Massimario di legittimità

AutoreCasa Editrice La Tribuna
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I testi dei documenti qui riprodotti sono desunti dagli Archivi del Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione. I titoli sono stati elaborati dalla redazione.

@Appello civile - Citazione di appello - Specificità dei motivi - Requisiti

La disposizione dell'art. 342 c.p.c., che richiede la specificità dei motivi di appello, implica solo la necessità che la manifestazione volitiva dell'appellante consenta di individuare con chiarezza le statuizioni investite dal gravame e le specifiche critiche indirizzate alla motivazione che le sostiene e non anche che siano adoperate formule o schemi particolari nella esposizione dei motivi e delle domande dell'atto di appello, che è affidata alla capacità espressiva del difensore.

    Cass. civ., sez. lav., 21 novembre 2001, n. 14670, Campani c. Inail. (C.p.c., art. 342). [RV550445]

@Appello civile - Domande non riproposte - Accoglimento della domanda principale in primo grado - Riproposizione espressa della domanda subordinata non esaminata

Qualora il primo giudice accolga la domanda principale senza esaminare quella subordinata, ritenendola assorbita, la parte vittoriosa non è tenuta a proporre impugnazione incidentale per ottenere l'esame di tale domanda dal giudice di appello, ma semplicemente a richiamare espressamente la domanda stessa in qualsiasi scritto del giudizio di secondo grado in modo da evitare la presunzione di rinuncia ex art. 346 c.p.c., purché entro l'udienza di precisazione delle conclusioni (avendo le successive difese funzione esclusivamente illustrativa delle conclusioni già prese).

    Cass. civ., sez. III, 19 novembre 2001, n. 14458, Cruciani c. Sicilcassa spa ed altro. (C.p.c., art. 346). [RV550343]

@Appello penale - Nullità (Questioni di) - Erronea indicazione del dispositivo - Insussistenza

Requisito di validità del decreto di citazione per il giudizio di appello è la indicazione del provvedimento impugnato, e non quella del dispositivo di esso. Non sussiste pertanto nullità del decreto qualora, per errore, sia stato trascritto un dispositivo non pertinente, sempre che da ciò non derivi una incertezza invincibile in ordine al processo da trattare. (Fattispecie nella quale nel decreto di citazione in appello era stato erroneamente trascritto il dispositivo di una ordinanza cautelare emessa nell'ambito del giudizio di primo grado in luogo del dispositivo della sentenza di primo grado della quale, peraltro, risultavano correttamente riportati gli estremi).

    Cass. pen., sez. VI, 13 novembre 2000, n. 11614 (ud. 19 ottobre 2000), Silferi. (C.p.p., art. 429; c.p.p., art. 601). [RV220806]

@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Costituzione di parte civile - Spese processuali - Condanna al pagamento

Nel procedimento di patteggiamento ai sensi dell'art. 444 c.p.p. la parte civile deve formulare istanza di condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali non appena il pubblico ministero abbia espresso il consenso alla richiesta di applicazione della pena formulata dall'imputato, restando escluso che detta pretesa possa essere avanzata successivamente, nel corso dell'udienza eventualmente fissata per la decisione del giudice sull'accordo raggiunto tra le parti.

    Cass. pen., sez. VI, 27 settembre 2001, n. 35213 (c.c. 11 luglio 2001), Daniotti G. in proc. Negri. (C.p.p., art. 444). [RV220732]

@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Costituzione di parte civile - Spese processuali - Condanna al pagamento

In tema di applicazione di pena su richiesta delle parti, allorché con la relativa sentenza si ometta di provvedere sulle spese processuali sostenute dalla parte civile, tale parte deve proporre ricorso per cassazione, in applicazione dell'art. 111 Cost., deducendo la violazione della legge processuale a suo danno e non può, invece, esperire il rimedio di correzione di errore materiale, previsto dall'art. 130 c.p.p., in quanto tale procedura è limitata dall'art. 535, comma 4, dello stesso codice all'omessa condanna al pagamento delle spese processuali, che sono sempre poste a carico del condannato a norma del comma 1 del medesimo art. 535, mentre la condanna al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile non è una conseguenza ex lege dell'accoglimento della domanda di restituzione o risarcimento del danno, potendo sempre il giudice disporre la loro compensazione, totale o parziale. (In applicazione di tale principio, la Corte di cassazione ha annullato la sentenza di patteggiamento senza rinvio, limitatamente all'omessa pronuncia sulle spese processuali in favore della parte civile e ha trasmesso gli atti al tribunale competente per i conseguenti provvedimenti).

    Cass. pen., sez. VI, 4 settembre 2001, n. 33215 (c.c. 12 luglio 2001), Ruscalla. (C.p.p., art. 130; c.p.p., art. 444; c.p.p., art. 535). [RV220791]

@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Costituzione di parte civile - Spese processuali - Condanna al pagamento

In tema di patteggiamento, benché debbano essere ricomprese nel concetto di danno derivante dal reato anche le spese sostenute dalle parti per far valere le proprie ragioni, il giudice può pronunziare condanna alle spese sostenute dalla parte civile solo nei confronti dell'imputato, dovendosi escludere che tale statuizione possa essere emessa anche nei confronti del responsabile civile, il quale rimane estraneo all'accordo definitorio della vicenda processuale.

    Cass. pen., sez. VII, ord. 14 gennaio 2002, n. 2119 (c.c. 29 novembre 2001), La Rosa V. ed altri. (C.p.p., art. 444; c.p.p., art. 74; c.p., art. 185). [RV220816]

@Applicazione della pena su richiesta delle parti - Sentenza - Accordo delle parti su ipotesi criminosa diversa rispetto a quella contestata - Motivazione

In tema di patteggiamento, qualora le parti intendano dare al fatto qualificazione giuridica diversa da quella contenuta nel capo di imputazione, il giudice può, attraverso l'esame degli atti presenti nel fascicolo del pubblico ministero, valutando l'astratta corrispondenza della fattispecie contestata a quella prospettata consensualmente dalle parti, accogliere la richiesta, ma deve dare adeguata ragione della sua decisione, e quello contestato nel capo di imputazione, e precisando da quali elementi tale diversità è stata desunta, nonché le ragioni della difforme qualificazione giuridica.

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    Cass. pen., sez. V, 16 gennaio 2002, n. 18122 (c.c. 18 dicembre 2001), P.G. in proc. Peano G. (C.p.p., art. 444; c.p.p., art. 448). [RV220818]

@Arbitrato e compromesso - Arbitrato irrituale - Arbitrato rituale - Differenza

Le modifiche apportate dalla legge n. 5 del 1994 agli artt. 825-831 c.p.c. (con l'eliminazione anche del nomen di sentenza arbitrale) hanno inciso sulla sola natura dell'arbitrato rituale - il quale pure è e resta atto di autonomia privata - ma non hanno comportato alcuna innovazione per quanto riguarda l'arbitrato irrituale il cui persistente dato distintivo risiede nella specifica funzione non già di risoluzione di un conflitto, ma di regolamentazione negoziale degli interessi contrapposti delle parti.

    Cass. civ., sez. lav., 8 novembre 2001, n. 13840, Raffineria Roma spa c. Coppola. (C.p.c., art. 808; L. 5 gennaio 1994, n. 5). [RV550107]

@Arbitrato e compromesso - Procedimento arbitrale - Atti istruttori - Delega da parte del collegio ad uno dei suoi componenti

In tema di arbitrato, la delega, da parte del collegio (dinanzi al quale deve avvenire la trattazione della controversia), ad uno solo dei suoi componenti del compito di assumere le prove si traduce in un vizio di costituzione del giudice solo quando l'attività (illegittimamente) svolta dal giudice monocratico abbia carattere sostanzialmente istruttorio - sia tale, cioè, da implicare lo svolgimento di funzioni, se decisorie, certamente valutative, riservate dalla legge al collegio - e non anche quando detta attività assuma rilievo meramente ordinatorio. In tale ultima ipotesi, pertanto, il vizio è inquadrabile non nello schema della nullità di cui agli artt. 158 ss. c.p.c., ma nella disciplina generale delle nullità di cui all'art. 156 stesso codice, con conseguente sanatoria del vizio de quo, ex art. 157 c.p.c., in caso di mancata, tempestiva eccezione di esso.

    Cass. civ., sez. I, 23 novembre 2001, n. 14857, Com. Bari c. Ass. Temporanea di Imprese Sama srl ed altro. (C.p.c., art. 156; c.p.c., art. 157; c.p.c., art. 158). [RV550535]

@Assicurazione obbligatoria - Risarcimento danni - Azione diretta nei confronti dell'assicuratore

In tema di assicurazione obbligatoria dei veicoli per la responsabilità civile, il danneggiato ha azione diretta per il risarcimento del danno da sinistro stradale nei confronti dell'assicuratore soltanto se si versi in ipotesi di assicurazione obbligatoria del veicolo (art. 18 della legge 24 dicembre 1969 n. 990). Pertanto, se il sinistro si è verificato prima dell'entrata in vigore dell'art. 237 del D.L.vo 30 aprile 1992 n. 285 (che ha abrogato l'art. 5 della legge 24 dicembre 1969 n. 990 - che esonerava i ciclomotori non muniti di targa di riconoscimento dall'obbligo dell'assicurazione per la r.c. - ed ha stabilito che la soggezione di detti motoveicoli all'assicurazione obbligatoria decorre dall'1 ottobre 1993), non è proponibile dal danneggiato l'azione diretta risarcitoria nei confronti dell'assicurazione del veicolo, potendo egli invece agire soltanto nei confronti dei soggetti indicati dall'art. 2054 c.c., salva la chiamata in garanzia dell'assicurazione da parte di questi; tale improponibilità della domanda, attenendo ad una condizione dell'azione, è rilevabile d'ufficio, anche dalla Cassazione, pur in difetto di una specifica contestazione al riguardo, essendo la relativa questione sottratta alla disponibilità delle parti. (Principio affermato in relazione a sentenza del giudice conciliatore, della quale la Corte ha ritenuto la censurabilità, rilevando che quello suesposto costituisce principio regolatore della materia, che...

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