Il nuovo testo dell'art. 609 codice di procedura civile in materia di asporto di mobili estranei all'esecuzione: prime considerazioni

AutorePaolo Scalettaris
Pagine240-247
240
dott
3/2015 Arch. loc. e cond.
DOTTRINA
il nuovo testo dell’Art. 609
Civile in mAteriA di Asporto
di mobili estrAnei
All’eseCuzione: prime
ConsiderAzioni
di Paolo Scalettaris
SOMMARIO
1. Premessa. 2. Il testo della norma prima della novella. 3. Il
nuovo testo della norma. 4. La f‌inalità ed il signif‌icato delle
nuove disposizioni; 4-1) L’aspetto oggettivo: i beni mobili
estranei all’esecuzione e la loro descrizione. 4-2) L’intima-
zione all’asporto dei beni. 4-3) Il termine per l’asporto. 4-4)
La conclusione dell’esecuzione del rilascio. 4-5) La stima
dei beni. 4-6) I documenti presenti nell’immobile. 4-7) Il
ritiro dei beni. 4-8) La vendita dei beni. 4-9) L’ipotesi della
presenza di beni pignorati o sequestrati.
1. Premessa
Un aspetto della procedura esecutiva per rilascio (1)
che può dare luogo a problemi è legato all’eventualità che
nell’immobile oggetto dell’esecuzione siano presenti, al
momento dell’accesso dell’uff‌iciale giudiziario per il com-
pimento dell’esecuzione, beni mobili o arredi dell’esecuta-
to o di terzi. Vi è da chiedersi quale debba essere il destino
di tali beni e come possano condursi le cose aff‌inché la
presenza di questi non ostacoli o limiti sul piano concreto
la facoltà del proprietario dell’immobile di disporre e di
godere di questo.
La materia è disciplinata dall’art. 609 c.p.c. (“provvedi-
menti circa i mobili estranei all’esecuzione”), norma che
è stata recentemente modif‌icata. Esaminiamo le nuove
disposizioni confrontandole con le vecchie al f‌ine di com-
prenderne i prof‌ili di novità.
2. Il testo della norma prima della novella
Ricordiamo innanzitutto le previsioni della vecchia
norma.
Questa disponeva che se nell’immobile oggetto dell’ese-
cuzione per rilascio fossero presenti cose mobili apparte-
nenti al soggetto “tenuto al rilascio”, l’uff‌iciale giudiziario,
ove tali cose non venissero asportate immediatamente, ne
potesse disporre la custodia in loco, anche a cura della
parte istante che accettasse di custodirle, oppure il tra-
sporto altrove (sempre a cura e spese dell’istante). Da no-
tare che era controverso se l’attività indicata dalla norma
costituisse per l’uff‌iciale giudiziario una mera possibilità o
fosse invece oggetto di un preciso obbligo (2).
Completava l’articolo la previsione che ove le cose
presenti nell’immobile fossero oggetto di pignoramento o
di sequestro l’uff‌iciale giudiziario dovesse notiziare imme-
diatamente del compimento dell’esecuzione del rilascio
i creditori pignoranti o sequestranti ed anche il giudice
dell’esecuzione per l’eventuale sostituzione del custode.
Salve le differenze che si registravano sul piano della
prassi tra le diverse sedi giudiziarie, avveniva di frequente
sul piano concreto in base alle disposizioni ora ricordate
che in sede di esecuzione l’uff‌iciale giudiziario – nell’ipo-
tesi considerata - descrivesse nel verbale i beni presenti
nell’immobile (il che avveniva peraltro solo per i beni
di qualche valore, perché della presenza di beni privi di
valore l’uff‌iciale giudiziario dava semplicemente atto
autorizzando l’esecutante a disfarsene) e ne aff‌idasse la
custodia all’esecutante, che spesso - pur non volentieri - la
accettava perché in questo modo poteva essere portata a
conclusione sùbito e senza ulteriori diff‌icoltà l’esecuzione.
Vi è da dire però che così i beni restavano nell’immobile e
si apriva a quel punto il problema del come l’esecutante
potesse liberarsene: i beni in questione venivano infatti
a costituire per l’esecutante un ostacolo al godimento del
bene ed anche un onere che con il trascorrere del tempo
inevitabilmente diveniva più gravoso.
Per cercare di risolvere il problema nella prassi si era
soliti fare ricorso a diverse soluzioni una delle quali consi-
steva nella promozione da parte dell’esecutante - previo
invito all’esecutato ad asportare i beni (invito possibile pe-
raltro solo ove fosse conosciuto il nuovo indirizzo dell’ese-
cutato) - di un giudizio diretto a fare dichiarare che i beni
erano stati abbandonati e che essi costituivano pertanto
res derelictae, con possibilità per il custode di operarne
l’occupazione ex art. 923 c.c. e poi di disfarsene. Altra stra-
da seguìta nella prassi consisteva nella promozione (in
base ad un titolo esecutivo, che poteva essere costituito
eventualmente anche dal decreto ingiuntivo pronunciato
nel procedimento di sfratto per morosità ex art. 664 c.p.c.
o dal provvedimento di liquidazione delle spese della fase
della convalida dello sfratto (3) o dal provvedimento ex
art. 611 c.p.c. di liquidazione delle spese dell’esecuzione
del rilascio) del pignoramento dei beni f‌inalizzato alla loro
vendita coattiva.
Entrambe le soluzioni ora indicate erano però assai
onerose e richiedevano tempi lunghi.
Altro tentativo di soluzione del problema era stato ope-
rato in sede locale con il “Protocollo sfratti” 6 novembre
2013 del Tribunale di Bologna (4), che aveva previsto la
possibilità per il giudice, nel caso di convalida dello sfrat-
to per morosità, di autorizzare “il locatore a provvedere
allo smaltimento in discarica di eventuali beni rinvenuti
nell’immobile al momento dell’esecuzione dello sfratto,
qualora non asportati dal conduttore entro il termine di
dieci giorni dalla data dell’escomio forzato, consideran-
doli res derelictae”. Con riguardo a questa previsione si
era osservato (5) però che appariva dubbia la legittimità
di un provvedimento che affermasse a priori che i beni
che al momento dell’esecuzione dello sfratto sarebbero

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