Il Contraddittorio Per La Legalità, La Legalità Per Il Contraddittorio

AutoreMarcello Busetto
Pagine352-356
352
dott
4/2017 Arch. nuova proc. pen.
DOTTRINA
IL CONTRADDITTORIO
PER LA LEGALITÀ, LA LEGALITÀ
PER IL CONTRADDITTORIO
di Marcello Busetto
Abstract
Il principio di legalità sostanziale trae forza dai prin-
cipi del giusto processo, funzionali ad un corretto accer-
tamento dei fatti e ad una corretta applicazione delle
norme al caso concreto. Tuttavia, tali principi devono
essere a loro volta “regolati dalla legge” (art. 111 Cost.),
altrimenti rischiano di indebolirsi e non svolgere adegua-
tamente il loro ruolo. L’Autore evidenzia – con riguardo
ad alcuni settori nevralgici (modif‌ica della qualif‌ica giu-
ridica del fatto, oralità nel giudizio di appello) – come la
crisi della legalità processuale f‌inisca per sminuire i pro-
gressi compiuti per effetto degli impulsi provenuti dalla
Corte europea dei diritti umani e auspica un recupero
del ruolo centrale che l’art. 111 Cost. riserva in questo
campo al potere legislativo.
Fair trial must be “regulated by the law”, according
to the provision of Article 111 of Italian Constitution. On
the contrary, such provision – nullum iudicum sine lege
– goes through a serious crisis, for several well known rea-
sons. The author shows how this crisis turns out to under-
mine those same principles of fair trial (equality of arms,
right to a confrontation, et cetera) and how it weakens
also the principles of substantive criminal law – nullum
crimen sine lege – which are inextricably tied to criminal
procedure.
Le seguenti osservazioni traggono spunto da un rilievo,
divenuto ormai ricorrente nelle più recenti disamine dedi-
cate al principio di legalità (sostanziale) e ai suoi riverbe-
ri sul piano del processo. Fra i molti contributi (1), svetta
quello d’un autorevole studioso, che da sempre ha fatto
della legalità penale terreno elettivo di ricerca e d’ap-
profondimento (2). Si muove dal notare che, nell’attuale
momento storico e per le ragioni più varie, le rif‌lessioni sul
principio di legalità non possono arrestarsi per così dire
alla semplice presa d’atto della sua esistenza e della sua
formulazione costituzionale: la c.d. crisi di tale principio,
o meglio la sua progressiva trasformazione e la sua attua-
le complessità esigono scavi più profondi. Esigono – fra
l’altro – che a questo principio, che resta fondamentale,
irrinunciabile, si aff‌ianchino altri strumenti, aff‌inché
le esigenze di certezza, libertà e democraticità che quel
principio serve a realizzare possano essere compiutamen-
te salvaguardate. E tra questi strumenti vengono indicati,
in posizione di spicco, quelli che riguardano, appunto, il
fronte processuale. Più precisamente, si afferma e si pun-
tualizza che, «caduto il volontarismo normativo sotteso
all’idea tradizionale di legalità penale, si apre la strada
ad una ‘razionalità dialogica’ quale base di ogni soluzio-
ne normativa, legislativa o giudiziaria che sia»; in questo
«complesso panorama», «l’esigenza profonda della garan-
zia» (cioè del principio di legalità) non viene meno, ma
«permane e si converte in quella assai più complessa e ar-
ticolata di fornire degli strumenti – dei rimedi? – aff‌inché
il campo della razionalità dialogica non diventi piuttosto il
terreno di incontrollabili scorribande prevaricatrici». Tra
questi rimedi stanno – appunto – la «natura realmente
accusatoria del processo» ed il «contraddittorio ad armi
pari», perché queste garanzie rappresentano il mezzo più
adeguato non solo «per l’accertamento della verità dei fat-
ti storici», ma anche «per la corretta individuazione della
regula iuris da applicare al caso concreto».
Insomma, sia l’accertamento della verità del fatto at-
tribuito all’imputato (che ovviamente resta il primo ed
indispensabile presupposto per una corretta applicazione
della legge sostanziale), sia la norma incriminatrice e la
sua interpretazione devono essere calate nel contraddit-
torio, nel dialogo, perché pure l’interpretazione presenta
– a sua volta – dimensioni notoriamente problematiche, in
certo qual modo creative, che i “volti nuovi” della legalità
sono venuti inevitabilmente accentuando.
Ebbene, si può dire che questa impostazione e questo
raccordo abbiano ricevuto signif‌icativa conferma, nel 1999,
pure a livello di principi costituzionali dedicati al processo,
la cui attualità da questo punto di vista è davvero notevole.
Si allude ovviamente all’art. 111 Cost., che non solo eleva il
contraddittorio fra le parti a requisito essenziale del “giu-
sto processo”, ma lo costruisce anche come requisito “og-
gettivo”, come si usa dire; come metodo per l’accertamento;
come “statuto epistemologico”, non solo come garanzia in-
dividuale. Va poi aggiunto, proprio per l’importanza che ciò
assume nel raccordo con la legalità sostanziale, che il prin-
cipio del contraddittorio viene accolto e preteso non solo
per l’accertamento del fatto e la formazione della prova,
ma anche con riguardo al piano della qualif‌ica giuridica.
Qui il riferimento corre – è ovvio – alle letture più avan-
zate, ma ormai invalse anche presso la Corte di cassazione
(pure in virtù delle spinte provenute dalla Corte europea
dei diritti dell’Uomo e dal ben noto “caso Drassich” (3)),
secondo cui – in ipotesi di mutamento di tale qualif‌ica – le
parti debbano essere messe in condizioni di interloquire.
Dunque un contraddittorio, non solo elevato al rango costi-
tuzionale, come metodo d’accertamento, ma anche f‌issato
e doverosamente preteso pure per la c.d. quaestio juris. Un
contraddittorio non solo sul fatto e sulla prova, ma anche
un contraddittorio sulla legge e sulla sua interpretazione.
Nel complesso, dunque la “nuova” norma costituzio-
nale ci riporta a quella robusta linea di fondo: soprattutto
nell’attuale momento storico, la legalità sostanziale (che
pure rimane imprescindibile) “non basta”; occorre una “le-
galità nel contraddittorio”.

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