Giurisprudenza di merito

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@CORTE DI APPELLO DI GENOVA 23 maggio 2000, n. 365. Pres. Bonetto - Est. Pagliari - Magliano (avv.ti Tiscornia e Capponi) c. Condominio Via S. Nazaro 6 in Genova (avv. Ferrando).

Parti comuni dell'edificio condominiale - Impianto di riscaldamento - Impianto comune - Rifacimento - Spese - Ripartizione - Criteri.

In tema di impianto comune di riscaldamento, occorre distinguere il riparto delle spese di rifacimento, manutenzione e sostituzione (da eseguirsi secondo il criterio proporzionale ai valori della proprietà), da quello relativo alle spese del godimento del servizio (da operarsi in base ai consumi dei singoli). Conseguentemente, deve essere annullata la delibera impugnata laddove abbia ripartito le spese per la sostituzione della caldaia dell'impianto di riscaldamento secondo i millesimi riportati nella tabella riscaldamento anziché in base ai millesimi di proprietà. (C.c., art. 1104; c.c., art. 1118; c.c., art. 1123) (1).

    (1) Nel senso che le spese per la conservazione dell'impianto centrale di riscaldamento sono a carico di coloro che possono fruire del relativo servizio in rapporto al valore della proprietà individuale di ciascuno, a differenza delle spese di esercizio che vanno ripartite in proporzione all'uso e all'utilità che ciascuno può realizzare dal servizio comune, qualora si tratti di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, v. Cass. 12 novembre 1997, n. 11152, in questa Rivista 1998, 45 e in Riv. giur. edil. 1998, 311, con nota di DE TILLA.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con atto di citazione notificato in data 24 novembre 1993, Magliano Mariarosa, condomina del caseggiato sito in questa via San Nazaro 6, conveniva in giudizio, avanti al Tribunale di Genova, il condominio suintestato per sentir annullare la delibera assembleare del 16 settembre 1993 con la quale la spesa di rifacimento dell'impianto di riscaldamento veniva ripartita - a suo giudizio erroneamente - secondo i millesimi della tabella riscaldamento anziché secondo i millesimi di proprietà.

Si costituiva il condominio contrastando la domanda avversaria e deducendo che la delibera era stata regolarmente assunta secondo l'art. 9 del regolamento, da sempre osservato in analoghe fattispecie.

All'esito dell'istruttoria (essenzialmente documentale), il tribunale, con la sentenza ora impugnata, rigettava la domanda sul rilievo che, pur in assenza di valido regolamento condominiale, nulla vietava all'assemblea di adottare la ripartizione secondo le tabelle del riscaldamento, lungamente osservate per facta concludentia, e comunque nella piena osservanza della norma di cui all'art. 1123 secondo comma c.c.

Appella ora la Magliano invocando la riforma della decisione di primo grado, di cui denuncia la - a suo dire - palese erroneità anche sulla base della più recente giurisprudenza di legittimità.

Resiste il condominio instando per il rigetto del gravame e la conferma della decisione impugnata.

Esperiti gli adempimenti di rito ad opera del C.I., la causa è stata rimessa al collegio per l'udienza del 4 aprile 2000 sulle conclusioni in epigrafe.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Come emerge dalla narrativa che precede, il problema devoluto all'esame di questa Corte riguarda essenzialmente il criterio da adottare nella ripartizione delle spese sostenute per la sostituzione della caldaia per il riscaldamento.

Va premesso che la soluzione deve essere ricercata sul piano legislativo poiché non risulta l'esistenza di particolari accordi che abbiano interessato la totalità dei condomini, mentre la copia, informe e priva di data, del regolamento, prodotta in questo grado, non può costituire convincente supporto ai fini del decidere, stante la contestazione della controparte e non risultando la sua valida approvazione ad opera dei partecipanti al condominio.

Le norme che devono essere prese in esame al fine di dirimere la questione prospettata sono gli artt. 1104, 1118 secondo comma e 1123 c.c. Il primo (dettato in tema di comunione, ma applicabile anche al condominio in virtù del richiamo operato dall'art. 1139 c.c.) pone la distinzione tra le spese per la conservazione e le spese per l'uso delle cose comuni; il secondo pone il principio per cui le spese relative alla conservazione costituiscono oggetto di vere e proprie obligationes propter rem; mentre l'art. 1123 recepisce tale distinzione stabilendo diversi criteri per la ripartizione delle spese.

Va condiviso, in proposito, l'insegnamento della S.C., la quale ha chiarito che «l'obbligo di contribuire alle spese di conservazione trova il suo fondamento esclusivo nel diritto di comproprietà spettante a ciascun condomino, per cui la sua misura è collegata alla misura di tale diritto, quello relativo alle spese per uso ha il suo fondamento nel godimento che ciascun condomino tragga dalle cose comuni e dai servizi relativi, sicché esso varia in rapporto alla misura dell'uso» (così Cass. 12 novembre 1997 n. 11152; ma v. anche Cass. 20 novembre 1996 n. 10214, citata da parte appellante, e Cass. 6 maggio 1987 n. 4197).

Sulla base di tali premesse emerge in tutta evidenza la necessità di distinguere il riparto delle spese per il rifacimento, manutenzione e sostituzione dell'impianto comune (da eseguirsi secondo il criterio proporzionale ai valori della proprietà), da quello relativo alle spese del godimento del servizio (da operarsi i base ai consumi dei singoli).

L'appello viene, pertanto, accolto, con le conseguenze di legge in ordine all'annullamento della delibera impugnata e all'accollo delle spese giudiziali dei due gradi. Tuttavia l'incertezza sulla problematica affrontata (evidenziata anche dalla diversa soluzione adottata dai primi giudici) consiglia una parziale compensazione (Omissis). Page 752

@TRIBUNALE DI VERONA Decr. 21 luglio 2000. Est. Mirenda - Di Francesco c. Gottardelli (avv. Donato).

Esecuzione forzata - Consegna o rilascio - Provvedimento di rilascio - Istanza di differimento - Proposta dalla parte personalmente senza ministero del difensore - Ammissibilità - Esclusione.

È inammissibile l'istanza ex art. 6, comma quarto, L. n. 431/1998 proposta dalla parte personalmente, senza ministero del difensore. (C.p.c., art. 82; L. 9 dicembre 1998, n. 431, art. 6) (1).

    (1) Non constano editi precedenti in termini. In senso contrario, C. SFORZA FOGLIANI, Le più ricorrenti questioni pratiche nella nuova legge (n. 9), in C. SFORZA FOGLIANI-S. MAGLIA, I contratti di locazione con benefici fiscali, Ed. La Tribuna, 2000, p. 744.

(Omissis). - Il giudice dell'esecuzione; letta l'istanza ex art. 6, comma quarto, della L. n. 431/98; rilevato che essa è stata proposta dalla parte personlamente, senza ministero di difensore; vista l'eccezione di irricevibilità dell'atto sollevata dalla difesa di parte resistente; osserva: l'eccezione è fondata. Invero, l'art. 82 c.p.c. - come novellato dalla L. n. 353/90 - dispone, in via generale, che «salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti, davanti al tribunale e alla corte di appello le parti debbono stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente; omissis».

Alcuni hanno ritenuto di ravvisare una derogare esplicita al principio citato negli incisi «... i conduttori interessati possono chiedere...» ovvero «il conduttore», impiegati ai commi terzo, quarto e quinto dell'art. 6 della legge cit.

Per la verità, l'argomento prova davvero troppo: a ben vedere, difatti, il legislatore parla del conduttore al solo scopo di individuare il soggetto contrattuale abilitato a proporre l'istanza di differimento dell'esecuzione, non già al fine di riconoscere la legittimazione della parte sostanziale al diretto esercizio dell'azione, mediante abilitazione a stare in giudizio personalmente.

Si tratta, come è ben noto, di un modello di tecnica legislativa assai comune nella nostra esperienza processuale. Per restare nel campo delle locazioni, si pensi ad esempio all'azione di ripetizione dell'indebito riconosciuta testualmente «al conduttore» dall'art.79, comma secondo, della L. n. 392/78, in ordine alla quale mai alcuno ha sostenuto la capacità dell'inquilino di stare in giudizio personalmente (fatta salva l'autorizzazione del pretore di cui al vecchio testo dell'art. 82 c.p.c.).

Non giova, infine, il riferimento alla giurisprudenza «permissivista» formatasi sull'argomento sotto l'egida della L. n. 94/82: all'epoca, difatti, era pur sempre possibile la difesa personale nei giudizi avanti al pretore - sia pure con l'autorizzazione ridetta ex art. 82 c.p.c. vecchio testo - avuto riguardo alla natura ed entità della causa: la nuova formulazione dell'art. 82 c.p.c. preclude invece in radice la possibilità di accedere all'opzione estensiva descritta (Omissis).

@TRIBUNALE DI UDINE Ord. 4 luglio 2000. Est. Benvegnù - Molin c. Ronchi.

Esecuzione forzata - Consegna o rilascio - Provvedimento di rilascio - Sospensione - Inadempimento del conduttore agli obblighi previsti dall'art. 6, comma sesto, L. n. 431/1998 - Sanatoria ex art. 55 L. n. 392/1978 - Applicabilità - Modalità.

Il conduttore inadempiente agli obblighi previsti dall'art. 6, comma sesto, L. n. 431/1998, intenzionato a conservare il diritto alla proroga dell'esecuzione dello sfratto o della licenza per finita locazione, deve avvalersi della facoltà prevista dall'art. 55 della legge n. 392/78 contestualmente alla presentazione dell'istanza di fissazione del giorno dell'esecuzione ex art. 6, comma 4, della legge n. 431/98 (o effettuando il pagamento prima di depositarla in cancelleria o chiedendo nell'istanza stessa la concessione di un termine entro cui provvedervi). (L. 9 dicembre 1998, n. 431, art. 6; L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 55) (1).

    (1) A quanto consta, prima pronuncia relativa all'estensione dell'applicabilità della sanatoria speciale di cui all'art. 55 L. n 392/1978 alla fase esecutiva.

(Omissis). - Il giudice, visto il ricorso depositato il 16 giugno 2000, osserva: il ricorrente Molin Germano deduce, come unico motivo di opposizione contro il...

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