Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine55-76

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@CORTE DI APPELLO CIVILE DI MILANO Sez. IV, 30 giugno 2008, n. 2010. Pres. Urbano - Est. Sodano - C.F. (avv.ti Maglie, Calcaterra) c. Ufficio Centrale Italiano Srl. (avv.ti Bretzel e Todeschini) ed altri.

Risarcimento del danno - Parenti della vittima (morte di congiunti) - Diritto al risarcimento - Danno biologico - Determinazione commorienza coniuge e figlio in seguito a sinistro stradale - Successione del coniuge in concorso con ascendenti legittimi, fratelli e sorelle - Liquidazione di quota ereditaria a titolo di danno patrimoniale emergente - Esclusione.

Qualora, da sinistro stradale per fatto illecito di altro utente, derivasse la commorienza di madre e figlio nonché un gravissimo trauma per il coniuge sopravvissuto, può riconoscersi a questo il danno biologico da invalidità temporanea/permanente in misura più considerevole (30%), ove la personalità di base dell'infortunato prima del sinistro non presentasse patologie, determinandosi l'esclusivo nesso tra il sinistro ed il quadro psicopatologico derivato, con esaltazione del grado di responsabilità nella determinazione della qualità della vita e le condizioni psicopatologiche conseguenti. Se la commorienza determinasse l'apertura della successione del coniuge in concorso con ascendenti legittimi, fratelli e sorelle, la somma corrisposta dal coniuge superstite ai congiunti della moglie - quale liquidazione delle quote ereditarie di essi ed accessori - non può essere posta in relazione con il danno derivato dal sinistro, mancando il nesso di causalità, stante che l'appellante ha sborsato l'importo stesso per proprie scelte, rispetto alle quali la morte della moglie e del figlio costituisce solo un presupposto. (C.c., art. 582; c.c., art. 2059).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con atto di citazione notificato in data 25 luglio 2000 F.C. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Milano W.K., O.J. e la Orthen Omnibus Verkehr, tutti domiciliati ex lege presso l'UCI di Milano richiedendone la condanna al risarcimento dei darmi subiti a seguito del sinistro stradale avvenuto il giorno 8 agosto 1991 nei pressi del casello di Melegnano dell'autostrada Al, dove avevano perso la vita, insieme ad altre nove persone, la moglie, signora S.S. e il loro figlio C.C. Chiariva in particolare come, per il sinistro in oggetto, il giudice penale avesse pronunciato sentenza di condanna nei confronti del signor W.K., conducente dell'autobus Mercedes 300 di proprietà sia del signor O.J. che della Orthen Omnibus Verkehr di cui l'UCI era per legge rappresentante in Italia. Aggiungeva che il giudice penale aveva pronunciata sentenza di condanna al risarcimento del danno da liquidarsi in separato giudizio e che aveva concesso una provvisionale pari a lire 540.000.000.

Si costituiva in giudizio la sola UCI e, non contestando la responsabilità in ordine al sinistro del conducente dell'autocarro, affermava di non essere più nulla dovuto all'attore almeno titolo di danno morale per la perdita della famiglia e per il danno psichico personale.

Contestava le altre voci di danno e, ritenuta pertanto la congruità del pagamento di lire 90.000.000 già corrisposto, chiedeva fossero dichiarati come dovuti solo gli importi relativi a danni diretti e immediati risultanti dall'istruttoria.

Espletata CTU medico-legale, la causa veniva assegnata in decisione all'udienza dell'ottobre 2003.

All'esito del giudizio, il Tribunale di Milano con sentenza del 13 marzo 2004 così decideva: a) accoglieva la domanda di parte attrice e per l'effetto condannava i convenuti a corrispondere la residua somma di euro 348.994,06 pari alla somma per capitale di euro 107.827,77 e per interessi di euro 241.166,29, oltre a rivalutazione monetaria e interessi fino al saldo effettivo; b) condannava parte convenuta al pagamento delle spese di lite.

Avverso la sentenza sopra richiamata proponeva appello con atto di citazione del 26 maggio 2004 F.C. chiedendo, in parziale riforma della sentenza appellata: a) una diversa liquidazione del danno derivante da lucro cessante per l'invalidità temporanea e l'invalidità permanente, corrispondenti alle rispettive somme di euro 15.463,75 e di euro 208.925,13; b) una diversa liquidazione del danno derivante da danno patrimoniale emergente, con particolare riguardo alla somma di euro 48.496,29 corrispondente alla cifra versata per tacitare le pretese dei congiunti della moglie a titolo di quota ereditaria loro spettante in forza della presunzione di commorienza della moglie e del figlio del C., oltre alla somma di euro 4.565,67 versata, a titolo di contribuzione volontaria per conseguire il minimo della pensione.

Si costituiva in giudizio l'UCI e, formulando appello incidentale, deduceva che: a) in tema di danno biologico il giudice di prime cure aveva disatteso il parere del CTU pervenendo alla liquidazione di un'invalidità pari al 30% piuttosto che a quella indicata in sede peritale e corrispondente ad una percentuale del 18%; b) in tema di calcolo di interessi e di rivalutazione monetaria, il primo giudice era partito da una premessa erronea, quella secondo cui il pagamento della somma di 660 milioni di lire fosse intervenuta fraPage 56 la data della sentenza della Cassazione e la data del giudizio civile, laddove, invece i pagamenti erano stato effettuati in data 15 aprile 1993 e 21 dicembre 1995; si concludeva pertanto per richiedere la restituzione della somma di euro 88.917,46.

I procuratori delle parti costituite hanno quindi precisato le conclusioni come riportate in epigrafe all'udienza del 8 febbraio 2007. Il Collegio, con ordinanza del 15 maggio 2007, ritenuto necessario provvedere a nuovo esame peritale del C., rinviava all'udienza del 21 giugno 2007 per il conferimento dell'incarico cui conseguiva il deposito della relazione peritale in data 30 settembre 2007. Precisate nuovamente le conclusioni all'udienza del 20 marzo 2008, la causa veniva decisa all'odierna camera di consiglio.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con il primo motivo di gravame, l'appellante principale chiede la parziale riforma della sentenza impugnata con riguardo alle voci di danno derivante da "lucro cessante" in ordine alle quali il primo giudice avrebbe omesso ogni motivazione.

Chiede pertanto liquidarsi euro 15.463,75 a titolo di invalidità temporanea e euro 208.925,13 per danno derivatogli dall'invalidità permanente che avrebbe gravemente compromesso, al limite della perdita totale, la sua capacità lavorativa con conseguente perdita del guadagno che ne è derivata.

L'assunto è infondato.

Non risulta provato che, in conseguenza del grave evento traumatico occorsogli, sia derivata all'appellante una incapacità specifica da lavoro.

Risulta, infatti, dagli atti di causa che il C., prima del grave evento, svolgesse l'attività di portinaio, attività non più attualmente esercitata, avendo egli, successivamente ad un periodo di malattia - debitamente valutato dal primo giudice in tema di lucro cessante - chiesto il prepensionamento, così versando i relativi contributi previdenziali volontari (vedi infra).

Non vi è, dunque, alcun motivo di tenere conto delle attuali risorse lavorative, stimate come "minimali" dal CTU di primo grado e, pertanto, pienamente compatibili sia con l'eventuale proseguimento dell'attività lavorativa di portinaio che con l'attuale stato di pensionato.

Ancora, con riguardo al danno derivato dall'invalidità temporanea, appare equa la liquidazione operata dal primo giudice che è pervenuto, in merito, alla stima di euro 5.400,00, pari "alla differenza fra il trattamento pensionistico e il maggior danno" (cfr. pag. 10 della sentenza impugnata).

Con il secondo motivo di impugnazione, l'appellante principale chiede, a titolo di danno emergente, per liquidazione della quota ereditaria ed accessori in favore dei congiunti della moglie S.S., la condanna dell'UCI Srl al pagamento della complessiva somma di euro 48.496,29 (di cui euro 46.481,12 per quota ereditaria, euro 1.314,80 per spese notarili ed euro 700,37 per imposta di registro) nonché di euro 4.575,57 per contribuzione previdenziale volontaria versata per raggiungere il minimo della pensione.

Osserva sul punto la Corte che l'esborso delle somme sopra indicate non può essere messo in diretta relazione con il danno derivato all'appellante dal grave evento traumatico occorsogli, difettando, per entrambe, il nesso di causalità con l'evento stesso, dal momento che tali somme sono state sborsate dall'appellante in conseguenza di proprie autonome scelte, rispetto alle quali la morte dei propri prossimi congiunti costituisce solo un presupposto.

Passando ad esaminare l'appello incidentale dell'UCI SRL, esso si sostanzia in due specifiche doglianze, la prima delle quali attinente alla valutazione del danno biologico permanente, che sarebbe stato a torto stimato dal primo giudice nella misura del 30%, in luogo del 18%, indicato dal CTU del primo giudizio.

Secondo l'appellante incidentale, infatti, il computo del 18% è stato «consapevolmente riconosciuto da due ausiliari di competenza a livello universitario, assolutamente obbiettivi ed affidabili, portati semmai, stante il loro coinvolgimento nella valutazione di un danno, a riconoscerne, con sensibilità e comprensione l'esistenza, in modo sostanzioso fino alla riduzione di un quinto della personalità» (cfr. pag. 6 dell'atto di appello incidentale).

In effetti la CTU di primo grado, seguita da ulteriori specifiche note in merito alle osservazioni del CT di parte in data 10 marzo 2003, dopo aver ritenuto di effettuare una diagnosi di patologia psichiatrica di tipo depressiva, in tutto sovrapponibile con quanto osservato dal CT di parte (cfr. pag. 1 delle note nelle quali si osserva che «anche i sottoscritti ravvisano nel C. una sintomatologia depressiva, che essi considerano parte del quadro diagnostico di "disturbo post-traumatico da stress" e non entità nosografica distinta») ha però rilevato che, contrariamente a quanto ritenuto dal CT di parte, nel periziando «potessero...

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