Inammissibile il ricorso del P.G. avverso la sospensione condizionale della pena concordata

AutoreDaniela Pelizzari
Pagine347-348

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@1. I fatti

– Durante la fase delle indagini preliminari nell’ambito di un articolato procedimento avente ad oggetto reati in materia di detenzione di sostanze stupefacenti, il G.i.p. presso il Tribunale di Piacenza, a seguito di accordo intervenuto tra il Pubblico Ministero ed il procuratore speciale dell’imputata, applicava la pena di anni 1 e mesi 6 di reclusione ed € 4.000,00 di multa, e, sempre ratificando l’accordo raggiunto, sospendeva la pena irrogata.

La motivazione posta a fondamento della sentenza era la seguente: «considerato che così come prospettato dalle parti il fatto oggetto dell’imputazione va ricondotto alla fattispecie p. e p. dal reato di cui in epigrafe;

che sempre secondo la corretta prospettazione delle parti sono applicabili le circostanze attenuanti di cui all’art. 73 co. 5 D.P.R. 309/90 (cessioni di piccoli quantitativi di eroina effettuate da soggetto a sua volta tossicodipendente) e quelle di cui all’art. 62 bis c.p. (incensuratezza dell’imputata);

ritenuto pertanto che, anche per effetto della diminuzione di pena prevista dall’art. 444 la pena indicata dalle parti deve ritenersi congrua e correttamente determinata;

che ricorrono le condizioni di legge per la concessione della sospensione condizionale della pena e che, conseguentemente, la misura cautelare applicata alla stessa (arresti domiciliari) va immediatamente revocata; ...».

La motivazione sopra riportata, senza dubbio sintetica, ma all’esito del giudizio di Cassazione ritenuta sufficiente dalla Suprema Corte, è stata oggetto di censura da parte del Procuratore Generale presso la Corte d’Appello territorialmente competente.

@2. I motivi di ricorso e le ragioni della sua inammissibilità

– Nel caso esaminato dalla sentenza che si annota, il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Bologna ha proposto ricorso in Cassazione lamentando l’inosservanza della legge penale (con riferimento agli artt. 163 e 164 c.p.) e la carenza di motivazione ex art. 606 lett. e) c.p.p. a causa della eccessiva (ma evidentemente non necessariamente meritevole di censura) sintesi con la quale il Giudice ha motivato la sentenza di patteggiamento.

Con la decisione in commento la Corte ha accolto la tesi esposta nella memoria difensiva depositata nell’interesse dell’imputata che, sulla scorta dell’iter giurisprudenziale formatosi sul punto, ha contestato la legittimazione del P.G. a proporre tali tipi di ricorsi stante l’intangibilità dell’accordo intervenuto tra l’imputato ed il Pubblico Ministero, organo dello stesso Ufficio che – negando l’accordo medesimo – vorrebbe neutralizzarne gli effetti.

Secondo l’orientamento espresso, il P.G. presso la Corte d’Appello non sarebbe legittimato a sostituire la propria...

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