Massimario di legittimità

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I testi dei documenti qui riprodotti sono desunti dagli Archivi del Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione. I titoli sono stati elaborati dalla redazione.

@Appello penale - Cognizione del giudice di appello - Circostanze - Giudizio di comparazione.

Il giudice di appello che, nel confermare la responsabilità dell'imputato, operi, ferma restando la identità del fatto, derubricazione del reato ritenuto in primo grado, può procedere a nuovo giudizio di prevalenza od equivalenza tra circostanze; non viene infatti violato il divieto della reformatio in peius nel caso in cui, pur in mancanza di impugnazione del P.M., detto giudice riconosca valore equivalente a quella medesima circostanza attenuante, che, dal primo giudice, era stata dichiarata prevalente (con riferimento alla più grave ipotesi criminosa ravvisata in primo grado). (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto corretta la decisione della Corte di appello che, derubricato in lesioni volontarie aggravate il delitto di tentato omicidio, ha ritenuto equivalenti le circostanze attenuanti generiche, già giudicate prevalenti dal tribunale, con riferimento alla più grave fattispecie criminosa di tentato omicidio).

    Cass. pen., sez. V, 11 agosto 1999, n. 10069 (ud. 22 maggio 1998), Coco P. (C.p., art. 69; c.p.p., art. 597). [RV213974]

@Appello penale - Cognizione del giudice di appello - Sostituzione e modifica della motivazione del provvedimento di primo grado - Possibilità.

In tema di giudizio di appello, appartiene al giudice di secondo grado (ed anche al giudice di rinvio che debba decidere su di un appello in materia di provvedimenti restrittivi della libertà) il potere di sostituire, integrare e modificare la motivazione del provvedimento impugnato; invero, la sua cognizione, anche se circoscritta, quanto all'estensione, ai punti in contestazione, è piena e gli consente di esprimere compiutamente il suo convincimento. (Nella fatti- specie, la Corte ha rigettato il ricorso dell'indagato che aveva sostenuto la manifesta illogicità della motivazione del tribunale, il quale aveva valorizzato le dichiarazioni di un soggetto, dichiarazioni che il Gip non aveva posto a base del provvedimento coercitivo impugnato).

    Cass. pen., sez. V, 11 giugno 1999, n. 2136 (c.c. 6 maggio 1999), Lezzi G. (C.p.p., art. 593; c.p.p., art. 309; c.p.p., art. 310). [RV213766]

@Appello penale - Dibattimento - Rinnovazione dell'istruzione - Diniego.

Atteso il carattere eccezionale della rinnovazione dell'istruzione dibattimentale in appello, il mancato accoglimento della richiesta volta ad ottenere detta rinnovazione in tanto può essere censurato in sede di legittimità in quanto risulti dimostrata, indipendentemente dall'esistenza o meno di una specifica motivazione sul punto nella decisione impugnata, la oggettiva necessità dell'adempimento in questione e, quindi, l'erroneità di quanto esplicitamente o implicitamente ritenuto dal giudice di merito circa la possibilità di «decidere allo stato degli atti», come previsto dall'art. 603, comma 1, c.p.p. Ciò significa che deve dimostrarsi l'esistenza, nell'apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento (come previsto dall'art. 606, comma 1, lett. a), c.p.p.) e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate qualora fosse stato provveduto, come richiesto, all'assunzione o alla riassunzione di determinate prove in sede di appello.

    Cass. pen., sez. I, 16 luglio 1999, n. 9151 (ud. 28 giugno 1999), Capitani. (C.p.p., art. 603). [RV213923]

@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Costituzione della parte civile - Valutazione della legittimazione della parte civile alla costituzione - Necessità.

Nel giudizio di applicazione della pena a norma degli artt. 444 e segg. c.p.p., il giudice, se non può apprezzare la fondatezza della domanda della parte civile, ha, invece, il potere-dovere di valutare la sua legittimazione alla costituzione, anche ai fini della condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali in favore di essa.

    Cass. pen., sez. un., 13 luglio 1999, n. 12 (c.c. 19 maggio 1999), Pediconi. (C.p.p., art. 74; c.p.p., art. 76; c.p.p., art. 444; c.p.p., art. 445). [RV213857]

@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Richiesta - Ricorso per cassazione - Richiesta non accolta.

In base alla disposizione transitoria dettata dall'art. 3 della legge 19 gennaio 1999, n. 14, il procuratore generale presso la Corte di cassazione e l'imputato possono esercitare, entro il termine di cui al comma 4 dell'art. 585 c.p.p., la facoltà di «patteggiamento» pre- vista dai commi 4 e 5 dell'art. 599 dello stesso codice con riferimento ai motivi di ricorso. Tale termine è stabilito a pena di decadenza e le parti non possono raggiungere l'accordo in un momento successivo. Infatti, mentre l'ultimo periodo del comma 5 dell'art. 599 c.p.p. prevede che, in caso di mancato accoglimento della richiesta, «la richiesta e la rinuncia perdono effetto, ma possono essere riproposte nel dibattimento», l'ultimo periodo dell'art. 3 della legge n. 14 del 1999, nello stabilire che, ove la Corte di cassazione ritenga di non poter accogliere la richiesta, quest'ultima e la rinuncia ai motivi perdono effetto, non prevede invece la facoltà di riproporle successivamente.

    Cass. pen., sez. I, 16 giugno 1999, n. 7785 (ud. 22 marzo 1999), Midei ed altri. (C.p.p., art. 585; L. 19 gennaio 1999, n. 14, art. 3). [RV213863]

@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Sentenza - Assoluzione di coimputato nel giudizio ordinario - Vizio di motivazione della sentenza di patteggiamento per contrasto con la sentenza assolutoria.

Ove il controllo del giudice si sia svolto correttamente e non sia emersa in quella sede, allo stato degli atti, la presenza di una delle cause di non punibilità contemplate dall'art. 129 c.p.p., il vizio di motivazione della sentenza di patteggiamento fondato sul contrasto con la sentenza assolutoria di merito emessa dal medesimo giudice nei confronti di coimputati dello stesso reato non è deduci- bile nel giudizio di legittimità.

    Cass. pen., sez. III, 17 maggio 1999, n. 1130 (ud. 19 marzo 1999), Geviti M. (C.p.p., art. 129; c.p.p., art. 444). [RV213745]

@Atti e provvedimenti del giudice penale - Atti abnormi - Esercizio dell'azione penale - Provvedimento del giudice che lo vieta.

Poiché il P.M. è l'esclusivo titolare dell'azione penale, è abnorme il provvedimento con il quale il giudice inibisca all'organo dell'accusa - nel corso del dibattimento - l'esercizio dell'azione penale nell'ambito dei poteri relativi alla modifica della imputazione ed alla contestazione di reati concorrenti o di circostanze aggravanti. Page 90

    Cass. pen., sez. V, 5 agosto 1999, n. 2673 (c.c. 2 giugno 1999), P.M. in proc. Ravelli L. (C.p.p., art. 50; c.p.p., art. 516; c.p.p., art. 517). [RV213970]

@Atti e provvedimenti del giudice penale - Atti abnormi - Nuovo reato risultante nel corso della udienza - Ordinanza di restituzione degli atti al P.M. per la contestazione supple- tiva.

È abnorme l'ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari, ravvisando un ulteriore reato nel corso della udienza preliminare, ordini la restituzione degli atti al pubblico ministero per la contestazione suppletiva, anziché pronunciarsi sulla richiesta di rinvio a giudizio per il fatto contestato. L'art. 423 c.p.p., infatti, attribuisce esclusivamente al pubblico ministero la facoltà di modificare l'imputazione in sede di udienza preliminare, e il secondo comma di tale articolo espressamente stabilisce che, ove risulti a carico dell'imputato in fatto nuovo non enunciato nella richiesta di rinvio a giudizio, il giudice deve limitarsi ad autorizzarne la contestazione, sempre che vi siano la richiesta del pubblico ministero ed il consenso dell'imputato.

    Cass. pen., sez. I, 17 giugno 1999, n. 3395 (c.c. 4 maggio 1999), P.M. in proc. Colucci F. (C.p.p., art. 423). [RV213878]

@Atti e provvedimenti del giudice penale - Correzione di errori materiali - Correzione di errori di fatto attraverso la procedura di correzione degli errori materiali - Inammissibilità.

Non è ammesso fare ricorso alla procedura prevista per la correzione degli errori materiali allo scopo di correggere errori di fatto nei quali sia incorso il giudicante; ciò infatti comporterebbe violazione del principio di definitività delle sentenze emesse dalla cassazione, nonché dei canoni previsti dall'art. 130 c.p.p., dal momento che, in tal modo, si farebbe uso di uno strumento processuale in grado di operare, non una semplice emenda del testo, ma una vera e propria modifica della decisione. (Fattispecie in cui il ricorrente, nei cui confronti la cassazione aveva pronunciato sentenza di annullamento senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione, ha chiesto, ai sensi dell'art. 130 c.p.p., la correzione-revocazione della suddetta pronuncia, con applicazione dell'art. 129 c.p.p. ed assoluzione con formula piena, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso).

    Cass. pen., sez. V, 11 giugno 1999, n. 2284 (c.c. 13 maggio 1999), Faraon L. (C.p.p., art. 130). [RV213770]

@Atti e provvedimenti del giudice penale - Declaratoria di determinate cause di non punibilità - Mancata impugnazione del capo della sentenza relativo all'affermazione della responsabilità - Rilevabilità della causa di estinzione per prescrizione.

L'acquiescenza della parte interessata, che non propone specifica impugnazione su un capo della sentenza, produce preclusione processuale alla rivisitazione del decisum, preclusione che, sul piano sostanziale, si risolve nella formazione di un giudicato parziale interno; conseguentemente la mancata impugnazione del capo attinente l'affermazione della responsabilità penale del soggetto non consente al giudice dell'impugnazione di rilevare, comunque...

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