Inefficacia del provvedimento cautelare non eseguito nel termine dell'art. 675 C.P.C.

AutoreAntonio Giacino
Pagine830-832

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@1. Premessa

Con l'atto introduttivo del giudizio, parte attrice esponeva di essere comproprietaria pro indiviso con il fratello di una notevole proprietà agricola che, da svariati decenni, quest'ultimo avrebbe amministrato a suo piacimento senza mai rendere conto, all'infuori di qualche modesta documentazione fornita dietro pressanti richieste del legale, degli incassi della gestione (canoni di locazione agricoli) e delle spese (in particolare del consumo dell'acqua) nonché di altre numerose opere di manutenzione eseguite nelle campagne.

Chiedeva, pertanto, l'attrice al fratello il rendiconto degli anni dal 1995 al 1999 nonché la ricostruzione della contabilità con le relative pezze giustificative; istava per la condanna del fratello a versarle le ragioni di credito vantate a titolo di partecipazione agli utili non corrisposti, oltre al risarcimento dei danni per il caso di accertamento di un comportamento contrario a diligenza del convenuto stesso.

In via istruttoria, chiedeva l'attrice che al fratello fosse ordinato dal G.I. l'esibizione in giudizio di tutti i documenti giustificativi delle spese.

Si costituiva in giudizio il convenuto il quale rilevava che, fino a tutto l'anno 1994, i terreni erano stati occupati da fittavoli e che, solo grazie alla sua laboriosa attività, erano stati resi liberi a seguito di innumerevoli cause agrarie abilmente condotte.

Solo da quel momento, si sarebbe potuta iniziare una vera e propria attività di sfruttamento della campagna, stipulando, d'intesa con la sorella, i relativi contratti agrari.

La gestione, per qualche anno, si sviluppò normalmente nell'accordo tra i fratelli, sino alla notifica dell'atto introduttivo del giudizio.

L'attrice, che non aveva mai in precedenza contestato l'attività del fratello, mosse con la citazione allo stesso una serie di addebiti per mala gestio; peraltro il convenuto si dichiarò prontamente disposto a rendere i conti.

Dopo la costituzione di quest'ultimo, e più precisamente con istanza 17 gennaio 2001, l'attrice, ripetendo gli addebiti mossi al fratello, di avere «profittato» della gestione delle campagne, nonché di avere esposto spese del tutto ingiustificate al fine di frodarla, presentava al G.I. istanza di sequestro giudiziario del conto corrente ed utilizzato per i fondi comuni, nonché il sequestro «giudiziale delle proprietà immobiliari» (terreni e case) intestate ai due fratelli.

L'istanza di sequestro giudiziario, in effetti, era infondata, soprattutto per il fatto che in causa non si discuteva se la proprietà di beni, a seguito di precedenti controlli o di divisione ereditaria, spettasse all'una o all'altra delle parti, vertendosi invece in una semplice causa di risarcimento danni in cui l'attrice lamentava operazioni scorrette del fratello; la vicenda poteva così inquadrarsi in una contestazione tra due comunisti, in cui uno di essi lamentava l'impossibilità del godimento dei beni comuni.

Nonostante la chiara situazione esposta, il Giudice istruttore, con provvedimento non condivisibile, affermava che, «dal momento che si controverte pur sempre, in ultima analisi, sul diritto di proprietà attinente al denaro ricavato dagli immobili oggetto della controversia, e che il periculum in mora risulta in re ipsa, data la natura della lite», concedeva il richiesto sequestro giudiziario, nominando un custode giudiziale.

Pur senza osservare la procedura ed i termini previsti dagli artt. 675 c.p.c., 677 c.p.c., 608 c.p.c., il custode, nominato nella persona di un geometra, disponeva dei beni sequestrati, stipulando contratti che andavano al di là dell'ordinaria amministrazione.

@2. Natura dell'art. 675 c.p.c. ed effetti della sua mancata osservanza

L'art. 675 c.p.c. richiede che il provvedimento che autorizza il...

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