Il Procedimento Davanti Al Giudice Di Pace E La Tenuità Del Fatto Ex Art. 131 Bis C.P.: Ancora Dubbi Interpretativi

AutoreAnnalisa Mangiaracina
Pagine265-270
265
dott
Arch. nuova proc. pen. 3/2017
DOTTRINA
IL PROCEDIMENTO DAVANTI
AL GIUDICE DI PACE
E LA TENUITÀ DEL FATTO
EX ART. 131 BIS C.P.: ANCORA
DUBBI INTERPRETATIVI
di Annalisa Mangiaracina
SOMMARIO
1. Premessa. 2. La tenuità ex art. 131 bis c.p. e l’improcedi-
bilità ex art. 34 D.L.vo n. 274/2000: differenze strutturali. 3.
L’inapplicabilità dell’art. 131 bis c.p. 4. Un’esclusione “irra-
gionevole”.
1. Premessa
Il percorso interpretativo volto a colmare i “chiaroscu-
ri” dell’istituto della tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis
c.p., pur a distanza di quasi due anni dalla sua entrata in
vigore – avvenuta il 2 aprile 2015 – non può certamen-
te dirsi compiuto, come dimostra la copiosa produzione
giurisprudenziale, sia sostanziale sia processuale (1). Su
quest’ultimo versante, in particolare, è da registrare un
contrasto insorto tra alcune sezioni della Corte di Cassa-
zione, seppure la prevalente giurisprudenza sia orientata
in senso contrario (2), sull’applicabilità della nuova cau-
sa di non punibilità di natura sostanziale al microsistema
processuale proprio dei reati di competenza del giudice di
pace, disciplinato dal D.L.vo 28 ottobre 2000, n. 274, nel
quale esiste, sin dalle sue origini, un istituto pure ancora-
to alla tenuità, al quale si è ispirato il legislatore del 2015,
ma del tutto diverso quanto a natura giuridica – trattan-
dosi di condizione di procedibilità (3) – presupposti e ca-
denze procedimentali: l’esclusione della procedibilità nei
casi di particolare tenuità del fatto ex art. 34. Il rischio
di un possibile disorientamento tra gli interpreti sul co-
ordinamento tra i due “sistemi” (4) era stato adombrato
già in sede di lavori preparatori dell’art. 131 bis c.p. tanto
che, nel testo del parere approvato sullo schema di decre-
to legislativo il 3 febbraio 2015 dalla Commissione Giu-
stizia, si invitava il Governo a valutare «l’opportunità di
coordinare la disciplina della particolare tenuità del fatto
prevista dall’articolo 34 del decreto legislativo 28 ottobre
2000, n. 274, in riferimento ai reati del giudice di pace,
con la disciplina prevista dal provvedimento in esame». La
sollecitazione, tuttavia, era stata respinta soltanto perché
ritenuta estranea alle indicazioni della legge delega (5).
Da qui la “coesistenza” di tre modelli autonomi di tenuità
(6): l’irrilevanza del fatto del procedimento minorile, di
più risalente tradizione (art. 27 D.P.R. 22 settembre 1988,
n. 448), l’esclusione della procedibilità della giurisdizio-
ne di pace (art. 34 D.L.vo n. 274/2000) e, inf‌ine, la non
punibilità di matrice sostanziale (art. 131 bis c.p.). Su
questi ultimi due istituti si intende soffermare l’attenzio-
ne nel tentativo di verif‌icare, muovendo da un dato certo
– l’esclusione di un’abrogazione tacita per incompatibilità
dell’art. 34 D.L.vo n. 274/2000 (7) – se vi siano margini per
una qualche operatività dell’art. 131 bis c.p. nell’ambito
della giurisdizione specializzata del giudice di pace.
2. La tenuità ex art. 131 bis c.p. e l’improcedibilità ex
art. 34 D.L.vo n. 274/2000: differenze strutturali
Il campo d’applicazione dell’istituto di cui all’art. 131
bis c.p. è stato def‌inito dal legislatore in relazione alla gra-
vità del reato desunta dalla pena edittale, non superiore
nel massimo a cinque anni e alla non abitualità del com-
portamento. Riguardo a quest’ultimo elemento, secondo
la giurisprudenza, il «comportamento è abituale quando
l’autore ha commesso, anche successivamente, più reati
della stessa indole, oltre quello oggetto del procedimento»
(8). In tale ambito, come è stato chiarito (9), il fatto par-
ticolarmente tenue va individuato dal giudice alla stregua
di caratteri riconducibili a tre categorie di indicatori, di
tipo “oggettivo”: le modalità della condotta, l’esiguità del
danno o del pericolo, l’intensità del dolo e il grado della
colpa, elemento, quest’ultimo, del quale si impone pure
una valutazione in ragione del richiamo al comma 1 del-
l’art. 133 c.p. che compare nel testo della norma. Si è poi
limitata la discrezionalità del giudizio escludendo alcune
situazioni ritenute incompatibili con l’idea di speciale te-
nuità quali, ad esempio, i motivi abietti o futili, la crudeltà
anche in danno di animali, l’avere adoperato sevizie, l’a-
vere prof‌ittato della condizione di minorata difesa della
vittima o la circostanza che dalla condotta siano derivate
quali conseguenze non volute la morte o le lesioni gravis-
sime di una persona.
Diversi gli sbocchi processuali della tenuità del fatto.
In sede di indagini preliminari, in presenza delle condizio-
ni di cui all’art. 131-bis c.p., il pubblico ministero può opta-
re per la richiesta di archiviazione ex art. 411 comma 1 bis
c.p.p. con l’obbligo di darne comunicazione alla persona
sottoposta ad indagini e alla persona offesa, ancorché que-
sta non abbia chiesto di essere informata. Quest’obbligo
di informazione è funzionale a porre entrambi i soggetti
nelle condizioni di enunciare le ragioni del dissenso me-
diante l’atto di opposizione: quanto all’indagato, non va,
infatti, dimenticato che il provvedimento di archiviazione,
ancorché all’apparenza privo del carattere della def‌initi-
vità, andrà iscritto nel certif‌icato del casellario giudiziale
per dieci anni – come specif‌icato anche nel testo della
Relazione – e potrà essere valutato ai f‌ini dell’abitualità,
condizione ostativa ad una successiva applicazione della
tenuità del fatto. In ogni caso, il giudice per le indagini
preliminari, pur a fronte del dissenso manifestato da colo-
ro che siano comparsi all’udienza camerale, potrà libera-
mente decidere sull’accoglimento o meno della richiesta
di archiviazione, non essendo il parere delle parti vinco-
lante (10).

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