Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine505-511

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@TRIBUNALE DI LA SPEZIA Ord. 7 aprile 2009. Est. De Bellis - Imp. H.G. ed altro

Indagini preliminari - Arresto in flagranza e fermo - Convalida - Udienza - Indagato che non conosce la lingua italiana - Impossibilità di procedere all’interrogatorio - Conseguenze.

In materia di convalida dell’arresto in flagranza, l’impossibilità assoluta di procedere all’interrogatorio dell’arrestato che non comprende la lingua italiana, per l’irreperibilità dell’interprete, non costituisce motivo ostativo all’adozione del provvedimento di convalida. (C.p.p., art. 143; c.p.p., art. 294; c.p.p., art. 302; c.p.p., art. 391) (1).

    (1) Il Tribunale aderisce all’orientamento giurisprudenziale prevalente espresso da: Cass. pen., sez. I, 21 maggio 2008, Pasor, in questa Rivista 2009, 352; Cass. pen., sez. IV, 9 luglio 2007, Beben, ivi 2008, 566 e Cass. pen., sez. IV, 21 gennaio 1999, Allamani, in CED - Archivio Penale rv. 212477. Contra, nel senso di ritenere necessaria la restituzione degli atti al P.M., affinché proceda nelle forme ordinarie, anche relativamente alla richiesta di convalida, v. Cass. pen., sez. V, 12 marzo 2007, Touama, in questa Rivista 2007, 1160.

MOTIVI DELLA DECISIONE. – Vista la richiesta formulata nel corso dell’odierna udienza dal Pubblico Ministero volta alla convalida dell’ arresto in flagranza e applicazione di misura cautelare (custodia in carcere) nei confronti di H.G. e L.C. , indagati per il reato oggetto del presente procedimento penale (tentato furto di ciclomotore) commesso in La Spezia nella notte del 7 aprile 2009;

sentite le argomentazioni esposte dalla difesa;

rilevato che l’arrestato L.C. di nazionalità ungherese, non è stato in grado di rispondere alle domande che gli venivano rivolte dal giudicante, non comprendendo la lingua italiana e non avendo provveduto il Pubblico Ministero a citare interpreti di lingua ungherese; rilevato tuttavia che l’impossibilità di procedere all’interrogatorio dell’arrestato che non comprende la lingua italiana, per l’irreperibilità di un interprete, costituisca un caso di forza maggiore che non impedisce di procedere alla convalida dell’arresto, di cui il giudice è tenuto a valutare la legittimità formale (così Cass. Sez. I, Sentenza n. 20297 del 8 maggio 2008, Pasor e Cass. Sez. IV, Sentenza n. 26468 del 17 maggio 2007, Beben, con le quali è stato superato il contrario indirizzo secondo il quale, quando il giudice del dibattimento, investito della convalida dell’arresto e del contestuale giudizio direttissimo di un cittadino straniero che non comprende la lingua italiana, si sia trovato nell’impossibilità di procedere, a causa della irreperibilità di un interprete, deve restituire gli atti al P.M., affinché proceda nelle forme ordinarie, anche relativamente alla richiesta di convalida, cfr. Cass. Sez. V, Sentenza n. 10517 del 8 febbraio 2007, Touama);

rilevato che l’arresto è stato legittimamente eseguito nella flagranza del reato, stante il rapporto di contestualità tra il comportamento materiale degli indagati e l’intervento della Forza Pubblica, oltre l’evidente connessione temporale tra il fatto-reato oggetto del presente procedimento e l’avvenuto arresto;

rilevato che il sopraindicato rapporto, nel caso di specie, trova piena consonanza in quanto indicato dall’art. 382 c.p.p. per la definizione dello stato di flagranza, idoneo alla messa in stato di arresto dei prevenuti;

atteso che la fattispecie oggetto del presente procedimento deve essere riferita ad ipotesi di reato per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza ai sensi dell’art. 380 c.p.p.;

rilevato, infine che sono stati rispettati i termini di legge;

Per questi motivi: visto l’art. 391 c.p.p., convalida l’effettuato arresto in flagranza di H.G. e L.C. In ordine alla richiesta di misura cautelare, atteso che il delitto di cui all’imputazione prevede la possibilità dell’irrogazione della pena della reclusione non inferiore nel massimo ad anni quattro; atteso che sussistono allo stato degli atti attualmente contenuti nel fascicolo, gravi indizi di colpevolezza a carico degli arrestati , i quali venivano visti dai carabinieri armeggiare intorno ad un ciclomotore (il L. teneva fermo lo sterzo del mezzo mentre H. stava accucciato cercando di forzare il nottolino del mezzo; il ciclomotore dello scooter risultava in effetti già forzato essendo stato inserito all’interno del meccanismo un cacciavite);

ritenuto che il fatto appare particolarmente grave in quanto commesso con significativo intento doloso;

ritenuto che H.G. ha già riportato numerose condanne penali, con precedenti anche specifici, laddove invece L.C. è incensurato;

ritenuto dunque, quanto a H.G., che trattasi di soggetto pluripregiudicato e rilevato altresì che l’indagato non risulta avere alcuna fonte di reddito certo sul territorio nazionale e non risulta – allo stato degli atti e delle deduzioni difensive – che svolga continuativamente attività lavorative in Italia; tali situazioni di fatto lasciano concretamente ritenere che tragga dall’attività delittuosa le loro fonti di sostentamento;

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rilevato, inoltre, che all’indagato H.G., in caso di condanna, non potrà essere concessa la sospensione condizionale della pena poiché è prevedibile che l’eventuale condanna inflitta all’esito della cognizione

nel merito possa essere superiore agli anni due di reclusione, tenuto conto della gravità dei fatti, dei limiti edittali minimi e dei precedenti penali e che allo stato, appare altamente probabile che l’arrestato non si astenga per il futuro, dal commettere ulteriori reati, poiché attraverso l’attività delittuosa in esame ricava i mezzi di sostentamento, dato che non risulta l’esistenza di alcuna fonte legittima di reddito proveniente da lavoro;

atteso che misure meno afflittive della custodia cautelare in carcere risultano inadeguate, perché le stesse appaiono non proporzionate alla gravità del fatto;

considerato che appare proporzionata all’entità del fatto ed alla sanzione che si ritiene potrà essere irrogata, nonché idonea a soddisfare le prospettate esigenze di cautela la misura della custodia cautelare in carcere;

tenuto conto dell’assenza di elementi di prova proposti a favore dell’indagato H. G.; visti gli artt.273, 274 e 285, c.p.p.

Per questi motivi: applica a H.G. la misura della custodia cautelare in carcere.

Rilevato invece che, stante lo stato di incensuratezza di L.C. non sia allo stato possibile effettuare una prognosi relativamente alla possibilità di reiterazione da parte sua di reati, né emergono allo stato altre esigenze cautelari, dispone l’immediata remissione in libertà di L.C. ,se non detenuto per altra causa. Dispone quindi procedersi a giudizio con rito direttissimo ai sensi degli artt. 449 comma 4º e5º e 558 comma 6º c.p.p. (Omissis).

@TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA DI TORINO Ord. 20 gennaio 2009. Pres. Burzio - Est. Vignera - Imp. O.A.L

Istituti di prevenzione e pena (ordinamento penitenziario) - Trattamento penitenziario - Benefici penitenziari - In favore di collaboratori di giustizia - Concessione - Requisito del ravvedimento - Accertamento - Fattispecie.

In materia di concessione dei benefici penitenziari in favore dei collaboratori di giustizia ex art. 16 nonies legge 15 marzo 1991, n. 82, ai fini dell’accertamento del requisito del ravvedimento assume rilevanza pure la condotta intramuraria del detenuto (fattispecie nella quale tale condotta si era estrinsecata in atti di protesta nei confronti della pena da espiare). (L. 15 marzo 1991, n. 82, art. 16 nonies) (1).

    (1) Lo stesso Giudicante, con ordinanza del 21 settembre 2005, aveva affermato che al collaboratore di giustizia può essere applicata la misura della detenzione domiciliare purché sussistono i presupposti formali e sostanziali per la concessione della misura richiesta, sotto il profilo dell’accertamento della condotta collaborativa del condannato, dei limiti di pena, dell’intervenuto ravvedimento del soggetto.

MOTIVI DELLA DECISIONE. – Premesso che:

– O.A.L. ha chiesto la concessione della detenzione domiciliare;

– lo stesso, collaboratore di giustizia, il 24 febbraio 1997 è stato ammesso allo speciale programma di protezione ex art. 9 ss. D.L. 15 gennaio 1991, n. 8 (convertito, con modificazioni, nella L. 15 marzo 1991, n. 82);

– con provvedimento del 5 novembre 2003 (integrato da quello successivo del 13 luglio 2005) la Commissione Centrale ex art. 10 D.L. 8/1991 ha deliberato la fuoriuscita del collaboratore di giustizia dallo speciale programma di protezione, previa capitalizzazione della misure di assistenza percepite;

– sussiste, perciò, nella fattispecie la competenza di questo Ufficio;

– poiché l’istante sta scontando una pena di anni 20 di reclusione e poiché la detenzione è iniziata il 20 novembre 2007, ai fini della concessione dei benefici penitenziari va verificata necessariamente la sussistenza della condizione ex art. 16 nonies, comma 4, D.L. 8/1991, rappresentata dal ravvedimento del collaboratore («In tema di applicabilità dei benefici penitenziari in favore dei collaboratori di...

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