L'evoluzione dell'Ici. Da imposta reale-patrimoniale ad imposta personale (verso un ritorno dell'imposta di famiglia)

AutoreLuca Malagù
Pagine905-908

    Comunicazione dell'avv. Luca Malagù al Convegno - organizzato dalla Confedilizia - La riforma della fiscalità immobiliare, Piacenza, 6 novembre 1999.


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@1. Premessa

Come ogni umana istituzione anche l'ordinamento tributario italiano nella sua evoluzione si presta ad un'interpretazione di tipo vichiano, caratterizzata da «corsi e ricorsi». In base a questa concezione 1 possiamo individuare talune linee fondamentali del procedimento ciclico, sviluppatosi attraverso fatti sempre più nuovi, più pieni e più complessi, quali riproposizioni di similari eventi del passato.

Pertanto, compiendo un'esegesi delle varie «riforme tributarie» che si sono succedute in Italia negli ultimi cinquant'anni: da quella di Vanoni a quella di Preti, dalla Visentini alla Visco, si denota un susseguirsi di abrogazioni e revisioni di istituti vecchi e nuovi, con notevoli difficoltà per l'interprete di distinguere ciò che al momento rappresenta vera «riforma» da quanto costituisce «controriforma», oppure «restaurazione».

Si pensi all'istituto del «concordato» che, sul finire degli anni sessanta, era considerato foriero d'innumerevoli distorsioni a danno dell'amministrazione finanziaria, in quanto riduceva il rapporto fisco-contribuente ad un patteggiamento d'imposta 2; mentre al giorno d'oggi viene reintrodotto l'identico istituto dell'«adesione», quale rimedio al gran numero di liti pendenti presso le commissioni tributarie, novello strumento di collaborazione attiva fra fisco e cittadino. . .

L'ormai vetusta legge delega per la riforma tributaria del 1971 aveva istituito l'imposta «unica» sui redditi delle persone fisiche (e giuridiche) e centralizzato con struttura piramidale-gerarchica tutto l'apparato finanziario, in precedenza contraddistinto da un considerevole grado d'autonomia locale 3. Con essa si ritenne opportuno, per finanziare i comuni, limitare l'imposizione ad un solo tributo ad accertamento statale: l'Ilor; ciò in sostituzione dell'abrogata imposta di famiglia (alternativa all'imposta sul valore locativo).

Con la riforma c.d. «Preti» gli enti locali erano stati privati del potere di accertamento tributario, pur restando loro devoluto il controllo di tributi di minima importanza e di modesto gettito, cioè dell'imposta sulla pubblicità, di quella sui rifiuti solidi e di altre tasse minori.

Ciò avvenne nell'esplicito intento del legislatore di creare un'imposizione veramente omogenea all'interno dei confini nazionali. Il testo unico sulla finanza locale del 1931 4 venne così quasi totalmente abrogato dal disegno riformatore teso ad ovviare alla situazione contingente all'ingiustizia impositiva riscontrabile di fatto in alcuni comuni, nei quali l'imposta di famiglia veniva applicata in maniera attenuata, rispetto ad altri luoghi nei quali l'imposizione sulla «agiatezza» diveniva notevolmente più onerosa.

La difformità di trattamento in relazione al territorio aveva indotto molti cittadini a trasferimenti di residenza di comodo, purtroppo anche in conseguenza a talune differenziazioni di trattamento delle famiglie in base a criteri extratributari.

@2. I diversi tributi locali gravanti gli immobili

Negli anni settanta si era unanimemente ritenuto indispensabile provvedere all'istituzione dell'imposta unica Irpef-Irpeg, soprattutto in seguito alla non troppo celata sfiducia degli organi dell'amministrazione centrale verso l'accertamento tributario effettuato da parte dei comuni. La riforma avrebbe dovuto cancellare le innumerevoli imposte e tasse preesistenti ed unificare l'imposizione in tutt'Italia, in maniera semplice e chiara, con pagamento una volta all'anno, con aliquote eque e progressive, ed inoltre stabilendo una netta limitazione alle esecuzioni ed agevolazioni.

Ne era conseguita l'abrogazione dell'imposta sui fabbricati, di quella sui terreni, dell'imposta complementare, della ricchezza mobile, dell'imposta di famiglia, di quella sul valore locativo, dell'imposta sulle società, del contributo di miglioria, ecc., tributi tutti che, direttamente o indirettamente, gravavano la proprietà immobiliare. Ogni parametro o presupposto delle nuove imposte personali introdotte, riguardava solamente i redditi derivanti dalle rendite del cespite. Quel particolare momento storico induceva la dottrina a ritenere difforme dal dettato costituzionale qualsiasi imposizione di carattere patrimoniale 5. La potenzialità reddituale dell'immobile, tanto ben concettualizzata nel testo che regolava l'imposta sul valore locativo, non trovava più ingresso nel nostro sistema impositivo.

Ogni e qualsiasi tributo di natura patrimoniale, anche se di modesta aliquota, veniva ritenuto dotato di caratteristiche confiscatorie, specie se rapportato al lungo periodo, e quindi contrastava con il disposto dell'art. 42 Cost., che tutela la proprietà privata.

Conseguentemente prevaleva la tendenza in base alla quale il patrimonio del singolo potesse venire espropriato solo con adeguato indennizzo ed un tributo che intaccasse il valore intrinseco del cespite e non la mera rendita non avrebbe dovuto trovare ingresso nel nostro ordinamento fiscale.

Ma gli eventi successivi degli anni ottanta e novanta, a tutti ben noti e sui quali non conviene soffermarsi, indussero i vari legislatori a derogare al principio di univocità e concentrazione dell'imposizione, ritenendo necessario gravare la proprietà immobiliare con nuove imposte, anche di carattere reale e patrimoniale. I fabbricati ed i terreni non possono «fuggire» all'estero, non possono divenire fonte di elusione o di evasione, se non per ciò che attiene alle eventuali rendite da locazione!

Gli immobili costituiscono «beni al sole»; con il sistema catastale, si vedono e si trovano in fretta e quindi garantiscono all'erario sempre un sicuro gettito.

Stante l'ontologica caratterizzazione dell'oggetto sul quale indirizzare il prelievo, si modificarono i contributi dei consorzi di bonifica, estendendoli dai terreni ai fabbricati urbani, (istituendo quello che i giornalisti denominarono «tributo sull'aria»). Si modificarono le tariffe del plateatico. L'Invim, il registro, l'Iva, le successioni, le trascrizioni a causa della svalutazione monetaria fecero sentire la loro incidenza maggiormente sui trasferimenti immobiliari. Le rendite catastali furono rivalutate con coefficienti maggioriPage 906 dell'effettivo incremento di valore derivante dal carovita e con procedimenti normativi da molti criticati, poiché i regolamenti che le aggiornarono non ebbero alcun vaglio da parte del parlamento.

Per talune categorie catastali (ad es. cat. D) le nuove rendite evidenziarono taluni sensibili errori di stima!

Il condono edilizio, le varie leggi sulle ristrutturazioni e sulla messa a norma degli impianti elettrici e di riscaldamento, anche se giuridicamente non possono ritenersi vere e proprie normative di carattere tributario, costituiscono di fatto obblighi coercitivi di spesa comportanti ulteriori oneri per i proprietari degli immobili, con correlato incremento di prelievo per Iva ed Irpef.

Inoltre non si può scordare l'influenza tributaria della normativa sull'equo canone e della successiva legislazione sulle locazioni, con l'imposizione dell'obbligo di registrazione dei contratti di locazione anche di valore inferiore a lire 2.500.000 annue. È ben nota la recente introduzione, ad opera della legge Zagatti, della condizione di procedibilità degli sfratti in base alla regolarità fiscale dei contratti di affitto 6.

In questo quadro di elevata pressione tributaria si è inserita negli ultimi anni in surplus una nuova imposizione locale.

Il nostro legislatore ha ritenuto accogliere le istanze «federaliste» che invocavano un decentramento nell'impiego delle risorse derivanti dal gettito tributario...

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