Liquidazione veramente motivata dei danni riflessi

AutoreGiovanni Agrizzi
Pagine231-232

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Una volta fatto questo importante riconoscimento, cioè che il superstite ha diritto al risarcimento del danno dei diritti riflessi per la perdita dello status parentale e per il godimento degli specifici diritti e contenuti di tale status, resta solo il problema di quantificare il danno: ed anche questo è semplice e naturale.

Basta considerare, con il normale buon senso comune, che a comporre il complessivo danno per la perdita del godimento della persona cara, non è solo il contenuto dello specifico rapporto parentale (coniugale, paterno, materno, filiale o fraterno), ma è anche l'età del defunto e del superstite, che viene ad indicare il numero probabile degli anni futuri (secondo le più recenti tavole di mortalità) di mancato godimento del congiunto. Invero tutti i danni alla persona sia da lesione, come da uccisione, proiettano le loro conseguenze sulle vittime, nel futuro, ed è quindi essenziale conoscere per quanti anni la vittima è destinata a patire il pregiudizio.

Per cui, anche per il risarcimento del danno per la perdita del godimento della persona cara, anzitutto occorre individuare il valore annuo del danno: occorre, cioè, che il giudice stimi in una somma precisa annua il valore dei contenuti dello specifico rapporto parentale posto al suo giudizio: questa somma annua costituisce il credito, cioè la rendita vitalizia dovuta al superstite per la morte del congiunto, che a lui è dovuta per tutto il tempo della vita futura probabile del più vecchio tra defunto e superstiti. Se non si vuol pagare tale rendita vitalizia, anno per anno, ma si vuole liquidare in un capitale da pagarsi tutto intero e immediatamente al superstite, è sufficiente, moltiplicare la rendita annua per il coefficiente di capitalizzazione delle rendite vitalizie relativo all'età del più vecchio tra defunto e superstite.

Con questo metodo, il giudizio equitativo del giudice si limiterebbe ad individuare «il valore annuo» dei contenuti dei diritti di coniuge, di genitore, di figlio o di fratello o sorella: il resto sarebbe matematica, poiché questo valore annuo sarebbe capitalizzato col coefficiente delle rendite vitalizie immediate relative all'età del più vecchio tra defunto e superstite, a dare il danno complessivo del congiunto per tutto il corso della vita. E ciò sarebbe specchio della realtà, poiché la perdita del godimento del congiunto si patisce, giorno per giorno, nel corso degli anni.

È evidente, però, che ciò non è sufficiente a garantire...

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