Sull’inconsistenza scientifica e giuridica del concetto di danno morale come voce di danno autonoma in presenza di danno biologico

AutoreGiacomo Gussoni
CaricaAvvocato, foro di Busto Arsizio
Pagine181-191

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  1. I fautori della tesi secondo cui il danno morale costituirebbe voce autonoma di danno in presenza di danno biologico si guardano bene dal descrivere con la necessaria precisione cosa intendano per danno morale. Essi dicono genericamente che si tratta di patema d’animo, di sofferenza soggettiva e anche di dolore fisico, ma non si pongono il problema dell’esatta definizione di patema d’animo e di sofferenza soggettiva, che può essere sia dolore fisico sia dolore psichico, e aggiungono che il danno morale così concepito è valutabile dal giudice senza bisogno di un supporto medico-legale, per presunzione e/o attraverso prove testimoniali. Aggiungono che sarebbe errato “somatizzare” il danno morale così concepito, con ciò volendo dire che esso non rientrerebbe nel danno biologico. L’espressione “somatizzare” è peraltro utilizzata in modo assolutamente improprio: somatizzare significa infatti “convertire un trauma o conflitto psichico, specie inconscio, in una manifestazione organica (in particolare a carico dell’apparato cardiocircolatorio o gastrointestinale o respiratorio)” (cfr. Grande Dizionario della Lingua Italiana), a ulteriore dimostrazione della poca chiarezza dei loro enunciati.

    Sorge inoltre spontanea una domanda: il patema d’animo, la sofferenza soggettiva, il dolore fisico e quello psichico sono forse qualcosa che nulla hanno a che fare con la lesione somatica, cioè propriamente del corpo, tenuto conto della struttura ontologica dell’uomo come persona?

    Oppure vi sono intimamente connessi?

    Si tratta di una domanda ineludibile, cui i fautori dell’autonomia del danno morale in presenza di danno biologico neppure pensano, o comunque non danno risposta.

    La risposta a questa domanda viene fornita dalla scienza medica e il diritto non può non coordinarsi con altri sistemi della cultura e specificamente con quello della scienza (cfr. FALZEA, Introduzione alle scienze giuridiche, 1983; PUGLIATTI, Studi metodologici, in Grammatica e diritto, 1978, citati da D’AMICO, in Il danno da emozioni, Giuffrè, 1992).

    La scienza medica spiega che il patema d’animo, la sofferenza interiore, la sensazione del dolore fisico, consistono in una risposta dell’organismo umano nella sua complessità (sindrome reattiva multidimensionale) che, in presenza di lesioni somatiche, possono ad essi aggiungersi come effetti negativi, distinti dal dolore fisico connaturato sempre alla lesione, come fatti emozionali conseguenti alle riflessioni del danneggiato sulla sua condizione. Possono anche tradursi in veri e propri danni psichici obiettivabili medico-legalmente oppure rimanere senza una simile conseguenza. La scienza medica consente di valutare non solo il danno psichico vero e proprio ma anche il dolore fisico e i fatti emozionali di cui si è detto (senza queste valutazioni - sia subito detto - non si vede come il giudice possa quantificare con adeguata motivazione il riconoscimento di un loro risarcimento, come pare sostengano i fautori dell’autonomia del danno morale, cfr. infra).

    Il patema d’animo, la sofferenza interiore possono naturalmente derivare anche da fatti che toccano la persona senza colpirla con lesioni somatiche (ad es. un fatto diffamatorio, la morte di un congiunto, ecc.). Di certo è però che essi (come il dolore fisico) sono sempre reazioni dell’organismo umano nella sua complessità, non fatti astratti e distinti.

    Quello che qui interessa è la relazione del dolore fisico con il danno biologico, inteso ormai concordemente in dottrina e giurisprudenza come danno-conseguenza, derivante dall’ingiusta violazione dell’integrità psico-fisica della persona, che ne modifichi in senso peggiorativo il modo di essere e che incida negativamente sulla sfera individuale del soggetto nelle sue manifestazioni di vita. Questa è sostanzialmente anche la definizione di danno biologico che si legge negli artt. 138 e 139 codice delle assicurazioni e il patema d’animo, la sofferenza interiore, il dolore fisico modificano in senso peggiorativo il modo di essere della persona, incidono negativamente sulle sue manifestazioni di vita.

    La scienza medica non consente dubbi.

    Uno dei modelli più noti da essa elaborati per spiegare il fenomeno del patema d’animo e della sofferenza interiore è il c.d. “modello integrativo” (cfr. PANCHERI, Stress, emozioni, malattia, Giuffrè 1983, sempre citato da D’AMICO).

    Esso giunge alla conclusione di una fondamentale

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    unità psicobiologica dell’organismo umano e consente di affermare che il patema d’animo e la sofferenza interiore così come il dolore fisico sono un tutt’uno con il danno biologico, come sopra definito.

    Altri modelli, con spiegazioni diverse, giungono peraltro alla stessa conclusione (cfr. PIATTELLI PALMERINI, Emozioni come computazioni, 1978; HAYMAL e PASINI, Medicina psico-somatica, 1974, sempre citati da D’AMICO).

    Tutti i modelli convergono sul fatto che il patema d’animo, la sofferenza interiore, il dolore fisico dipendono sia dal sistema nervoso vegetativo sia da quello endocrino, sia da quello neuroendocrino ed immunitario, sia dai ritmi biologici fondamentali dell’organismo.

    È scientificamente errato distinguere il patema d’animo, la sofferenza interiore, il dolore fisico dal danno biologico; anche il patema d’animo, la sofferenza interiore, il dolore fisico sono danno biologico (reazione biologica negativa dell’organismo umano).

    Le neuroscoscienze, che si stanno in questi anni imponendo nel campo della conoscenza come sapere nuovo e rivoluzionario, sono ormai giunte a “descrivere ogni comportamento e azione umana in termini di attività neuronali; tutte le espressioni e le manifestazioni dell’uomo paiono trovare esauriente e completa spiegazione nell’accadere dei processi delle sinapsi, nelle attività cerebrali, nelle connessioni tra neuroni che si combinano” (così, ROMANO, Fondamentalismo funzionale e nichilismo giuridico. Postumanesimo, noia, globalizzazione, Torino, 2004, pag. 10, citato in Neuroscienze e persona: interrogativi e percorsi etici a cura di LUIGI RENNA, EDB 2010).

    E’ stato sottolineato, a questo riguardo, come in base ai progressi della neuroscienze, “la razionalità in quanto tale è emotiva, il pensiero logico dell’uomo che pensa, vuole e sceglie, è incarnato”: così, CAPPELLETTO, Neuroestetica. L’arte del cervello, Roma Bari, 2009, pag. 5. Nella TRECCANI MEDICINA 2010 “CERVELLO MENTE E PSICHE”, a pag. 191, è ben chiarito che la percezione del dolore comprende l’attivazione di un sistema sensoriale, in cui una funzione essenziale è svolta dal sistema nervoso centrale e dai neuroni WDR e a pag. 397 che “un numero crescente di neuroscienziati sostengono una connessione funzionale diretta e senza soluzione di continuità fra neuroni, cervello e mente (intesa questa ultima come capacità di elaborazione delle informazioni)”. Sempre nella “TRECCANI MEDICINA” a pag. 307 è evidenziato “il vincolo indissolubile mente - cervello”.

    È quindi scorretto scientificamente operare distinzioni.

    La contrapposizione tra danno biologico e danno-dolore fisico e psichico è artificiosa e insostenibile. Dunque, a livello scientifico non esistono un patema d’animo, una sofferenza interiore, un dolore fisico come entità autonome.

    Tutta la scienza medica moderna è ormai “medicina della persona”, con totale superamento della dicotomia corpo-mente.

    Su questo tema è interessante leggere le relazioni di autorevoli esponenti della medicina legale italiana, appena raccolte nel volume Medicina legale e sofferenza fisica e morale, Giuffrè, 2010.

    VENDER, in una importante nota a pag. 161, fa richiamo al contributo di MARCO ROSSETTI (in Il danno non patrimoniale dopo le Sezioni Unite, a cura di GIULIO PONZANELLI, Gli speciali di Danno e Responsabilità, 10, 2009) ove si ricorda che nella lingua greca “algos” e “pathos” sono termini validi per indicare sia il dolore fisico che quello interiore psichico (il patema d’animo, la sofferenza interiore) mentre nella lingua latina “dolor” indica quello fisico, “aegritudo” quello corrispondente al patema d’animo, alla sofferenza interiore.

    VENDER rileva che il dolore fisico, il patema d’animo, la sofferenza interiore, in molte lingue sono definiti in maniera lessicalmente coincidente “a motivo della sovrapposizione delle due componenti percettiva/nocicettiva ed esperenziale/emotiva”. Sempre VENDER rileva in proposito a pag. 152: “....... Nelle valutazioni del dolore psichico va considerata, innanzi a tutto, la stretta interdipendenza fra aspetti somatici e psichici, che destituisce di fondamento la netta distinzione tra soma e psiche, che è un costrutto culturale, perchè non esiste emozione senza espressività somatica”. Lo stesso Autore aggiunge che è difficile per il medico-legale fornire una valutazione precisa dell’intensità del dolore psichico (sofferenza interiore), che comunque può segnalare come esistente, per fornire al giudice indicazioni, “sulla base dei comportamenti, delle capacità operative presenti nella vita quotidiana che contengono i segni del dolore psichico (sofferenza interiore)”.

    BUZZI concorda con VENDER. Egli precisa che il dolore fisico è già compreso nelle voci tabellari del danno biologico, “essendo comunque connaturata alla routinaria pratica valutativa medico-legale l’attenta presa in considerazione di ogni componente dolorosa ......” e aggiunge: “.... Vale la pena ricordarlo ai giuristi, i quali troppo spesso ritengono che questa ed altre componenti dei postumi non rientrino nell’ordinario apprezzamento medico-legale del danno biologico e delle componenti dinamico-relazionali che ne fanno parte integrante ...” (pag. 177).

    Diverso - continua BUZZI - è il discorso da fare sul “dolore psichico o interiore” per cui la medicina legale non può fornire stime tabellari ma può ben fornire “apporto descrittivo di elementi di natura bio-clinica al fine di orientare il giurista nella personalizzazione del danno biologico”.

    RANIERI DOMENICI concorda pienamente con BUZZI e dichiara apertamente che “non si può estromettere...

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