Il fermo amministrativo

AutoreRoberto Pellecchia
CaricaMagistrato, Tribunale di Napoli.
Pagine285-291

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@1. Le varie tipologie di fermo amministrativo fiscale.

Il fermo* amministrativo dei veicoli a motore a fini fiscali è stato, per la prima volta, introdotto nel nostro ordinamento (nel contesto della riscossione coattiva dei tributi erariali) nel 1996, precisamente, con l’art. 1 comma 4, D.L. 31 dicembre 1996 n. 669, conv. L. 28 febbraio 1997 n. 30, mediante inserimento dell’art. 91 bis D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 (successivamente soppresso dal D.L.vo 46/1999). D’altra parte, come si vedrà meglio nel prosieguo della trattazione, nonostante che si tratti di figura normativa recente, per ben due volte sono intervenute modifiche legislative alla medesima, modifiche che (specialmente la seconda e ultima in ordine di tempo) ne hanno incisivamente mutato i tratti caratteristici, tanto da farne qualcosa di significativamente diverso dalla costruzione originaria, ponendo problemi di interpretazione e applicazione.

L’art. 69, R.D. 28 novembre 1923 n. 2440 (recante: «Nuove disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato»), modello primigenio del fermo amministrativo, stabilisce, all’ultimo comma, testualmente: «Qualora un’amministrazione dello Stato che abbia, a qualsiasi titolo, ragione di credito verso aventi diritto a somme dovute da altre amministrazioni, richieda la sospensione del pagamento, questa deve essere eseguita in attesa del provvedimento definitivo». La disposizione, in sé scarna risulta alquanto vaga, come quando, in fine, parla di provvedimento definitivo che, si deve supporre, dovrebbe essere quello attinente al pagamento del credito vantato dal privato (o altro ente), ovvero quello di risoluzione, comunque, della partita debitoria da parte dell’amministrazione debitrice, che aveva bloccato il pagamento su richiesta di altra amministrazione statale (che, invece, era creditrice nei confronti del medesimo soggetto). Ad ogni modo una siffatta previsione normativa, incidendo unilateralmente nel contesto di un contratto, o altra fatti- specie obbligatoria, a vantaggio della P.A. (statale) debitrice e a tutto svantaggio del creditore - il quale vede da un momento all’altro (salvo il rispetto del non gravoso onere procedimentale da parte dell’amministrazione) pregiudicato il suo credito quanto meno per il tempo occorrente per la definizione della partita - rispecchia egregiamente la concezione dell’autoritatività o imperatività della P.A. Anzi pare evidente che il fermo si traduce in un vero e proprio privilegio per la stessa nei confronti del privato con il quale, pure, essa sia legata da un rapporto contrattuale o para-contrattuale, difficilmente giustificabile se non nel contesto di un ordinamento improntato all’imperatività e alla supremazia dello Stato-amministrazione, donde la preminenza della cura dei relativi interessi su quelli dei privati. Su un piano relativamente più concreto, si può dire che l’istituto in questione si ponga come emblematico della classica teorizzazione circa la c.d. degradazione - o affievolimento - del diritto soggettivo a interesse legittimo, ciò che viene posto bene in evidenza dalla giurisprudenza che se n’è occupata.

Si osserva che la sospensione del pagamento in attesa del provvedimento definitivo di incameramento o di sblocco del credito del privato (BENNATI, Manuale di contabilità di Stato, cit., 486-87; CASSESE, Il fermo amministrativo: un privilegio della pubblica amministrazione, in Giur. cost., 1972, 331; MONTEL, Digesto delle discipline pubblicistiche, ad vocem, vol. VI, Torino, 1991, 302-3) costituisce una facoltà e non un obbligo per l’amministrazione interessata, e che a tale decisione l’amministrazione che la chiede perviene a seguito di apprezzamento discrezionale, segnatamente in ordine alla possibilità di sperimentare mezzi alternativi, quali, ad es., l’imposizione di prestare una fideiussione bancaria o altri mezzi utilizzabili all’interno del contratto. Ciò mostra anche, ad abundantiam, la natura cautelare (cioè, interdittiva e temporanea) dello strumento, in funzione della tutela delle ragioni di credito. Quanto a dette «ragioni di credito», si è discusso se debba trattarsi di credito liquido ed esigibile, o basti una mera pretesa creditoria, concludendosi che, se pure non sia necessario che si tratti di somme di denaro liquide ed esigibili, la procedura inerente debba essere giunta a un punto tale da fare ritenere sufficientemente definito l’obbligo di versamento del debitore e il quantum delle somme da incassare, e dunque ragionevole la richiesta di sospensione Infine, va rilevato che - a differenza di quantoPage 286accade nell’altro modello di cui si dirà di qui a breve, e nel fermo al centro della nostra indagine - qui oggetto del fermo è costituito da crediti di natura pecuniaria, e non invece da beni mobili (che, viceversa, costituiscono l’oggetto immediato nelle altre due fattispecie).

Quanto alla giurisdizione sulle controversie nascenti dall’attivazione dell’istituto, pare evidente che questa appartiene al giudice amministrativo, come si evince da costante e pacifica giurisprudenza. Per tutte, cfr. Tar Lazio, Roma, sez. II, 11 settembre 2000, n. 7010 (che, rico- struita la natura giuridica dell’istituto, mostra come le posizioni giuridiche fatte valere siano da qualificare quali interessi legittimi, con la logica conseguenza della giurisdizione del g. a.), in Tar, 2000, 3580; Tar Lazio, Roma, sez. III, 7 agosto 2002, n. 7052 (che asserisce il non obbligo di comunicazione di avvio del procedimento, stante la natura di misura strumentale interdittiva e temporanea), in Tar, 2002, 2870; Cass. civ., SS.UU., 4 novembre 2002, n. 15382, ivi (che afferma la giurisdizione del g.a., a meno che il fermo non sia stato disposto in situazione di carenza di potere, da amministrazione non statale, nel qual caso la giurisdizione appartiene al g.o.); Cons. St., sez. VI, 23 dicembre 2002, n. 7278, in Giust. It. (in conformità alla già rilevata degradazione della posizione giuridica soggettiva del privato da diritto soggettivo a interesse legittimo).

Tutt’affatto diversa sembra la funzione e la giustificazione di un istituto simile a quello fin qui esaminato soltanto nel nomen, che è previsto in relazione a varie infrazioni delle disposizioni poste dal c.d. codice della strada (approvato con D.L.vo 30 aprile 1992 n. 285). Si tratta, invero - conviene anticipare subito - di una misura sanzionatoria che si aggiunge a quella comminata in via principale in relazione a determinate fattispecie (vale a dire, una sanzione accessoria).

In relazione a talune fattispecie trasgressive, le specifiche norme del c.s., che le sanzionano aggiungono in più alla sanzione pecuniaria quella accessoria del fermo amministrativo del veicolo: si vedano gli artt. 122 (guida da parte di chi è in attesa di patente di guida senza avere a fianco, in funzione di istruttore, persona munita di patente; il fermo è irrogato per tre mesi), 170 (violazione delle regole sul trasporto di persone su veicoli a due ruote da parte di minorenne), 171 (guida senza casco da parte di conducente minorenne di veicolo a due ruote; in tal caso il fermo - per trenta giorni - sostituisce la sanzione pecuniaria divenendo, così, sanzione principale), 175, 176 (infrazioni concernenti il comportamento e la guida sulle autostrade e sulle strade extraurbane principali); tutte le ipotesi normative del c.s. per le quale è comminata la sospensione della carta di circolazione, per un tempo di pari durata (art. 214 comma 7).

Orbene, in relazione a tali fattispecie - sanzionate anche con il fermo del veicolo, per durate variabili per ognuna di esse - l’art. 214 del medesimo D.L.vo n. 285 del 1992 detta disposizioni miranti a rendere immediatamente operativo ed efficace il blocco della circolazione del veicolo che fu strumento della violazione, ed altre concernenti il ricovero del veicolo, la restituzione dello stesso, ecc. Il I co., in effetti, dispone che l’organo di polizia che ha accertato la violazione provvede direttamente a far cessare la circolazione del veicolo e a farlo ricoverare in apposito luogo di custodia, del che si dà atto nel verbale di contestazione, soggiungendo che, se si tratta di un ciclomotore, va ritirato anche il relativo certificato di idoneità tecnica.

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