Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine269-281

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@CORTE DI APPELLO DI ROMA Sez. III, 6 febbraio 2007, n. 563. Pres. ed est. Bove - L.G. (avv. Asta) c. Condominio via dei Timoni 8 Ostia (avv. Neri) e P.C. (avv. D'Esposito)

Edilizia e urbanistica - Licenza e concessione edilizia - Concessione in sanatoria - Rilascio - Effetti - Estinzione del reato - Anche nei confronti dei corresponsabili dell'opera abusiva.

Il rilascio della concessione in sanatoria, operando sotto il profilo meramente urbanistico, estingue il reato producendo effetto anche nei confronti dei corresponsabili dell'opera abusiva, pur se costoro non abbiano proposto l'istanza di concessione. La presentazione dell'istanza di sanatoria per la costruzione, realizzata in violazione della disciplina urbanistica, non implica, però, la sospensione della causa civile, promossa dall'appellato, proprietario del vano sottostante, per far valere nel rapporto di vicinato gli effetti di detta violazione, perché quella sanatoria opera esclusivamente nel rapporto pubblicistico con l'amministrazione comunale, senza interferenze sui diritti dei terzi, che risultano pregiudicati dall'abusata attività edilizia. (C.c., art. 2043; c.c., art. 2056).

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con atto di citazione, notificato in data 8 maggio 1998, C.P. conveniva in giudizio G.C. avanti alla Pretura, divenuta, poi, Tribunale di Roma, assumendo che il suo appartamento, ove abita con la famiglia, sito in Ostia Lido-Roma, Via dei Timoni, n. 8, villino B, interno 14, era stato interessato da gravissime infiltrazioni d'acqua piovana, che avevano danneggiato tutti i vani della sua abitazione ed anche il sottostante appartamento.

Deduceva che tali danni erano stati provocati dai lavori di ristrutturazione, eseguiti nel novembre 1997 abusivamente e non a regola d'arte nel sovrastante appartamento super attico di proprietà di G.L., che l'utilizza come seconda casa, assumendo che tali lavori avevano alterato in particolare le superfici di copertura e l'impermeabilizzazione del terrazzo a livello.

Chiedeva, pertanto, che G.L. fosse dichiarata responsabile delle infiltrazioni e condannata al risarcimento dei danni, cagionati al suo appartamento ed ai mobili, che l'arredano.

Costituitosi il contraddittorio, G.L. chiedeva il rigetto della domanda, deducendo d'avere eseguito solamente i lavori, necessari per eliminare una fatiscente struttura di ferro, che aveva sostituito con una in muratura, e domandava di chiamare in causa il condominio, di cui assumeva la responsabilità, con condanna dello stesso al risarcimento dei danni, rilevando che questi sono ascrivibili alla vetustà dell'intero immobile, che aveva reso non differibile l'esecuzione di lavori condominiali.

Il condominio si costituiva e domandava il rigetto della domanda, deducendo per le infiltrazioni in esame l'esclusiva responsabilità di G.L., di cui chiedeva la condanna al risarcimento dei danni, ai sensi dell'articolo 96 c.p.c.

Istruita la causa, il Giudice Unico del tribunale adìto con la sentenza n. 45431, emessa fra le parti in data 19/28 novembre 2002, accoglieva la domanda di C.P. e condannava G.L. al risarcimento dei danni in Euro 11.926,02 oltre la rivalutazione monetaria e gli interessi legali ed al rimborso delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.000,00 oltre Iva, C.P.A. ed il 12,50% per le spese generali.

Con atto, notificato in data 14 e 16 maggio 2003, G.L. presentava appello, lamentando con cinque motivi l'erroneità della sentenza impugnata, di cui chiedeva la riforma.

Costituitosi il contraddittorio, il condominio e C.P. chiedevano il rigetto dell'appello, di cui assumevano l'infondatezza in fatto e in diritto, con conferma della gravata sentenza.

Acquisitosi il fascicolo di primo grado, la causa, sulle conclusioni, come in epigrafe precisate, passava in decisione all'udienza collegiale di precisazione delle conclusioni in data 14 giugno2006, in cui, ai sensi degli articoli 190 e 352 c.p.c., era disposto lo scambio delle comparse conclusionali sino al 28 settembre 2006 e delle memorie di replica sino al 18 ottobre 2006.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - L'appellante col primo motivo di doglianza ha censurato la gravata sentenza per travisamento dei fatti, consistiti nel dedotto mancato esame, da parte del primo giudice:

1) nell'avere la stessa acquistato il piccolo appartamento attico con l'espressa riserva del diritto di sopraelevazione, sulla cui scorta aveva costruito due corpi laterali coperti in ferro con tettoia, che avevano determinato il Tribunale di Roma al riconoscimento di nuove tabelle millesimali con la sentenza n. 12321/89;

2) nell'avere il condominio, in seguito alle lagnanze di C.P., proprietario del sottostante appartamento, che aveva lamentato danni, conseguenti ad infiltrazioni d'acqua piovana, eseguito dei lavori, nel corso dei quali l'appellante aveva fatto trasformare in muratura gli oramai due arrugginiti corpi laterali coperti in ferro con conseguente sequestro penale degli stessi per essere stati ritenuti abusivi, cui, però, eraPage 270 conseguita la concessione della domandata sanatoria. In proposito rilevava che le dedotte circostanze erano emerse pacificamente dall'interrogatorio delle parti e dalle deposizioni dei testi, esaminate in prime cure, e che le stesse risultano dai documenti in possesso del condominio, di cui aveva domandato la produzione, ma il primo Giudice sulla stessa non s'era pronunciato, ed affermava che, comunque, l'ottenuta licenza edilizia in sanatoria aveva reso insussistente la natura abusiva degli effettuati lavori.

Il primo motivo di lamentela è infondato e va, di conseguenza, disatteso.

Sul primo punto s'osserva che la dedotta riserva del diritto di trasformare i locali superattici con eventuali ampliamenti o modifiche, da parte del costruttore, di cui all'articolo tre del prodotto contratto di compravendita in data 9 giugno 1965, non rendeva non abusiva la costruzione senza licenza dei due corpi laterali coperti in ferro con tettoia e la loro successiva trasformazione in costruzione in muratura, com'effettuato dall'appellante, al fine di realizzare un nuovo appartamento.

I documenti, la cui esibizione era stata domandata dall'appellante al condominio, ai sensi dell'articolo 210 c.p.c., inoltre, potevano essere richiesti dalla stessa appellante, che, rivestendo la qualità di condomino, aveva diritto al loro rilascio e che, quindi, avrebbe potuto ritualmente produrli in causa, per cui correttamente il primo Giudice non ha tenuto conto della richiesta esibizione.

Sul secondo punto va rilevato che il rilascio della concessione in sanatoria, che opera sotto il profilo meramente urbanistico, comporta l'estinzione del reato, che ha effetto anche nei confronti dei corresponsabili dell'opera abusiva, pur se costoro non abbiano proposto l'istanza di concessione (vedi Cass. pen., sez. III, 7 giugno 2000, n. 9521).

La presentazione dell'istanza di sanatoria per la costruzione in esame, realizzata in violazione della disciplina urbanistica, non implica, però, la sospensione della causa civile, promossa dall'appellato, proprietario sottostante, per far valere, nel rapporto di vicinato, gli effetti di detta violazione, perché quella sanatoria opera esclusivamente nel rapporto pubblicistico con l'amministrazione comunale, senza interferenze sui diritti dei terzi, che risultino pregiudicati dall'abusiva attività edilizia (vedi Cass. civ., Sez. un., 7 febbraio 1991, n. 1276).

L'appellante col secondo motivo di doglianza ha censurato la gravata sentenza per errore di diritto, deducendo che il primo Giudice erroneamente non aveva tenuto conto che hanno natura condominiale il tetto di copertura dell'originario appartamento dell'appellante ed i tetti delle due strutture laterali coperte in ferro con tettoia e che dal primo tetto si era infiltrata l'acqua piovana nell'appartamento dell'appellante ed in quello sottostante, tanto che il condominio aveva deliberato l'esecuzione dei lavori, necessari per eliminare il descritto inconveniente, ed affermava che, per limitare i danni alla sottostante proprietà, aveva consegnato da circa quindici anni le chiavi del suo appartamento all'appellato C.P., che, in tal guisa, in caso di pioggia, avrebbe potuto accedere al suo appartamento attico per adottare le misure dallo stesso ritenute necessarie.

Il secondo motivo di lamentela è infondato e va, di conseguenza, disatteso.

Il Ctu, a conclusione della sua relazione e del relativo supplemento, ha espresso il parere, pienamente condiviso prima dal tribunale e, poi, da questa Corte, che le infiltrazioni d'acqua piovana, lamentate da C.P., e provenienti dal sovrastante appartamento attico, sono state causate dai lavori abusivi, effettuati dall'appellante, che, sospesi dall'autorità comunale, hanno lasciato varchi aperti nelle murature, consentendo alle precipitazioni meteoriche di penetrare nel pavimento non impermeabilizzato con danno ai soffitti ed alle pareti di tutte le camere dell'appartamento sottostante, danneggiamento dell'impianto elettrico ed ossidazione dei ferri delle travi del solaio con particolare riguardo ai cornicioni esterni.

La Ctu ha, quindi, correttamente non ravvisato come causa dei lamentati danni le dedotte infiltrazioni, provenienti dal tetto condominiale, che, in effetti, non hanno mai provocato i macroscopici danni, evidenziati nel sottostante appartamento dall'ausiliare, che li ha ricondotti alle descritte cause, conseguenti ai lavori abusivi.

Va ancora rilevato che l'appellante ha consegnato le chiavi del suo appartamento, che utilizzava nel solo periodo estivo, all'appellato C.P. da oltre quindici anni non solo per ovviare ai sopravvenuti fenomeni d'infiltrazione, ma anche per proprio interesse e precisamente per ottemperare al regolamento condominiale, che all'articolo 4 dispone che «qualora i locali dovessero rimanere per qualche tempo disabitati, i proprietari saranno tenuti ad indicare per iscritto all'amministratore il recapito in Roma del detentore delle chiavi».

L'appellante col...

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