Le Locazioni Per Uso Non Abitativo

AutoreVincenzo Cuffaro
Pagine582-612
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dott
6/2018 Arch. loc. cond. e imm.
DOTTRINA
LE LOCAZIONI PER USO
NON ABITATIVO (*)
di Vincenzo Cuffaro
SOMMARIO
1. Le fonti. 2. L’individuazione delle fattispecie. 3. La forma
e la registrazione. 4. Durata del contratto. 5. Il canone. 6.
Le nuove prospettive. 7. La cessione del contratto. 8. La suc-
cessione del contratto. 9. La rilevanza dell’avviamento. 10. I
diritti di prelazione; 10.1) Il diritto di prelazione in caso di
vendita; 10.1.1) Il contratto. 10.1.2) Il conduttore. 10.1.3)
Il locatore. 10.1.4) L’immobile e l’atto di trasferimento.
10.1.5) Il procedimento. 10.1.6) Il riscatto. 10.2) Il diritto
di prelazione in caso di nuova locazione. 11. L’indennità per
la perdita dell’avviamento.
1. Le fonti
La disciplina del contratto di locazione concluso in vi-
sta di un uso diverso dalla abitazione è aff‌idata principal-
mente, se non esclusivamente alla legge 27 luglio 1978, n.
392, nell’ambito della quale, il Capo II del Titolo I è ap-
punto dedicato alla ‘Locazione di immobili urbani ad uso
diverso da quello di abitazione’, con un complesso organi-
co di disposizioni che attengono appunto a tale tipologia
(1) di contratti.
Le regole sono distribuite in quindici articoli, cui si ag-
giungono, in virtù del rinvio espresso, i cinque articoli (da
7 a 11) del Capo I; complessivamente venti disposizioni,
dalle quali possono ricavarsi una f‌itta trama di norme in
vigore da oltre trenta anni e che in questo non breve lasso
di tempo ha subito modif‌iche solo marginali ed episodiche.
Considerato quanto è avvenuto sul piano legislativo per
il limitrofo settore delle locazioni abitative (2), il sistema
delle regole che tuttora vige per le locazioni per uso non abi-
tativo costituisce una sorta di prezioso reperto normativo.
Un modello di regolamentazione espressione di una
politica del diritto diretta a conformare imperativamen-
te il contenuto dell’atto di autonomia privata in vista di
esigenze di tutela di una delle parti del contratto e, più
in generale, dell’attività economica svolta dal conduttore.
Il modello di regolamentazione aff‌ida a disposizioni impe-
rative la determinazione della durata del rapporto loca-
tivo, ma ha il proprio perno nella norma dell’art. 79 che
sancisce la nullità dei patti tramite i quali è attribuito al
locatore «altro vantaggio in contrasto con le disposizioni
della presente legge». Per effetto di tale disposizione, al
di là delle norme che già esplicitamente rivestono il ca-
rattere della inderogabilità (3), tutte le previsioni della
legge n. 392/78, là dove individuano i diritti ed obblighi
delle parti contraenti, anche se in apparenza esprimono
regole meramente dispositive vengono ad assumere il con-
notato della inderogabilità (relativa) in quanto l’assetto
di interessi per loro tramite delineato vale ad individuare
una regola insuscettibile di essere modif‌icata a vantaggio
del locatore, pena la nullità della relativa pattuizione e la
sostituzione con la regola tratta dallo schema legale.
Le linee della disciplina che per effetto del dettato
dell’art. 79 assume i connotati della imperatività sono fa-
cilmente individuabili.
Alle parti viene riconosciuta piena autonomia quanto
alla determinazione del canone di locazione che, una volta
pattiziamente f‌issato, è tuttavia insuscettibile di aggior-
namenti in misura diversa da quella prevista nell’art. 32.
La durata del contratto, secondo lo schema di una durata
legale minima e del diritto del conduttore al rinnovo per
analogo periodo alla prima scadenza del rapporto, è im-
posta dalla legge che stabilisce altresì le ipotesi tassative
in presenza delle quali il locatore, nel rispetto di precise
regole procedimentali, può impedire l’effetto del rinnovo
altrimenti ‘automatico’. In considerazione del ruolo che
la disponibilità dell’immobile riveste rispetto all’attività
svolta del conduttore, per tutti i contratti sono previste
regole specif‌iche in tema di cessione del contratto e di
successione nel rapporto locativo. In relazione a specif‌i-
ci caratteri che possono presentare alcune delle attività
svolte dal conduttore, rispetto ad alcuni contratti sono
inoltre riconosciuti al conduttore il diritto di prelazione in
caso di vendita del bene concesso in locazione ed il diritto
ad ottenere un importo, a titolo di indennità per la perdita
di avviamento, alla cessazione del rapporto locativo.
L’impianto delle regole è rimasto sostanzialmente sta-
bile nell’arco degli anni. Alcuni recenti interventi hanno
solo integrato il dettato dell’art. 27, con risultati di scar-
sa coerenza rispetto alla originaria prescrizione, mentre
un’altra disposizione innovativa, sulla invalidità del con-
tratto per mancato versamento dell’imposta di registro
(4), ha portata generale riguardando tutti i contratti di
locazione di immobili urbani.
2. L’individuazione delle fattispecie
Il dettato originario dell’art. 27 della legge n. 392/78
consentiva agevolmente di individuare le fattispecie con-
trattuali oggetto della disciplina.
Dalla disposizione diretta a stabilire la durata minima
inderogabile del rapporto locativo si poteva desumere
che il legislatore aveva considerato diversi modelli con-
trattuali di locazioni non abitative distinguendo (5): lo-
cazioni per attività industriali, commerciali, artigianali e
di interesse turistico (comma 1); locazioni per l’esercizio
del lavoro autonomo (comma 2); locazioni per attività al-
berghiere (comma 3); locazioni per attività transitorie e
stagionali (commi 5 e 6). L’esegesi della disposizione ha
suggerito anche altre qualif‌icazioni, ora mettendo l’accen-
to sull’uso produttivo (6) come connotato comune di tali
contratti, ora rimarcando il diverso grado di protezione
somministrato al conduttore (7).
Esercizi ermeneutici che, volti a razionalizzare il dato
normativo offrendone una lettura coerente con le f‌inali-
tà individuate, sono tuttavia destinati ad infrangersi con
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gli esiti dei successivi interventi legislativi, compiuti nel
segno della soddisfazione di interessi contingenti ovvero
della approssimazione grammaticale. Così è per l’inte-
grazione del comma 3, dell’art. 27, dove alla destinazione
dell’immobile locato allo svolgimento di attività alberghie-
re (8) è stato prima aggiunto l’esercizio di attività teatrali
(9), quindi un ulteriore riferimento alle «imprese assimi-
late ai sensi dell’art. 1786 codice civile» (10). In tal modo,
non soltanto risultano accomunate attività disomogenee,
ma soprattutto viene formulato un precetto scarsamen-
te chiaro, giacché la norma del codice civile richiamata,
nell’esemplif‌icare le attività cui si estende la responsabili-
tà ex recepto, annovera ad esempio anche le trattorie che,
quali attività commerciali, sono invece considerate nella
previsione del comma 1.
Analoghe perplessità suscita la riformulazione (11) del
primo comma della disposizione dell’art. 27 che nel testo
ora vigente, da un lato, a causa di malaccorto uso della
punteggiatura, sembrerebbe escludere dall’ambito della
tutela le attività artigianali in quanto tali, dall’altro, nell’e-
semplif‌icazione superf‌lua delle attività di interesse turi-
stico, giustappone alle agenzie di viaggio e impianti spor-
tivi, di sicura vocazione imprenditoriale (12), le aziende
di soggiorno e gli organismi di promozione turistica, cui è
estraneo il connotato dell’impresa.
Se alcune di tali contraddizioni possono essere supera-
te sulla scorta della considerazione complessiva dell’im-
pianto della legge, tale da escludere sul piano della ragio-
nevolezza i signif‌icati attingibili sul piano letterale (13),
occorre comunque constatare che il disegno originario è
in qualche misura divenuto meno chiaro, quando, al con-
trario, la ratio portante della disciplina consentiva di indi-
viduare le fattispecie contrattuali per il duplice carattere
dell’uso del bene locato per attività estranee all’esigenza
abitativa e per una f‌inalità lato sensu commerciale, come
del resto riconosciuto dalla prassi che, infatti, individua
con tale aggettivazione i contratti di cui al Capo II del Ti-
tolo I della legge, def‌initi come locazioni commerciali.
Il processo di stratif‌icazione prima ricordato che ha
avuto ad oggetto la norma dell’art. 27 ha dunque deter-
minato una sorta di sopravvenuta opacità di signif‌icato,
tuttavia superabile sul piano ermeneutico quando si vo-
gliano individuare le fattispecie contrattuali per le quali
deve trovare applicazione la disciplina che, come altresì
già ricordato, è segnata dal tratto della imperatività.
L’operazione ermeneutica degli interpreti è quindi con-
dotta in una duplice direzione, volta da un lato alla rico-
gnizione delle singole fattispecie enumerate nella norma
dell’art. 27, diretta dall’altro a verif‌icare rispetto ad altre
fattispecie contrattuali la presenza di caratteri idonei a
determinare l’applicazione della disciplina legale.
Quanto alle singole destinazioni non abitative enume-
rate nell’art. 27, è da condividere il rilievo (14) circa la
portata generale che la prassi, più o meno consapevolmen-
te, ha f‌inito per assegnare alla previsione del primo comma
dell’art. 27, dove il riferimento ad un uso dell’immobile per
lo svolgimento di «attività industriali, commerciali e arti-
gianali» è stato inteso come comprensivo di tutte le ipotesi
di uso non abitativo. Ciò rende ancor più perplessa la più
recente novellazione (15) per effetto della quale, come
già prima sottolineato, si è determinata quella ambigua
moltiplicazioni delle ipotesi che nuoce alla coerenza della
norma.
Certamente sono considerate meritevoli di tutela tutte
le attività imprenditoriali, a prescindere dalla dimensione
dell’impresa e dalla forma di svolgimento, se individuale o
collettiva, dell’attività.
Il riferimento alle attività «di interesse turistico» è
certamente nel segno della ridondanza, giacché l’interes-
se turistico non vale certo a qualif‌icare un’attività in sé,
quanto a spiegare il mercato di riferimento dell’attività,
la sua vocazione a rispondere ad una domanda di beni e
soprattutto di servizi provenienti da turisti (16).
La formula del secondo comma dell’art. 27 fa invece
riferimento alla destinazione dell’immobile locato allo
svolgimento di lavoro autonomo, esercitato dal condutto-
re in maniera abituale e professionale. La giurisprudenza,
sovente interrogata sul punto, ha chiarito che qualsiasi at-
tività di lavoro autonomo ha rilievo ai f‌ini dell’applicazione
della disciplina, senza che rilevi l’appartenenza a profes-
sioni regolamentate (17).
Certamente la destinazione dell’immobile locato ad
attività alberghiera o alla stessa assimilate (18) vale a de-
terminare una tutela particolarmente accentuata (19) in
ordine sia alla durata legale del rapporto locativo (art. 27,
comma 3), sia alla limitata possibilità di diniego del rinno-
vo alla prima scadenza (art. 27, comma 2), sia inf‌ine alla
misura dell’indennità di avviamento (art. 34, comma 1).
Tale disciplina di maggior favore vale del resto a spie-
gare, ma non certo a giustif‌icare sul piano della effettiva
razionalità delle scelte, l’intervento legislativo che, nel
2007 (20), ha somministrato analoga tutela accentuata
anche alle locazioni di immobili destinati all’esercizio di
attività teatrali (21).
Non costituiscono connotati specif‌ici della destina-
zione del bene locato, quanto modalità con le quali il
conduttore ha interesse ad esercitare l’attività, le loca-
zioni transitorie e stagionali (22). Se l’interesse del con-
duttore di utilizzare l’immobile non in vista dello stabile
svolgimento dell’attività nei locali può giustif‌icare la con-
clusione di un contratto di locazione di durata inferiore a
quella minima di cui al comma 1 dell’art. 27, mantenendo
tuttavia la propria eff‌icacia le altre disposizioni a tutela
del conduttore, la locazione stagionale è invece diversa-
mente caratterizzata, per essere l’interesse del condutto-
re all’uso temporaneo del bene comunque ricorrente nel
tempo. In tal caso, come esattamente riconosciuto anche
dalla giurisprudenza (23), stante l’obbligo a carico del lo-
catore di concedere in godimento il bene al conduttore ad
ogni successiva stagione, possono individuarsi una serie

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