L’art. 116 Del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 e la sua evoluzione giurisprudenziale

AutoreMassimiliano Calderani
Pagine287-290

Page 287

L’art. 116 del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, meglio conosciuto come testo unico sulle spese di giustizia, al primo comma stabilisce che «al difensore d’ufficio sia corrisposto ugualmente il compenso per l’attività svolta in base e secondo le modalità previste dall’art. 82 dello stesso decreto presidenziale, quando dimostri di aver esperito inutilmente le procedure per il recupero dei propri crediti professionali».

Trattasi di una norma che ha subito – e che continua a subire fino ad oggi – notevoli oscillazioni giurisprudenziali, soprattutto in merito al riconoscimento degli onorari e delle spese maturate in sede civile dal difensore d’ufficio per le procedure di recupero del proprio credito professionale sorto in sede penale e poi rimasto infruttuoso.

Com’è noto, infatti, il difensore d’ufficio in materia penale viene retribuito dallo Stato, per l’attività espletata in sede penale, allorché dimostri di avere esperito inutilmente le procedure finalizzate al recupero del proprio credito1. La circostanza che appare tutt’altro che incontroversa è se il giudice penale – incaricato ex art. 82 del D.P.R. n. 115/02 di liquidare l’onorario e le spese del difensore d’ufficio in materia penale – possa e/o debba liquidare anche i compensi (diritti e onorari) maturati in sede civile, che nello specifico appaiono necessari, per espressa voluntas legis, al fine di ottenere la liquidazione degli onorari, dei diritti e delle spese maturati in sede penale.

Sul punto, nella giurisprudenza di merito e di legittimità – dopo un primo breve periodo successivo all’entrata in vigore della norma in cui venivano riconosciuti e liquidati oltre ai compensi maturati in sede penale anche i compensi maturati in sede civile – si è avuta una netta inversione di tendenza interpretativa in virtù della quale i compensi che venivano di norma liquidati (fino a poco tempo fa) erano esclusivamente quelli maturati dal difensore d’ufficio in sede penale, secondo le modalità e i criteri di cui all’art. 82 dello stesso T.U.2. Al contrario non era riconosciuto, al difensore d’ufficio, alcun diritto per gli onorari e i diritti maturati in sede civilistica.

Tale orientamento giurisprudenziale per così dire meno favorevole al difensore – per giustificare la mancata corresponsione degli introiti maturati in sede civile – porta a proprio fondamento una serie d’argomentazioni giuridiche di supporto che, in estrema sintesi, possono essere così evidenziate: a) non esisterebbe norma espressa all’interno del T.U. delle spese di giustizia o in altre materie che preveda la liquidabilità ditali importi; b) non si tratterebbe, inoltre, di spese necessarie per la difesa a cui si riferiscono gli artt. 74 e 75 del D.P.R. 115/02 e per le quali è previsto un anticipo a carico dello Stato e una completa liquidazione degli onorari maturati per l’assistenza difensiva espletata; c) tali spese non sarebbero comprese nell’elenco delle spese gratuite o in quelle delle spese anticipate dallo Stato ex art. 107 e 108 del D.P.R. citato in quanto la gratuità prevista dall’art. 32 disp. att. c.p.p. delle procedure tese al recupero di spese ed onorari nei confronti dell’assistito – specie dopo la riorganizzazione della materia con il D.P.R. n. 115/02 – farebbe intendere che gli altri oneri debbano rimanere a carico del difensore; d) l’attività di recupero, infine, sarebbe esercitata nell’interesse proprio del difensore e non dell’assistito e, per questo motivo, il legislatore non richiederebbe alcun onere diverso rispetto a quello cui va incontro qualsiasi difensore che intenda recuperare il credito3. Qualsiasi difensore, infatti, in tali condizioni si assumerebbe il rischio dei costi della procedura di recupero, senza essere in grado di conoscere preventivamente né se potrà ottenere il pagamento del credito, né se potrà essere risarcito di tali spese sostenute.

A ben vedere, tali argomentazioni giuridiche – prese a fondamento dell’indirizzo giurisprudenziale meno favorevole per il difensore d’ufficio – ancorché suggestive, non risultano giuridicamente fondate e, soprattutto, stridono con il contenuto e con le finalità logico-giuridiche che regolano l’intero assetto normativo della difesa d’ufficio.

In particolare, in primis, per quanto riguarda l’asserita inesistenza di una norma specifica che non consentirebbe al difensore la liquidazione delle proprie competenze maturate in sede civile, semplicemente si rileva come lo stesso articolo che prevede la liquidazione (art. 116 T.U.), nell’attribuirla solo dopo l’esecuzione infruttuosa degli atti di recupero in sede civilistica, implicitamente ne presuppone la sua necessità e, conseguentemente, la sua liquidazione.

A fortiori lo stesso art. 116...

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