tema di patteggiamento, nell'applicazione concreta del regime transitorio introdotto con l'art. 3 della legge 19 gennaio 1999, n. 14 - il quale consente alle parti di concordare la pena ex art. 599, commi 4 e 5, c.p.p., anche nei procedimenti nei quali sia stata pronunciata sentenza di appello prima della data di entrata in vigore della suddetta legge, qualora sia pendente ricorso per cassazione ovvero esso sia proposto successivamente alla predetta data - anche la Corte di cassazione ha il potere-dovere di valutare non soltanto la legittimità ma anche la congruità della pena consensualmente quantificata dalle parti.

    Cass. pen., sez. III, 9 giugno 1999, n. 7290 (ud. 20 aprile 1999), Calvano M. (L. 19 gennaio 1999, n. 14, art. 3). [RV213734]

@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Sentenza - Accertata falsità di atto o documento - Obbligo di declaratoria

La natura particolare del rito previsto dall'art. 444 c.p.p. non esclude l'applicabilità della dichiarazione di falsità degli atti e dei documenti prevista dall'art. 537 c.p.p. attesoché la sentenza pronunciata sull'accordo delle parti è equiparata ad una sentenza di condanna e non prevede espressamente l'esclusione della dichiarazione di falsità. Ne consegue che il giudice, nel procedimento disciplinato dall'art. 444 c.p.p., è tenuto a dichiarare la falsità degli atti e dei documenti accertata nel corso del dibattimento, indipendentemente dalle pattuizioni delle parti. Detta dichiarazione trova la sua ratio nell'interesse pubblico ad eliminare gli effetti di affidabilità di atti o documenti accertati come falsi e nell'ipotesi in cui essa sia omessa il giudice di legittimità non può provvedervi mediante il procedimento di rettificazione, ai sensi dell'art. 619 c.p.p., dal momento che il terzo comma dell'art. 537 c.p.p. riconosce alle parti il diritto all'impugnazione, anche autonomo.

    Cass. pen., sez. V, 9 giugno 1999, n. 1889 (c.c. 26 aprile 1999), P.M. in proc. Marciante. (C.p.p., art. 444; c.p.p., art. 537; c.p.p., art. 619). [RV213732]

@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Sentenza - Motivazione - Cause di non punibilità

In tema di motivazione della sentenza, solo nel caso in cui emergano, dagli atti o dalle deduzioni delle parti, concreti elementi circa la possibile applicazione delle cause di non punibilità previste dall'art. 129 c.p.p., è necessario che il giudice dia conto, nella moti-Page 64vazione, della esclusione delle stesse, essendo sufficiente, in caso contrario, anche una implicita motivazione circa la loro insussistenza. A tanto consegue che, nel giudizio di applicazione della pena su richiesta delle parti, poiché l'accordo negoziale si estende alla qualificazione giuridica del fatto contestato, non può essere richiesto al giudice di motivare in ordine alla non sussistenza delle suddette cause di non punibilità.

    Cass. pen., sez. V, 11 giugno 1999, n. 1713 (c.c. 15 aprile 1999), Barba A. (C.p.p., art. 444; c.p.p., art. 129). [RV213633]

@Arbitrato e compromesso - Compromesso e clausola compromissoria - Forma - Scritta ad substantiam per arbitrato irrituale

La clausola compromissoria per arbitrato irrituale deve essere redatta per iscritto a pena di nullità solo se riguarda rapporti giuridici per i quali la forma scritta è richiesta "ad substantiam" ai sensi dell'art. 1350 c.c., mentre se riguarda altri rapporti necessita solo di forma scritta "ad probationem" secondo la regola di cui all'art. 1967 c.c.

    Cass. civ., sez. II, 22 febbraio 1999, n. 1476, MMT c. Moccia Irme S.p.a. (C.c., art. 1350; c.c., art. 1967; c.p.c., art. 808). [RV523462]

@Arbitrato e compromesso - Compromesso e clausola compromissoria - Interpretazione - Incertezze

In tema di interpretazione di una clausola compromissoria, il permanere di una situazione di incertezza in ordine alla natura dell'arbitrato impone come corretta opzione interpretativa la dichiarazione di irritualità dell'arbitrato, tenuto conto del carattere pur sempre eccezionale dell'arbitrato rituale introduttivo di una deroga alla competenza del giudice ordinario.

    Cass. civ., sez. II, 22 febbraio 1999, n. 1476, MMT c. Moccia Irme S.p.a. (C.c., art. 1362; c.p.c., art. 808). [RV523461]

@Arbitrato e compromesso - Compromesso e clausola compromissoria - Interpretazione - Insindacabilità in cassazione

In tema di arbitrato, l'interpretazione del contenuto di una clausola compromissoria (così come di ogni altra manifestazione di volontà negoziale) è devoluta al giudice di merito, presupponendo essa la ricerca della comune intenzione delle parti mediante l'accertamento del significato semantico delle espressioni usate, nonché l'apprezzamento dei comportamenti soggettivi (eventualmente) rilevanti, sì che il risultato di tale operazione, se ed in quanto immune da violazioni di regole ermeneutiche, e se ed in quanto adeguatamente motivato, si sottrae al sindacato di legittimità della Corte di Cassazione. L'accertamento della natura rituale ovvero irrituale di un arbitrato comporta, peraltro, la necessità di una diretta conoscenza, da parte della S.C., della convenzione compromissoria (attraverso l'esame diretto degli atti e degli elementi acquisiti al processo, ferma restando l'esclusione...

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