Giurisprudenza di merito

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@TRIBUNALE DI MILANO 17 marzo 2000. Pres. ed est. Tanara - Imp. Sanchez.

Esecuzione in materia penale - Pene concorrenti - Cumulo - Sospensione dell'esecuzione - Condannato già detenuto in forza di altro titolo esecutivo - Applicabilità.

Poiché la ratio della nuova formulazione dell'art. 656 c.p.p., introdotta dalla L. n. 165 del 1998, è quella di consentire e facilitare l'accesso alle misure alternative alla detenzione in carcere per espiazione di pena definitiva, è legittima la sospensione del decreto di carcerazione nei confronti del condannato che si trovi in stato di detenzione definitiva per reati diversi. (C.p.p., art. 656) (1).

    (1) Sostanzialmente nel medesimo senso, v. Cass. pen., sez. I, 27 luglio 1999, n. 3007, Gabbetta, in questa Rivista 2000, 203. Cfr. Cass. pen., sez. IV, 22 ottobre 1999, n. 2658, ivi 2000, 52.

(Omissis). - Dagli atti risulta che al Sanchez in data 31 dicembre 1995 veniva applicata la pena di mesi tre di reclusione per furto aggravato; tale sentenza diveniva esecutiva in data 22 gennaio 1996; in relazione a tale sentenza veniva emesso ordine di esecuzione 1365/98 in data 2 novembre 1999 notificato ed eseguito in data 17 novembre 1999; in data 3 ottobre 1997 il Sanchez veniva arrestato per tentato furto aggravato e previa applicazione della misura cautelare in carcere, gli veniva applicata la pena di mesi quattro di reclusione; con provvedimento del 3 novembre 1997, in accoglimento dell'istanza proposta dal Sanchez, il pretore disponeva l'espulsione del predetto dal territorio nazionale a norma dell'art. 7 comma 12 ter come modificato dall'art. 8 D.L. 187/93 convertito nella legge 296/93 e ripreso nel D.L. 18 novembre 1995 n. 489 e successivi rinnovi; il Sanchez veniva scarcerato e consegnato agli agenti dell'ufficio stranieri per essere espulso in data 24 novembre 1997; la pronuncia di patteggiamento da ultimo menzionata diveniva esecutiva in data 4 febbraio 1998 ed in relazione ad essa veniva emesso ordine di esecuzione n. 496/99 in data 22 novembre 1999 senza sospensione notificato in data 5 dicembre 1999; avverso tale ordine di esecuzione il Sanchez proponeva incidente di esecuzione per omessa sospensione dell'ordine ex art. 656 c.p.p. essendo il proponente detenuto per altra causa.

Così descritta la fattispecie in esame occorre verificare se l'ordine di esecuzione n. 496/99 dovesse essere accompagnato dal decreto di sospensione previsto dal quinto comma dell'art. 656 come sostituito dalla L. 27 maggio 1998 n. 165 ovvero se il caso in esame rientri nell'eccezione prevista dalla lett. B) della predetta normativa che dispone che la sospensione non può essere disposta nei confronti di coloro che, per il fatto oggetto della condanna da eseguire, si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene definitiva.

Correttamente quindi, come risulta dalla posizione giuridica agli atti, il Sanchez ha scontato prima la pena a lui irrogata con la sentenza del 1995 (dal 17 novembre 1999 al 14 febbraio 2000) e poi il residuo pena relativo alla sentenza del 3 ottobre 1997.

Ed allora, deve concludersi che al momento della notifica dell'ordine dell'esecuzione da ultimo menzionato (avvenuta in data 5 dicembre 1999) il Sanchez fosse effettivamente detenuto per altra causa.

Essendo indiscutibile che le pene cumulate non superano il limite dei tre anni previsto dal quinto comma dell'art. 656 c.p.p.) occorre verificare se la deroga prevista dalla lett. b) dell'art. 656 c.p.p. si estenda interpretativamente anche in caso di detenzione per espiazione di pena definitiva per condanna inflitta per altri reati.

Orbene, ritiene questo giudice che siffatta interpretazione si ponga in contrasto sia con dettato letterale sia con la ratio della normativa introdotta dalla L. 27 maggio 1998 n. 165; se la ratio della nuova formulazione dell'art. 656 c.p.p. è quella sopra indicata, e cioè quella di consentire e facilitare l'accesso alle misure alternative alla detenzione in carcere per espiazione di pena definitiva, non può che condividersi l'orientamento giurisprudenziale in base al quale sussiste l'obbligo di sospensione del decreto di carcerazione anche nei confronti del condannato che si trovi in stato di detenzione per reati diversi (Cass. 3007/99).

Lo stato di fatto di detenzione per espiazione definitiva per altra causa non è in assoluto ostativo alla fruizione di misure alternative alla detenzione, atteso che lo stato di detenzione può cessare anteriormente allo scadere dei trenta giorni per fine pena o per altre ragioni.

Né si può sostenere che nel caso in esame debba trovare applicazione il disposto del settimo comma dell'art. 656 c.p.p. che prevede, con riferimento ad una medesima condanna, la sospensione dell'esecuzione una sola volta.

È evidente, infatti, che la sospensione della misura cautelare e della esecuzione della pena prevista dall'art. 7 comma 12 quater del D.L. 1989 n. 416 come modificato dalla L. 296/93, normativa peraltro abrogata dalla successiva legislazione, nulla ha a che fare con la sospensione prevista dall'art. 656 c.p.p. avendo i due istituti finalità del tutto differenti; quella prevista dall'art. 12 quater ha l'evidente funzione di scoraggiare il rientro in Italia dell'espulso che non potrà contare sulla decorrenza dei termini durante l'osservanza dell'espulsione, laddove l'espulsione dell'art. 656 c.p.p. ha la già più volte espressa funzione di ampliare l'applicazione delle misure alternative alla detenzione.

Ed è proprio per tale funzione in favor rei che la legge ne ha limitato il riconoscimento una sola volta.

Infine, pare incontrovertibile che il comma 7 dell'art. 656 c.p.p. faccia esclusivo riferimento alla sospensione contemplata dal comma quinto del medesimo articolo.

Alla luce di quanto esposto l'incidente proposto deve trovare accoglimento con conseguente annullamento dell'ordine di esecuzione n. 496/99 (Omissis). Page 298

@TRIBUNALE DI FERMO 29 febbraio 2000. Pres. ed est. Fanuli - Imp. Di Pietro.

Prova penale - Documenti e scritture - Tabulati del CED - CED del Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno - Inutilizzabilità.

L'art. 10, secondo comma, della L. 1 aprile 1981 n. 121, come modificato dal primo comma dell'art. 42 della L. 31 dicembre 1996 n. 675 (a sua volta modificato dall'art. 5, primo comma, del D.L.vo 9 maggio 1997 n. 123), nel prevedere che «i dati e le informazioni del Centro possono essere utilizzati in procedimenti giudiziari o amministrativi soltanto attraverso l'acquisizione delle fonti originarie (...)» stabilisce uno specifico ed esplicito divieto di utilizzazione, riconducibile alla disposizione di carattere generale di cui all'art. 191 c.p.p., dei tabulati ottenuti mediante stampa dei dati contenuti negli elaboratori elettronici del Centro...

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