Lineamenti istituzionali del giudicato penale

AutoreDanilo Iacobacci
Pagine631-648

Page 631

@1. Breve premessa

Il presente lavoro prende le mosse dall’esigenza di delineare, una volta per tutte, la nozione - la più condivisa possibile - dell’istituto del giudicato penale.

Si cerca, cioè, di descrivere il fenomeno nelle sue principali “evoluzioni statiche” affinché la nozione - ma, soprattutto, l’istituto - possa costituire la premessa di ragionamenti futuri sulla res iudicata in materia penale; il cui “mito” sembra oggi esposto oltre che ai fisiologici rimedi revocatori (id est: quelli codicistici) anche alle “incursioni” della giurisprudenza comunitaria.

Scopo della trattazione è, perciò, delineare l’istituto a beneficio di inferenze future.

@2. La nozione di giudicato penale

In via generale, e di primissima approssimazione, può senz’altro dirsi che la res iudicata sia funzionalmente orientata alla tutela della decisione giudiziale, e prima ancora - ed in via ancor più generale - che essa sia posta a presidio dello ius dicere.

Quest’ultimo è da intendersi in due modi: 1. come il «potere che si manifesta attraverso una ritualità che evoca il suo originario carattere sacrale e riveste di “mistica autorità” l’intervento del giudice che risolve il conflitto fra i soggetti o fra i soggetti e la comunità»; 2. come «l’enunciazione di una verità giuridica: non provata, come la verità della scienza, né rivelata, come la verità della fede, eppure razionalmente individuata»1.

È, dunque, la razionale individuazione della verità giuridica che la rende degna di “definitività”; meritevole, cioè, di essere l’ultima parola conclusiva di una vicenda giudiziaria.

L’effetto preclusivo appena accennato è proprio la “qualità” del giudicato attraverso la quale molto spesso lo si definisce; ed infatti, il giudicato inteso quale preclusione è sovente il primo approccio all’istituto in disamina.

Il citato effetto preclusivo si rivolge tanto alle parti in causa quanto al giudice autore della pronuncia definitiva; quest’ultimo non potrà più - e come lui nessun altro giudice - “ritrattare” o modificare il proprio decisum, essendosi consumati in capo a lui i poteri decisori proprio a causa della già presa decisione. Ma pure le parti del giudizio saranno private, a cagione della definitiva statuizione, del potere di continuare la vicenda processuale ovvero di incardinarne una nuova e diversa avente medesimo oggetto2.

Categorie di teoria generale del processo, mutuate dalla disciplina del processo civile e dalla dottrina su di essa formatasi ed applicabili al giudicato penale, sono quelle del giudicato formale e di quello sostanziale.

La cosa giudicata in senso formale indica la conclusione della vicenda processuale per l’esaurimento (più correttamente: la mancanza) di ulteriori approdi processuali di grado successivo rispetto a quello nel quale la pronuncia è data. Dunque, il c.d. giudicato formale si appalesa come un limite al potere di impugnazione delle parti e di modifica o revoca del provvedimento da parte del giudice che lo ha emesso; funzione limitante, questa, posta a presidio della sicurezza dei diritti, la quale sarebbe certamente compromessa laddove si consentisse un continuo “ritorno” della giustizia su una vicenda processuale.

Il giudicato sostanziale è da intendersi come il vincolo, imposto tanto a soggetti privati quanto a soggetti pubblici, al rispetto di una norma di creazione giudiziaria nata nei confronti di uno o più soggetti e che vincola uno o più soggetti determinati. Tale comando, il quale presuppone l’accertamento di un fatto storico verificatosi, è contenuto (insieme al detto accertamento) in una decisione coperta da giudicato formale.

Ma l’intangibilità del citato comando potrebbe essere vanificata da un diverso processo sul medesimo oggetto. Ed è verso questa evenienza che spiega la sua forza vinco-Page 632lante autonoma il giudicato sostanziale: rendere intangibile e definitivo il risultato del processo3.

Così delimitata la nozione, ben si comprende come il giudicato penale non voglia porsi a presidio di una generale “uniformità” normativo-giurisprudenziale del diritto, e ciò quantomeno nel nostro ordinamento laddove è evidente che ogni decisione abbia efficacia inter partes e sia limitata allo specifico oggetto di quel giudizio. Ciò risponde, come fu tempo addietro autorevolmente osservato, non ad un criterio logico bensì ad un criterio pratico, preordinato a garantire la situazione soggettiva del singolo e la stabilità del commercio giuridico4.

Il rispetto di tale funzione pratica del giudicato avviene, così, attraverso una pronuncia dichiarativa che si limita a ricostruire il fatto ipotizzato ed il suo autore, ed a sovrapporre la fattispecie concreta, appena accertata, alla fattispecie astratta prevista dal diritto penale sostanziale ricollegandovi in caso di condanna un effetto-pena non più controvertibile per il soggetto giudicato5. Ipotesi alternativa è l’impossibilità di sussunzione e/o l’impossibilità di pena6.

Volendo successivamente porsi, in prima approssimazione, il problema dell’oggetto del giudicato potrà dirsi correttamente che esso è quantomeno duplice.

Già un quarantennio addietro, invero, correttamente si riteneva che “l’argomento caratteristico” del giudicato stesse nello «studio della decisione in quanto causa estintiva del potere del giudice di decidere sul medesimo oggetto»7; pertanto, più che una semplice preclusione il giudicato è una vera e propria estinzione del potere di giudicare, ciò comportando non solo l’impossibilità di “continuare” il processo su “sollecitazione” delle parti processuali (= impugnazione) ma anche, e soprattutto, una perdita del potere-dovere giudiziale di decidere nuovamente sullo stesso oggetto già giudicato.

In definitiva, appare ancora oggi condivisibile ritenere che «l’oggetto della cosa giudicata - che ne costituisce ad un tempo il limite interno - è, dunque, il potere di decisione giurisdizionale; la natura della cosa giudicata è quella di una causa estintiva di tale potere in relazione all’obbietto già deciso; la fonte di tale causa estintiva è la legge; il presupposto dell’esistenza la non ammissibilità dei mezzi di impugnazione»8.

Una autorevole dottrina, anzi, sembra sostenere che quello appena citato sia l’unico oggetto del giudicato penale, cioè: poiché l’effetto del ne bis in idem vive anche con riguardo alle pronunce meramente processuali, ergo non vi è necessità di accertamento del fatto ai fini dell’operatività dell’effetto preclusivo; di conseguenza non è il fatto (rectius: il suo accertamento) ma è la stessa preclusione l’oggetto del giudicato penale9.

Altra posizione dottrinaria è più attenta al momento dell’accertamento; sarebbe questo, momento indefettibile in ogni pronuncia, l’oggetto stesso del giudicato penale. Si può sostenere, a nostro avviso correttamente, che se vero è che l’effetto del giudicato penale è il ne bis in idem, altrettanto vero è che l’oggetto della pronuncia passata in cosa giudicata è l’accertamento, positivo o negativo, di un fatto (quello oggetto di giudizio).

Con altre parole, «poiché […] la preclusione opera tanto in caso di condanna, quanto in caso di proscioglimento, è chiaro che il divieto di emettere una seconda decisione sullo stesso oggetto si determina indipendentemente dal contenuto del comando, cioè dal giudizio positivo o negativo intorno agli effetti della fattispecie di reato accertata»10.

Quindi, l’oggetto del giudicato penale è l’accertamento della presenza, o dell’assenza, del fatto imputato a taluno; tanto ciò è vero, che anche le sentenze di proscioglimento per motivi processuali nascono a seguito della valutazione della impossibilità di prosciogliere nel merito, secondo la regola sancita dall’attuale art. 129 c.p.p.

Così era, peraltro, correttamente ritenuto pure sotto la vigenza del “vecchio codice” di procedura penale, ritenendosi che poiché il giudice doveva dichiarare l’insussistenza del fatto, la non commissione o la non previsione legislativa prima di una eventuale dichiarazione di improcedibilità; ciò determinava che laddove, invece, a questa pronuncia si pervenisse fosse da escludere una possibilità di proscioglimento nel merito. Questo indicava, quindi, un accertamento implicito del fatto pure nelle ipotesi di sentenza di proscioglimento per motivi processuali11; per tale motivo l’accertamento del fatto era sempre, anche sotto la vigenza del codice del 1930 e pure nelle dette ipotesi, l’oggetto del giudicato penale.

Si può senz’altro anticipare, con riserva di approfondire successivamente il tema, che sembra lasciarsi preferire la nozione “unitaria” di giudicato riguardante, cioè, sia il fatto ed il soggetto penalmente responsabile che la pena finale irrogata.

Da ciò nasce la necessità di un chiarimento con relazione alla tendenza alla definitività della decisione irrevocabile; la quale, tuttavia, è con riferimento alla pena solo tendenzialmente immodificabile.

Anzi, riguardo alle sentenze di condanna più che di giudicato sulla pena tendenzialmente immodificabile, taluno12 - in maniera chiaramente condivisibile - ritiene più corretto dichiarare una “tendenziale modificabilità” del giudicato stesso, soprattutto in caso di irrogazione di pena detentiva. Ed infatti, sin dal momento immediatamente successivo al giudicato, e poi dopo nel corso della fase esecutiva, tipo e quantità di pena restano modificabili; in particolare, la qualità-tipo della pena, intesa quale contenuto di essa, è esposta all’applicazione delle misure alternative di cui all’ordinamento penitenziario; potendo infatti trasformarsi la detenzione in “libertà”13, la reclusione in “semilibertà”14, etc. La quantità di pena, poi, è pure essa modificabile in esecuzione, basti pensare alla riduzione quantitativa derivante dalla “liberazione anticipata”15.

Page 633

Il giudicato sulla pena, pertanto, non può intendersi come immodificabilità della determinazione della stessa contenuta nel dato numerico e qualitativo del “giudicato definitivo”16.

Dunque, il giudicato penale ha, da un lato, quale...

Per continuare a leggere

RICHIEDI UNA PROVA

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT