Giurisprudenza di merito

AutoreCasa Editrice La Tribuna
Pagine859-872

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@TRIBUNALE CIVILE DI PADOVA Sez. II, 12 luglio 2000. Est. Beghini - Pozzebon (avv. Albenzio) c. Prefettura di Padova

Velocità - Limiti fissi - Apparecchi rilevatori - Telelaser - Attendibilità dell'accertamento - Esclusione - Contrasto con l'art. 345 reg. nuovo c.s. - Sussistenza.

In tema di apparecchiature e mezzi di accertamento dei limiti di velocità, l'art. 345 del Regolamento al nuovo codice della strada, al fine di consentire il contraddittorio con il presunto trasgressore e per una imprescindibile esigenza di certezza, esige che la misurazione della velocità tenuta da un certo veicolo, venga effettuata integralmente dall'apparecchiatura, senza alcun intervento dell'uomo, pena l'inaffidabilità della stessa misurazione, rimessa esclusivamente all'accortezza dei riflessi e alla buona-vista dell'agente accertatore. Deve pertanto considerarsi illegittima la misurazione della velocità effettuata tramite telelaser, posto che le modalità di funzionamento dell'apparecchio non sono tali da fornire la prova oggettivamente verificabile che la velocità riportata dal display corrisponda ad un determinato veicolo. (Nuovo c.s., art. 142; reg. nuovo c.s., art. 345) (1).

    (1) Sul tema di spiccata attualità, si veda Pret. civ. Lodi 5 giugno 1999, in questa Rivista 2000, 696, relativa al diverso aspetto della necessità di redazione di un doppio verbale (di accertamento da parte dell'agente addetto all'apparecchio e di contestazione). In dottrina v. N. DE CANTIS, D. GABALDO, Problematiche in tema di autovelox e telelaser: approfondimenti giuridici e nuovi orientamenti, in Crocevia, n. 9/2000, 23.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. - Con ricorso ex art. 22 della legge 24 novembre 1981 n. 689 depositato il 26 maggio 1998, Pozzebon Lucio proponeva opposizione contro l'ordinanza dell'8 maggio 1998 con cui il Prefetto di Padova gli aveva sospeso la patente di guida per trenta giorni, nonché contro il verbale di accertamento del 29 aprile 1998 con cui la Polizia Stradale gli aveva inflitto una sanzione amministrativa di lire 587.000, essendogli stato contestato di aver circolato con il proprio veicolo ad una velocità di Km/h di 41 superiore a quella consentita (art. 142, comma nove, c.d.s.).

Sulla base di tre motivi, il ricorrente chiedeva la revoca di entrambi i predetti provvedimenti sanzionatori e la condanna della Prefettura di Padova al risarcimento dei danni subiti a causa della illegittima privazione della patente di guida.

La Prefettura di Padova, costituitasi ritualmente in giudizio mediante un proprio funzionario, contestava la fondatezza dell'opposizione e ne chiedeva il rigetto.

Istruita mediante produzioni documentali e l'assunzione delle deposizioni testimoniali degli agenti verbalizzanti, la causa viene ora decisa mediante lettura del dispositivo in udienza pubblica.

MOTIVI DELLA DECISIONE. - Con un primo motivo di opposizione, il ricorrente denuncia l'illegittimità dei provvedimenti impugnati in quanto la velocità sarebbe stata accertata da un'apparecchiatura, denominata Telelaser LTI 20-20, le cui modalità di funzionamento non sarebbero tali da assicurare che l'autovettura inquadrata nel «mirino» coincida effettivamente con quella poi fermata dagli agenti. Il telelaser suddetto non conserverebbe infatti alcuna traccia del veicolo «inquadrato», né della velocità di transito. Quest'ultima apparirebbe sul display e sarebbe visibile dall'agente preposto al controllo, ma non verrebbe memorizzata, né sarebbe ricavabile attraverso fotografie o altro, in quanto il successivo «puntamento» del telelaser su di un altro veicolo, eliminerebbe ogni traccia della rilevazione di velocità effettuata in precedenza. Solo l'accortezza dei riflessi e la buona vista dell'accertatore garantirebbero dunque secondo il ricorrente la corrispondenza tra l'auto «inquadrata» dal telelaser e quella effettivamente fermata. L'automobilista si troverebbe così esposto al rischio di errore dell'agente accertatore, il quale, in buona fede, potrebbe fermare un veicolo diverso da quello contro il quale aveva «puntato» il telelaser. Secondo il ricorrente, l'apparecchiatura non presenterebbe quindi i requisiti prescritti dall'art. 345 del regolamento di esecuzione del codice della strada, a norma del quale le apparecchiature devono essere costruite in modo da fissare la velocità del veicolo in un dato momento in modo chiaro ed accertabile, tutelando la riservatezza dell'utente. Il telelaser, invece, non conservando alcuna traccia di ciò che appare sul display, non consentirebbe all'automobilista di, accertare se l'auto «inquadrata» nell'apparecchiatura è effettivamente quella sua.

Ciò a differenza di quanto accade con le apparecchiature che fotografano l'automezzo (cd. autovelox), ove la corrispondenza tra l'auto e la velocità rilevata è garantita appunto dalla fotografia scattata all'atto di misurazione della velocità. La Prefettura di Padova non ha contestato le modalità di funzionamento del telelaser descritte dal ricorrente, limitandosi ad eccepire che si tratta di una apparecchiatura ritualmente omologata dal Ministero dei lavori pubblici con il decreto n. 4199 dell'8 settembre 1997.

Il ricorrente ha replicato sostenendo che tale decreto deve ritenersi illegittimo, avendo omologato una apparecchiatura che non presenta le caratteristiche richieste dal cit. art. 345 reg. c.d.s.

Delineato così il primo motivo di opposizione, osserva il giudicante che oltre all'atteggiamento processuale inerte tenuto dalla Prefettura, valutabile ai sensi dell'art. 116 c.p.c., anche l'istruttoria svolta ha confermato integralmente che la modalità di funzionamento del telelaser LTI 20-20 corrispondono a quelle descritte dal ricorrente.

Gli agenti verbalizzanti Bellomo Riccardo e Zangheratti Stefano, sentiti come testi, hanno infatti confermato che nel display interno l'agente che «punta» il telelaser vede il veicolo ingrandito 2 volte (si tratta infatti di un semplice cannocchiale) ed appare la velocità ad esso tenuta. La velocità appare altresì su un display esterno, ove resta memorizzata. Dal depliant stampato dalla casa costruttrice (prodotto dalPage 860 ricorrente) emerge inoltre che effettivamente il dato della velocità rimane «in evidenza fino a che non si preme nuovamente il grilletto» (v. punto n. 8 della guida rapida per l'uso del telelaser), vale a dire finché non viene effettuato un altro «puntamento». Gli stessi testi hanno poi confermato che il numero di targa e le caratteristiche in genere del veicolo «puntato» con il telelaser, vengono rilevate visivamente unicamente dall'agente che si trova a fianco ed assiste quello che impugna il telelaser. Esse non vengono quindi memorizzate dall'apparecchiatura.

L'automobilista fermato può pertanto vedere esclusivamente la velocità memorizzata sul display esterno del telelaser; ma nulla gli assicura che quella velocità corrisponda al suo veicolo. Potrebbe trattarsi della velocità tenuta da un altro veicolo. Egli deve quindi fidarsi dell'accortezza dei riflessi e della buona vista dell'accertatore, come affermato espressivamente dal ricorrente. Appurate così le modalità di funzionamento del telelaser, è necessario chiedersi se esse siano conformi al cit. art. 345 reg. c.d.s.

Come è noto tale norma al primo comma dispone testualmente che «le apparecchiature destinate a controllare l'osservanza dei limiti di velocità devono essere costruite in modo da raggiungere detto scopo fissando la velocità del veicolo in un dato momento in modo chiaro ed accertabile, tutelando la riservatezza dell'utente».

Le apparecchiature devono quindi fissare la velocità del veicolo in un dato momento in modo chiaro ed accertabile, tutelando la riservatezza dell'utente. La velocità deve dunque essere fissata in modo chiaro ed accertabile.

Si osservi l'utilizzo del verbo «fissare», da cui traspare la preoccupazione del legislatore che la velocità rilevata sia fissata, cioè resa ferma, certa, verificabile.

Lo stesso accade per l'espressione «in modo chiaro ed accertabile».

Tralasciando l'aggettivo «chiaro» (il cui significato è intuitivo e non necessita di particolare attenzione), anche l'aggettivo «accertabile» si pone nella scia del verbo «fissare».

Accertabile

deriva infatti sempre da «certo» e significa verificabile, esaminabile, controllabile, provabile, riscontrabile, documentabile in modo oggettivo.

Il contrario di «accertabile» è incontrollabile, inverificabile, incerto, soggettivo.

Accertabile

è pertanto qualcosa di oggettivamente verificabile, vale a dire di verificabile da parte di chiunque compreso il presunto trasgressore.

La ratio della norma è pertanto quella di consentire il contraddittorio dell'interessato e di garantire la verificabilità oggettiva della misurazione della velocità, nel senso che al fine di accertare con precisione scientifica la velocità di un mezzo, il legislatore intende prescindere da qualsiasi valutazione soggettiva. Ciò all'evidente scopo di evitare errori. Come noto, la verificabilità oggettiva è proprio una delle caratteristiche principali della scienza. La misurazione della velocità deve quindi avvenire con mezzi scientifici, che forniscano dati verificabili. Piena conferma si rinviene anche nell'art. 142, sesto comma, c.d.s., secondo il quale «per la determinazione dell'osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate».

Come si può osservare, la norma parla di «risultanze». Il riferimento ad una fonte di prova oggettivamente verificabile, appare evidente anche in tal caso.

Ciò a differenza di quanto accade generalmente per gli atti di accertamento delle violazioni amministrative, ove l'ordinamento ritiene necessaria e sufficiente la valutazione soggettiva effettuata dal solo agente. Quando ad esempio un vigile urbano accerta che un veicolo è stato parcheggiato in divieto di sosta, la percezione visiva (valutazione soggettiva) del vigile è considerata sufficiente, senza che si richieda alcuna accertabilità...

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