Il non uso dell'immobile locato

AutoreMaurizio de Tilla
Pagine662-663

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Con la decisione in rassegna la Corte di cassazione ha anzitutto ricordato il principio in base al quale il conduttore di immobile destinato ad uso abitativo non ha, di regola, l'obbligo di usare il bene locato ad eccezione dei casi in cui il contratto abbia ad oggetto o una cosa produttiva o un bene per cui l'uso sia necessario alla sua conservazione o ancora nel caso in cui un determinato uso della cosa sia stato specificamente assunto come obbligazione dalle parti nel sinallagma contrattuale. In tali casi, il non uso della cosa locata posto a base della domanda di risoluzione contrattuale deve essere valutato alla stregua dei criteri generali in tema di inadempimento contrattuale e non ai sensi dell'art. 80 L. 392/78 che prevede il caso di unilaterale mutamento di uso dell'immobile locato. La Corte Suprema ha, quindi, osservato che il mancato uso dell'immobile può avere rilievo non solo nelle ipotesi predette ma anche nelle ipotesi in cui vengano lesi gli interessi del locatore in relazione allo svilimento commerciale dell'immobile. Non vi è dubbio che un esercizio commerciale chiuso per più anni può provocare notevole deprezzamento del valore di mercato dell'immobile, nonché perdita di immagine dello stesso, il che importa come logica conseguenza che l'uso dell'immobile, adibito specie ad attività commerciale, può costituire punto di indubbio interesse per il locatore, se è vero che egli - al termine della locazione - è tenuto al pagamento della indennità commerciale e se è vero che con il non uso vengono meno anche le ragioni che giustificano la protrazione forzosa del contratto di locazione in regime transitorio e la durata legale in regime ordinario.

Tali rilievi appaiono del tutto condivisibili, apparendo palese che la chiusura prolungata di un immobile adibito ad uso non solo commerciale, ma anche industriale od artigianale, può in taluni casi comportare danni alla parte locatrice sia con riferimento ad una eventuale futura vendita del diritto di proprietà sia con riferimento a future ulteriori locazioni, sia con riferimento ad altre possibili utilizzazioni.

La decisione si inserisce nell'alveo dell'orientamento giurisprudenziale dominante v.: Cass. 17 maggio 1990 n. 4279, Giust. civ. 1991, 655; Cass. 16 ottobre 1991 n. 10938, in questa Rivista 1992, 581; Cass. 14 maggio 1991 n. 5384, Rass. equo canone 1992, 430, con nota di P. FERRONE; Cass. 17 ottobre 1995 n. 10815; Cass. 12 novembre 1996 n. 9875, Giust. civ. 1997, I, 1337, Riv. giur. edil. 1997, I, 479, con nota di M. DE TILLA; Trib. Roma 22 giugno 2000, Giust., n...

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