L'innovazione del disegno di legge gelli nell'introduzione dell'azione di responsabilità medica

AutoreAldo Fittante
CaricaAvvocato e professore presso l'Università degli studi di Firenze
Pagine567-570
567
dott
Arch. giur. circ. e sin. strad. 7-8/2016
DOTTRINA
L’INNOVAZIONE DEL DISEGNO
DI LEGGE GELLI
NELL’INTRODUZIONE
DELL’AZIONE DI
RESPONSABILITÀ MEDICA (1)
di Aldo Fittante (*)
La necessità sentita dall’ordinamento giuridico di tu-
telare il paziente nel momento in cui riceve cure mediche
muove dalla tutela costituzionale del diritto alla salute.
Secondo il principio personalistico che anima la nostra
carta fondamentale, l’uomo è visto come un valore etico
in sé, con il preciso obiettivo di tutelare la persona nella
sua integralità, come portatore di convinzioni etiche, re-
ligiose, culturali e f‌ilosof‌iche che orientano ogni singolo
individuo.
In questa ottica il concetto di salute umana assume
una nuova dimensione, alla quale la giurisprudenza ha
prestato attenzione, non più da intendersi come semplice
assenza di malattia ma come stato completo di benessere
psicof‌isico, coinvolgente anche gli aspetti interiori della
vita del soggetto.
Tale importante presupposto acquista fondamentale
importanza nel momento in cui la persona viene in con-
tatto con la struttura ospedaliera o con il medico al f‌ine
di ricevere cure.
Nella prestazione di tali cure, il sanitario deve cer-
tamente osservare un canone di diligenza che è proprio
della specif‌ica prestazione posta in essere. Tale concetto,
però, laddove non ben def‌inito da un parametro legislativo
chiaro ed interpretabile, cade soggetto ad interpretazioni
che lo rendono criterio estremamente elastico.
In questo è di aiuto il concetto di media conoscenza
tecnico scientif‌ica dei professionisti che svolgono la stes-
sa attività. Si approda, quindi, per l’attività medica ad un
concetto di diligenza del buon professionista, cioè una di-
ligenza normalmente adeguata in ragione del tipo di atti-
vità svolta ed alle sue modalità di esecuzione.
La breve premessa svolta evoca immediatamente il
concetto di colpa professionale in campo sanitario che
è stata oggetto di intervento sia della Legge Balduzzi
(189/12) che del nuovo disegno di legge Gelli, (approvato
il 27 gennaio 2016 dalla Camera dei deputati ed in attesa
di approvazione def‌initiva del Senato al momento della
stampa di questa Rivista - N.d.R.).
Il principale obiettivo di tali interventi è stato, tra gli
altri, quello di ridurre la prassi della così detta medicina
difensiva.
Con questo termine si intende quel fenomeno per cui
il medico, chiamato a valutare il proprio parametro di
diligenza dinanzi ad un caso concreto, predilige la pre-
scrizione di visite, test diagnostici ed esami, che seppur
dubbi da un punto di vista di necessità legata al caso a
lui sottoposto, hanno il f‌ine di cautelare il medesimo da
eventuali future azioni per negligenza da parte del pazien-
te. Tali metodologie di prevenzione della responsabilità
si traducono, ovviamente, in costi non sempre giustif‌icati
per l’intero sistema sanitario.
Con il Decreto Balduzzi, convertito in L. 189/12, si è
infatti dinanzi ad un ripensamento del concetto di colpa
in ambito sanitario.
Il Decreto, in sede di conversione, all’art. 3 comma 1
statuisce che “l’esercente la professione sanitaria che nel-
lo svolgimento della propria attività si attiene a linee gui-
da e buone pratiche accreditate dalla comunità scientif‌ica
non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta
comunque fermo l’obbligo di cui all’art. 2043 del codice
civile. Il Giudice anche nella determinazione del risarci-
mento del danno tiene debitamente conto della condotta
di cui al primo periodo”.
È di tutta evidenza come la norma, secondo anche au-
torevole dottrina, accredita una distinzione tra colpa civi-
le e colpa penale, disponendo però una graduazione solo
per quest’ultima. La ricaduta giuridica di una simile impo-
stazione vede la possibilità di non far coincidere l’illecito
penale con quello civile.
Se, infatti, il parametro della responsabilità professio-
nale medica è quello della colpa, occorre ricordare breve-
mente come in essa l’elemento soggettivo si caratterizza
per l’assenza di dolo e per la sussistenza di negligenza o
imperizia nell’agire.
L’evento colposo, quindi, si determina perché il fatto
si è realizzato involontariamente a causa della mancata
adozione di prudenza e quindi per imperizia, inosservanza
delle leggi e disciplina in senso più ampio, o per impru-
denza.
La norma in esame, di fatto, senza def‌inire né il con-
cetto di colpa grave né di colpa lieve, elimina ogni effetto
penale in caso ricorra tale ultima ipotesi ed il sanitario
abbia seguito le linee guida, operando un generico rinvio
alla norma civilistica dell’art. 2043 c.c.
Di tutto rilievo è poi l’inciso f‌inale secondo cui il giu-
dice deve comunque tener conto della disposizione del
primo capoverso della norma citata anche nella determi-
nazione del risarcimento del danno.
Per quanto qui rileva, non possiamo esimerci dal sotto-
lineare come in tale disposizione normativa le linee guida
e le buone pratiche avvalorate dalla comunità scientif‌iche
abbiano assunto una importanza centrale nella valutazio-
ne della responsabilità medica e del conseguente risarci-
mento del danno.
Le citate linee guida sono state introdotte con lo scopo
di standardizzare l’attività medica, quali raccomandazioni
di comportamento clinico elaborate attraverso la revisio-
ne della letteratura e delle opinioni scientif‌iche.

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