Un 'terzo incomodo' nel rapporto di locazione di un bene comune: il comproprietario non locatore

AutoreArcangela Maria Tamburro
Pagine142-145
142
dott
2/2013 Arch. loc. e cond.
DOTTRINA
.UN “TERZO INCOMODO”
NEL RAPPORTO DI LOCAZIONE
DI UN BENE COMUNE:
IL COMPROPRIETARIO
NON LOCATORE
di Arcangela Maria Tamburro
“La locazione è il contratto col quale una parte si ob-
bliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per
un dato tempo, verso un determinato corrispettivo”, così
recita l’art. 1571 c.c.. L’oggetto del contratto, quindi, può
essere una cosa mobile o immobile di cui il locatore ha
la disponibilità in quanto è il proprietario esclusivo o il
titolare di altro diritto reale oppure un comproprietario.
Nulla quaestio sorge nel caso in cui la parte locatrice è
proprietaria esclusiva o titolare di altro diritto reale sulla
cosa che intende dare in locazione, avendo essa la piena e
indiscussa disponibilità del bene che sarà oggetto del con-
tratto. Invece, sorgono diff‌icoltà nel caso in cui il bene è
parzialmente di proprietà della parte locatrice, in quanto
oggetto di regime di comunione ordinaria indivisa. A tal
proposito, pertanto, ci si domanda se, in base alla norma-
tiva vigente, sia permesso o meno ad un comproprietario
di dare in locazione il bene comune indiviso e, in caso di
risposta affermativa, a quali condizioni.
In materia di comunione, come è noto, non vi è una
norma che disciplina espressamente e specif‌icamente il
caso in esame, fatta eccezione per le locazioni ultrano-
vennali, per le quali l’art. 1108, comma 3, c.c. prevede il
necessario consenso di tutti i partecipanti alla comunio-
ne. Tuttavia, non vi sono neanche norme che escludono
categoricamente la possibilità per il comunista di locare il
bene comune, anzi.
Come prevede l’art. 1103, comma 1, c.c., ciascun par-
tecipante può disporre del suo diritto e cedere ad altri il
godimento della cosa, ma nei limiti della sua quota. Ne di-
scende che il comproprietario può locare il bene comune
ma solo nei limiti della sua quota, a meno che non ottenga
il consenso dell’altro partecipante, in caso di comunione
costituita da due partecipanti, o della maggioranza de-
gli altri partecipanti, in caso di comunione costituita da
più di due persone, nel caso in cui intenda locare l’intero
bene, in ossequio dell’art. 1105, comma 1, c.c., secondo cui
“tutti i partecipanti hanno diritto di concorrere nell’am-
ministrazione della cosa comune” (in re communi nemo
dominorum iure facere quidquam invito altero potest),
in combinato disposto con il comma 2 e il disposto di cui
all’art. 1108, comma 3, c.c., sopra citato. Queste norme la-
sciano desumere che uno dei comproprietari può dare in
locazione non solo la sua porzione di proprietà ma anche
quella degli altri comproprietari, purché vi sia il loro con-
senso, espresso o tacito (le norme non prevedono una for-
ma particolare), trattandosi, nel caso di specie, di un atto
di ordinaria amministrazione, in virtù della tassativa in-
dicazione degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione
nell’art. 1108 c.c., tra cui le locazioni ultranovennali, per
le quali, come si è visto sopra, è richiesto tassativamente il
consenso di “tutti” i partecipanti e non della maggioranza
di essi.
Insomma, concedere in locazione un bene comune co-
stituisce atto di ordinaria amministrazione della comunio-
ne, per il quale è richiesto il consenso, espresso o tacito,
della maggioranza dei partecipanti.
In questi termini si è costantemente espressa anche la
giurisprudenza di legittimità, che, per l’appunto, ha quali-
f‌icato la locazione “un atto di ordinaria amministrazione”
e che, a dire dei giudici della Suprema Corte, non neces-
sita dell’espresso assenso degli altri comunisti (in questo
senso, Cass. 23 gennaio 1976 n. 218; Cass. 9 febbraio 1983
n. 1597; Cass. 29 novembre 1986 n. 7073; Cass. 29 agosto
1995 n. 9113; Cass. 19 aprile 1996 n. 3725; Cass. 23 aprile
1996 n. 3831; Cass. 8 aprile 1998 n. 3653; Cass. 5 novembre
1999 n. 12327; Cass. 2 febbraio 2004 n. 14772), stabilendo,
in una remota pronuncia, che “la norma dell’art. 1105 c.c.
non attribuisce ai comunisti un reciproco mandato con
rappresentanza” (Cass. 14 ottobre 1976 n. 3441).
Pertanto, ciascun partecipante può locare il bene co-
mune purché vi sia il consenso degli altri comproprietari;
tuttavia, nel concludere il contratto in questione, deve
quantomeno informare il conduttore che il bene che si
loca è soggetto al regime di comunione ordinaria con altre
persone per la cui stipulazione è stato ottenuto il dovuto
consenso, in osservanza dell’art. 1337 c.c. secondo cui “le
parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione
del contratto, devono comportarsi secondo buona fede”, a
meno che il conduttore non lo sappia già perché persona
avveduta che ha consultato i registri pubblici immobiliari
in cui è trascritta la situazione di comunione, ove oggetto
della locazione sia un bene immobile. Comunque, a mio
avviso, nella fattispecie il comproprietario non locatore
può anche non informare il conduttore di questa circo-
stanza per le considerazioni che fra breve si andranno ad
esporre, anche se, in virtù del recente orientamento inter-
pretativo della giurisprudenza di legittimità di cui si rife-
rirà tra breve, appare comunque necessaria l’informazione
anzidetta per non incorrere in responsabilità contrattuale
nei confronti del conduttore.
A questo punto, però, ci si domanda se il compro-
prietario non locatore, non essendo parte del contratto
in questione, abbia il diritto o meno di chiedere il paga-
mento del canone di locazione, nei limite della sua quota,
rivolgendosi direttamente al conduttore, considerato che
l’art. 1105, comma 1, c.c. consente a ciascun partecipante
di concorrere nell’amministrazione della cosa comune e,

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