Legge 431/98, applicazione e interpretazioni

AutoreCorrado Sforza Fogliani
Pagine345-347

Page 345

@1. Differimento sfratto, domanda entro la data fissata

La nuova legge per le locazioni abitative prevede che, per i provvedimenti di rilascio emessi dopo la sua entrata in vigore (30 dicembre 1998), l'inquilino possa chiedere al competente Tribunale, per una volta sola, che sia nuovamente fissata la data dello sfratto, entro un termine (salvo casi particolari, come handicappati, malati terminali ecc. . . ) di sei mesi (art. 6 L. n. 431/98).

La vigente normativa prevede già, peraltro, un differimento dello sfratto rispetto alla fine del contratto, che viene fissato dal giudice di merito (art. 56 L. n. 392/78). Pressoché unanimemente, la giurisprudenza ha allora ritenuto che il differimento previsto dalla nuova legge si applichi solo in via transitoria, e - così - specificatamente per i soli contratti stipulati sulla base della vecchia legge. Ma, fermo questo canone interpretativo, come si pone il differimento richiedibile - come detto - sulla base della nuova legge, con il differimento già concesso dal giudice sulla base della legge dell'equo canone?

Il presupposto primo dal quale bisogna partire, è questo: che con l'istanza di cui alla nuova legge, si chiede la proroga di un termine, quello fissato dal giudice di merito. D'altra parte, è principio generale di diritto che non si possa chiedere la proroga di un termine già scaduto. La conclusione è, a questo punto, forzata: il differimento dello sfratto sulla base della nuova legge non può essere chiesto che prima della data fissata, per lo sfratto, in applicazione dell'art. 56 della legge n. 392/78.

In questi termini ha ragionato anche il Tribunale di Milano. Che ha fatto notare, tra l'altro, che la rifissazione della data dell'escomio prima della scadenza di quest'ultima, consente all'inquilino di programmare lo sgombero dell'immobile e al locatore di sapere quando esattamente eseguire lo sfratto, evitando inutili ed onerosi atti della procedura esecutiva (che dovrebbe inevitabilmente essere riavviata ove si consentisse la rifissazione del termine di esecuzione in corso di procedura). Né, in questo modo, è lesa la tutela dell'inquilino, che (tra il termine di cui all'art. 56 L. n. 392/78 e quello di cui all'art. 6 n. 431/98) può concretamente beneficiare - addirittura, anche nei casi ordinari - del differimento dell'esecuzione sino ad un tempo massimo di due anni e mezzo, con intervallo quindi più che congruo per trovare un'altra sistemazione.

@2.Se l'inquilino invoca la «locazione di fatto», scatta la morosità

Era successo questo. Che il proprietario di casa - secondo quanto accertato dal giudice - aveva «preteso» l'instaurazione di una locazione «di fatto» (senza contratto scritto, cioè) e aveva poi citato in giudizio l'inquilino per morosità. Quest'ultimo, aveva allora eccepito che si trattava, appunto, di una locazione «di fatto» (quindi, nulla per legge) e il locatore, dal canto suo, era corso a registrare il contratto.

Il Tribunale di Verona ha deciso, innanzitutto, che nel caso di specie il proprietario di casa aveva validamente agito per morosità, e lo ha fatto in virtù di un semplice ragionamento: che l'inquilino aveva giustificato l'azione nel momento stesso in cui aveva ammesso l'esistenza di una locazione (sia pure «di fatto»).

Poi, però, il Tribunale ha anche affrontato un'altra questione: quella della...

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