Il danno esistenziale

AutoreFederico Freni
Pagine449-450

Page 449

@A proposito di G. CASSANO, La prima giurisprudenza del danno esistenziale, Ed. La Tribuna, Piacenza 2002, pp. 1-479

La giurisprudenza, com'è noto ai più, non si limita ad offrire la conoscenza di un diritto già interamente formato, ma contribuisce essa stessa alla formazione del diritto; è insomma a tutti gli effetti un'ars creativa. E questo non solo nei grandi, millenari ordinamenti non legalisti, come il diritto romano, il diritto comune continentale o il common law anglosassone, ma anche, e, se vogliamo, con diversa e più intensa incisività, laddove vige formalmente il postulato legalista per il quale la legge è tutto il diritto e la legge è tutta diritto.

Seguendo un'impostazione già proficuamente adottata altrove, quella cioè che relaziona la norma in via diretta al divenire perpetuo della giurisprudenza, GIUSEPPE CASSANO, autore magmatico e poliedrico, svolge un'analisi circostanziata del danno esistenziale come categoria logico giuridica, attraverso l'esame del formante giurisprudenziale (quasi del tutto inedito) emerso dopo la battuta d'arresto imposta all'espansione del danno biologico dalla Corte costituzionale (sentenza 27 ottobre 1994, n. 372) e dalla successiva circoscrizione dei contenuti del danno morale, con la conseguente creazione di una zona grigia di confine tra le due fattispecie.

Certo è che la decisione giudiziaria non può identificarsi con un microcosmo chiuso o con una sorta di monade che trovi le sue ontologiche ragioni solo in sè stessa e che solo in sè stessa esaurisca i suoi effetti. Se così fosse ci si troverebbe in una condizione paradossale, ove il giudicato si renderebbe funzionale unicamente alla risoluzione del singolo caso. Così non è invece - perlomeno nei moderni ordinamenti che, come il nostro, traggono linfa dal principio di legalità - poiché ci si attende che ogni decisione si inserisca sia nel contesto generale dell'ordinamento, sia nel dinamico processo interpretativo delle disposizioni legislative (che solo grazie all'opera dell'interprete assurgono al rango di norme), affluente primario del flusso evolutivo dell'ordinamento medesimo.

Questa tendenza, che porta l'attività creativa del giudice a divenire parte di un macrocosmo in perenne, eracliteo, divenire non si inserisce, né può inserirsi, in atti decisori singoli ed isolati, ma deve necessariamente riconnettersi a parametri d'ordine più generale, tali da consentire una piena astrazione della norma dal caso concreto. Si è soliti in...

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