Sulla legittimazione ad agire per l'annullamento della delibera condominiale

AutoreMaurizio de Tilla
Pagine48-50

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  1. - Con la decisione in rassegna la Corte di Cassazione ha affermato che la legittimazione generale all'azione di nullità prevista dall'art. 1421 c.c., in virtù della quale la nullità del contratto può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, non esime l'attore dal dimostrare la sussistenza di un proprio concreto interesse ad agire secondo le regole generali e con riferimento all'art. 100 c.p.c. (Cass. 11 gennaio 2001 n. 338).

Orbene l'applicazione di tale principio alla materia della nullità delle delibere assembleari, disciplinata appunto dal menzionato art. 1421 c.c., ha comportato l'esigenza di qualificare l'interesse di colui che facciavalere tale nullità, e quindi di ricondurlo non a quello di un terzo qualsiasi estraneo al condominio, ma nell'ambito dei partecipanti ad esso, anche al condomino che abbia partecipato, con il suo voto favorevole, alla formazione della delibera di cui egli invoca la declaratoria di nullità, oltre che al condomino assente o dissenziente. Pertanto da tali rilievi consegue che occorre pur sempre la qualità di condomino per ritenere sussistente l'interesse ad agire di colui che intende far valere la nullità di una delibera assembleare.

La decisione va condivisa ed è in linea con l'orientamento generale in base al quale l'interesse a proporre impugnazione innanzi all'autorità giudiziaria delle delibere condominiali deve essere concreto e attuale, non solo teorico e generico poiché al giudice non è consentito risolvere questioni puramente astratte e accademiche, che non siano attinenti a una posizione effettiva di vantaggio per il soggetto che la fa valere (Cass. 1 dicembre 2000 n. 15377, in Giust. civ. 2001, 644). Pertanto, mentre la sussistenza dell'interesse in astratto può raffigurare una questione di diritto, la sussistenza dell'interesse in concreto configura, invece, una questione di merito. Segue, da quanto precede, che esattamente il giudice del merito nega un interesse concreto del condomino a impugnare la delibera di modifica delle tabelle di ripartizione delle spese (adottata ai sensi dell'art. 69 delle disposizioni di attuazione del codice civile per effetto delle innovazioni di vasta portata operate e consistenti nel mutamento di destinazione degli immobili sottotetto), qualora accerti che per effetto della modifica denunciata dal ricorrente quest'ultimo vede ridurre la quota di spese di gestione a suo carico (Cass. 1 dicembre 2000 n. 15377).

Si è altresì ritenuto che in tema di azione di annullamento delle deliberazioni delle assemblee condominiali la legittimazione ad agire attribuita dall'art. 1137 c.c. ai condomini assenti e dissenzienti non è subordinata alla deduzione ed alla prova di uno specifico interesse diverso da quello alla rimozione dell'atto impugnato, essendo l'interesse ad agire richiesto dall'art. 100 c.p.c. come condizione dell'azione di annullamento anzidetta, costituito proprio dall'accertamento dei vizi formali di cui sono affette le deliberazioni (Cass. 4 aprile 1997 n. 2912).

Tutti i condomini che non hanno votato in maniera conforme alla deliberazione assembleare sono legittimati ad impugnarla, siano stati presenti alla seduta ovvero assenti (Cass. 9 gennaio 1999 n. 129, in Giur. it. 1999, 1145, in Riv. giur. edil. 1999, I, 703, con nota di DITTA), l'unica differenza consistendo nel dies a quo per proporre l'opposizione, che decorre dalla data della deliberazione per i primi e dalla data della comunicazione per gli altri, ivi compresi, pertanto, gli astenuti - i quali sostanzialmente non hanno approvato la delibera - a nulla rilevando che questi, al momento del voto, abbiano formulato riserva da sciogliere dopo la seduta (Cass. 9 dicembre 1988 n. 6671, in Giust. civ. 1989, 908 e 1873, con nota di M. DE TILLA).

L'art. 1137 c.c., che riconosce ad ogni condomino dissenziente il diritto di impugnare le deliberazioni dell'assemblea, si riferisce alle deliberazioni annullabili, mentre per quelle nulle provvede l'art. 1421...

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