Il giusto e l'utile. Considerazioni sui rapporti tra diritto al processo ed esigenze dell'economia (Parte I)

AutoreGiulio Borella
Pagine261-268
261
dott
Arch. nuova proc. pen. 3/2013
DOTTRINA
IL GIUSTO E L’UTILE.
CONSIDERAZIONI SUI
RAPPORTI TRA DIRITTO
AL PROCESSO ED ESIGENZE
DELL’ECONOMIA (PARTE I) (*)
di Giulio Borella
SOMMARIO
1. Premessa. 2. Il diritto di accesso alla giustizia nella Co-
stituzione. 3. Il diritto di accesso alla giustizia nelle fonti
sovranazionali.
1. Premessa
Queste pagine nascono dall’invito che mi è stato gen-
tilmente rivolto dall’Ordine degli Avvocati di Roma per il
convegno, tenutosi il 18 febbraio 2013, presso l’Aula Avvo-
cati della Corte di Cassazione, sul tema dell’accesso alla
giustizia per i cittadini.
Vale la pena precisare subito che, contrariamente a
quanto si può essere portati a pensare, il diritto di accesso
alla giustizia non è una prerogativa del solo stato di diritto
e dell’età in cui viviamo (semmai lo è l’effettività).
Il rendere giustizia ha infa tti da sempre costituito
una delle fu nzioni fondamen tali di ogni organizzazione
statale, da quelle più antiche delle valli dell’Eufrat e, f‌ino
all’alba della Rivoluz ione francese – ed anzi gelosament e
rivendicata dagli Imperatori medioevali, f‌ino ai monarchi
dell’età dell’assolutismo, che, con atteggiamento che oggi
def‌iniremmo populista, amavano con essa propagandarsi,
e a volte ergersi, quando fosse necessario contenere la
progressiva erosione di potere da parte dei nobili, quali
difensori delle prerogative del popolo nei confronti del-
l’aristocrazia.
Anche se è vero che tale funzione è sempre stata tradizio-
nalmente collegata al potere di emanare le leggi, non essendo
concepibile, in passato, che chi avesse il potere di legiferare
non avesse anche il conseguente potere di applicare le leggi
da lui stesso promulgate (naturalmente il termine moderno
legge è qui utilizzato per mera semplif‌icazione).
E anche se è vero che tale funzione è sempre stata
esercitata nel quadro della più ampia discrezionalità e
nella totale assenza di garanzie (ma del resto tali carat-
teri erano propri di tutto il diritto intermedio, e la stessa
stupenda costruzione di quanti, da Irnerio in poi, rinno-
varono lo studium iuris, muovendo dall’interpretazione
di testi classici, rivestiva assai più i connotati dell’attività
umanistica, piuttosto che della scienza del diritto, come
amarono chiamarla i giuristi dell’età del positivismo).
Sicchè non è tanto il diritto di accesso alla giustizia in
sé ad integrare una delle garanzie fondamentali di ogni
stato di diritto, senza la quale, venuto meno il potere di
autotutela privata e avocato dallo Stato l’uso della forza,
ogni riconoscimento di posizioni giuridiche soggettive,
da parte delle fonti a ciò deputate, risulterebbe inesora-
bilmente vano, bensì il sistema di regole e garanzie che
circonda tale diritto, in maniera da renderlo effettivo e
non eludibile.
Tale effettività differenzia quindi lo stato contempo-
raneo di diritto dalle esperienze del passato e costituisce
anche la misura (o una delle unità di misura) della tenuta
democratica dell’ordinamento.
Nelle pagine che seguono, enucleati i corollari del
diritto di accesso alla giustizia, così come evincibili dal-
l’esegesi delle norme costituzionali e sovranazionali, se
ne porrà in risalto soprattutto la dimensione strettamente
processuale, per comprendere poi, tramite l’esposizione
di alcuni esempi concreti, tratti dalle iniziative e dalle
prassi di tutti e tre i poteri dello Stato, come le moderne
esigenze dell’economia possano mettere in crisi questa
processualità e, in tale modo, lo Stato possa correre il ri-
schio di imboccare derive autoritarie.
2. Il diritto di accesso alla giustizia nella Costituzione
Non è facile rinvenire nella nostra Carta Fondamentale
un vero e proprio sistema di regole e garanzie relative al
diritto di accesso alla giustizia, non già perché esse non
siano in def‌initiva enucleabili, bensì per il fatto che tale
enucleazione passa attraverso un percorso ermeneutico di
un dettato normativo scarno e apparentemente lacunoso.
Il “sistema” insomma, non è presentato in maniera
chiara e nitida, ma deve essere ricostruito dall’interprete.
Il diritto di accesso alla giustizia in quanto tale è
espressamente enunciato dalla nostra Costituzione all’art.
24, che riconosce a tutti il diritto di agire in giudizio per
la tutela dei propri diritti e interessi legittimi (così come
riconosce l’inviolabilità del diritto di difesa).
Ma in che consiste questo diritto di agire?
La Costituzione apparentemente non lo spiega.
Agli articoli successivi (artt. 25-26-27) vengono infatti
dettati i principi del diritto penale del fatto (legalità, ma-
terialità, causalità, colpevolezza, funzione della pena) e,
con essi, i limiti al potere punitivo dello Stato.
Quanto poi agli artt. 111 e ss, essi risultano apparen-
temente estranei al problema dell’accesso alla giustizia,
limitandosi a porre le regole dell’esercizio della giuri-
sdizione e, quindi, i limiti all’esercizio del potere giuri-
sdizionale dello Stato.
Questa apparente reticenza della Legge Fondamentale
si giustif‌ica col fatto che, parlando del diritto di agire, si
dà probabilmente per scontata l’elaborazione dottrinale
processualcivilistica sul concetto di azione (1), intesa
quale potere di proporre una domanda e di compiere gli
atti consequenziali di impulso che sostanziano il proces-
so, e ciò ogniqualvolta sorga un’esigenza di tutela, ossia
quando si lamenti una lesione di una posizione giuridica
soggettiva, riconosciuta dall’ordinamento, sia essa di tipo

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