Investigazioni difensive e dichiarazioni indizianti: una scelta all'insegna del dire e non dire che limita la funzione difensiva

AutoreLeonardo Suraci
Pagine623-626

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La legge 7 dicembre 2000, n. 397 ha cambiato il volto del processo penale italiano, contribuendo in modo indefettibile alla realizzazione di un modello processuale autenticamente «accusatorio».

Era prevedibile - accade sempre, quando le innovazioni legislative sono ricche di significato - che l'attività ermeneutica avrebbe in breve tempo svelato dubbi e perplessità interpretative di assoluto rilievo, avendo a che fare con istituti importanti e complessi, che coinvolgono diritti e facoltà fondamentali della persona.

L'importanza dell'innovazione - una sorta di sub codice di procedura penale - avrebbe richiesto la previsione, nel contesto della legge, di momenti ed istituti finalizzati alla verifica di eventuali contraddizioni ed imperfezioni e, quindi, all'emanazione delle indispensabili disposizioni integrative e correttive.

A distanza di cinque anni, tuttavia, nessuna correzione o integrazione è stata apportata alla legge (quasi che si tratti di un testo perfetto nella forma e intrinsecamente coerente nella sostanza) sebbene diversi profili della disciplina suscitino perplessità di spessore tale da esigere un chiaro intervento del legislatore.

Ritorniamo, così, a trattare il tema dell'efficacia preclusiva della self incrimination 1, un tema che la legge affronta con evidente superficialità, quasi a voler rendere convinti gli operatori del fatto che gli istituti fondamentali della procedura penale possono essere smembrati in funzione adattiva senza che ne vengano pregiudicate la funzionalità e l'intrinseca coerenza.

L'art. 391 bis, comma 9 c.p.p., come è noto, impone al difensore di interrompere l'esame della persona non indagata né imputata qualora renda dichiarazioni dalle quali emergano indizi di reità a suo carico. Similmente a quanto disposto dall'art. 63, comma 1 c.p.p., la norma prevede che le dichiarazioni rese in precedenza non potranno essere utilizzate contro la persona che le ha rese, da ciò dovendosi desumere che le stesse potranno essere pienamente utilizzate - previa acquisizione - nei confronti di altri e, in primo luogo, nel processo in cui è imputato l'assistito dell'investigante.

La disposizione si arresta, stranamente, senza delineare gli effetti che l'emergenza di elementi indizianti produce sul seguito dell'attività d'indagine del difensore, di talché diviene questione squisitamente interpretativa verificare se l'atto acquisitivo precedentemente interrotto possa proseguire (o iniziare ex novo) con l'osservanza delle forme prescritte dall'art. 391 bis, comma 5 c.p.p. - la norma, come è noto, disciplina il contatto investigativo con la persona sottoposta alle indagini o imputata nello stesso procedimento, in un procedimento connesso o per un reato collegato, corredandolo di un compendio garantistico ben più marcato rispetto al corrispondente atto del pubblico ministero e della polizia giudiziaria - o se, al contrario, sorga un vero e proprio divieto di contatto con la persona informata.

La prima soluzione avrebbe il pregio, se non altro, di consentire il completamento dell'esperienza conoscitiva in relazione alla specifica fonte dichiarativa, ponendo le risultanze al riparo da possibili sanzioni processuali in virtù della natura garantita dell'atto d'indagine, ma non ci sembra percorribile in mancanza di un'espressa previsione normativa.

Il codice di procedura penale, invero, individua gli atti idonei a determinare l'assunzione della qualità di imputato, ma non identifica in maniera certa il momento acquisitivo della qualità di persona sottoposta alle indagini, con la conseguenza di gravare l'interprete dell'onere di individuare il momento fondamentale per il passaggio dalla fase genericamente investigativa a quella, tipica e garantita, delle indagini preliminari.

Esclusa unanimemente l'efficacia costitutiva dell'iscrizione nel registro ex art. 335 c.p.p., permangono perplessità circa l'individuazione di un criterio identificativo univoco, attribuendosi rilievo ora allo svolgimento di investigazioni soggettivamente orientate, ora alla emersione di una notizia di reato soggettivamente qualificata.

Il dato che, comunque, inequivocabilmente emerge dal sistema è che affinché si abbia una persona sottoposta ad indagini occorre che si instauri una relazione intersoggettiva, una delle due parti della quale sia necessariamente costituita dagli organi pubblici di...

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